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Strade italiane troppo pericolose: 25 vittime in un weekend

Meno vittime rispetto alla settimana precedente, ma l’Italia resta tra i paesi con più alto tasso di incidenti mortali

Strade italiane

Strade italiane troppo pericolose: 25 vittime in un weekend

Dal 26 al 28 settembre in Italia hanno perso la vita 25 persone in incidenti stradali. I dati, diffusi dall’Asaps (Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale), mostrano un calo netto rispetto al weekend precedente, quando i decessi erano stati 40. Ma la riduzione non può nascondere la gravità del fenomeno: la scia di sangue continua a correre lungo le strade italiane, con giovani e motociclisti tra le vittime più colpite.

Il report evidenzia una fotografia precisa. Tra le vittime figurano 7 automobilisti, 13 motociclisti, 3 pedoni e 2 ciclisti, con un’età compresa tra i 16 e gli 82 anni. Colpisce il dato sugli under 35: ben 14 dei deceduti rientrano in questa fascia, confermando che i più giovani restano i più esposti, spesso per condotte rischiose, distrazione o mancanza di esperienza. Nel conteggio sono stati inclusi anche tre decessi avvenuti in ospedale nei giorni scorsi, ma riferiti a incidenti avvenuti nei fine settimana precedenti: un ragazzo di 19 anni, un uomo di 29 e un altro di 30.

Un solo incidente plurimortale, con due vittime, mentre la maggior parte dei sinistri mortali è stata provocata dalla fuoriuscita autonoma del veicolo, senza il coinvolgimento di altri mezzi: 11 episodi su 25. Questo dettaglio, che spesso rimanda a velocità eccessiva, colpi di sonno o perdita di controllo, evidenzia quanto il comportamento individuale resti centrale nella prevenzione. Geograficamente, la Lombardia è la regione più colpita con 4 vittime, seguita da Emilia-Romagna, Campania e Puglia con 3 ciascuna. Due i morti in Liguria, Veneto, Sicilia e Sardegna; un decesso in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Lazio.

Se i numeri italiani preoccupano, la domanda è come si posizioni il nostro Paese nel contesto europeo. Secondo i dati dell’European Transport Safety Council e dell’Agenzia europea per la sicurezza stradale, l’Italia registra ancora un tasso superiore alla media dell’Unione. Nel 2023, ad esempio, l’Italia ha contato circa 53 morti per milione di abitanti, contro i 46 della media UE. Paesi come Svezia e Norvegia, da anni in cima alle classifiche per sicurezza, viaggiano su valori dimezzati, rispettivamente attorno ai 22 e 24 decessi per milione. All’estremo opposto, Romania e Bulgaria superano quota 80, segnalando criticità strutturali ancora maggiori.

Un confronto con i paesi più simili all’Italia, per popolazione e traffico, conferma le difficoltà. La Francia ha registrato nel 2023 circa 50 morti per milione di abitanti, la Germania 34, la Spagna 36. L’Italia resta dunque tra le più colpite in Europa occidentale, con indicatori peggiori rispetto ai grandi partner continentali, nonostante un calo rispetto agli anni più drammatici.

Un elemento particolarmente critico è quello delle due ruote. La quota di motociclisti tra le vittime italiane è stabilmente più alta che altrove: nel solo ultimo weekend analizzato, oltre la metà dei morti viaggiava in moto. È un tratto strutturale, che riflette la diffusione di motocicli e scooter soprattutto nelle regioni del Centro-Sud, dove spesso mancano infrastrutture adeguate e campagne di prevenzione mirate.

Altro punto dolente è rappresentato dalla giovane età delle vittime. In Italia gli under 35 rappresentano quasi la metà dei decessi su strada, un dato più alto rispetto alla media europea. Distrazioni legate all’uso del cellulare, abuso di alcol, guida notturna e sottovalutazione dei rischi restano le cause più frequenti.

L’Unione Europea ha fissato l’obiettivo “Vision Zero” di dimezzare i morti entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019. L’Italia ha già messo in campo iniziative, come il nuovo Codice della Strada in discussione che introduce pene più severe per chi guida sotto l’effetto di alcol e droghe, ma il percorso resta in salita. Senza un rafforzamento dei controlli e un investimento deciso in educazione stradale e infrastrutture, difficilmente si raggiungeranno i target europei.

Il calo da 40 a 25 vittime in una settimana non è un segnale sufficiente: il numero resta drammaticamente alto e, in prospettiva annuale, conferma un trend che pone l’Italia tra i Paesi con più problemi di sicurezza. Non si tratta di un’emergenza episodica, ma di una criticità strutturale che attraversa territori diversi, dalle statali alle provinciali, dove avviene la maggior parte degli incidenti fatali.

La fotografia che emerge è chiara: il nostro Paese non ha ancora colmato il gap con gli Stati europei più virtuosi. Gli incidenti continuano a colpire soprattutto giovani e motociclisti, con una geografia che non risparmia nessuna regione. Se la riduzione settimanale di vittime è un dato positivo, resta l’urgenza di trasformare i numeri in un calo stabile e costante, non in oscillazioni casuali.

La sfida è aperta e riguarda tutti: istituzioni, forze dell’ordine e cittadini. Perché ogni statistica, dietro ai numeri, nasconde vite spezzate, famiglie distrutte e comunità segnate. E i confronti europei ci ricordano che non si tratta di un destino inevitabile, ma di una questione di scelte politiche, investimenti e responsabilità collettiva.

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