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Cronaca

Ladro infreddolito arrestato a Chieri: ruba prodotti per l’igiene e tenta di portare via una giacca

Un trentenne colombiano fermato dai carabinieri, la giudice convalida l’arresto ma respinge la misura restrittiva più severa

Ladro infreddolito

Ladro infreddolito arrestato a Chieri: ruba prodotti per l’igiene e tenta di portare via una giacca

Un furto di beni essenziali e un tentativo di portare via una giacca hanno portato all’arresto, a Chieri, di un uomo di origini colombiane di circa trent’anni, residente formalmente a Catania ma da tempo in Piemonte. La vicenda, che si è consumata nel giro di poche ore la scorsa settimana, è approdata sabato mattina davanti alla giudice del tribunale di Torino, che ha convalidato l’arresto e disposto nei confronti dell’indagato l’obbligo di firma in attesa del processo, fissato per dicembre.

Secondo la ricostruzione, l’uomo avrebbe messo a segno due episodi distinti. Prima si sarebbe introdotto in un negozio di casalinghi, da cui ha portato via prodotti per l’igiene personale. Poi, poco dopo, ha tentato di uscire da un supermercato con un giaccone non pagato. La sua azione è stata notata dagli addetti alla sicurezza, che hanno subito allertato i carabinieri. I militari della compagnia di Chieri lo hanno fermato e arrestato con l’accusa di furto e tentato furto.

In tribunale, l’uomo ha spiegato la propria condizione di disagio, ricordando di essere disoccupato, senza fissa dimora e di affidarsi alle mense della Caritas per mangiare. Ha sostenuto di non avere precedenti simili alle spalle e di aver agito per necessità, in vista dell’arrivo dell’inverno. Una versione che non ha convinto la pubblica accusa, che aveva chiesto per lui una misura più restrittiva: l’obbligo di dimora nella città di residenza.

Questa ipotesi si è però rivelata impraticabile, perché l’uomo risulta residente a Catania ma ha dichiarato di non avere risorse economiche per raggiungere la Sicilia. Di conseguenza, la giudice ha optato per l’obbligo di firma, una misura cautelare più flessibile che gli consente di rimanere sul territorio piemontese sotto il controllo delle forze dell’ordine.

Il caso, pur nella sua dimensione circoscritta, mette ancora una volta in evidenza la fragilità sociale di chi vive senza una rete di sostegno stabile e finisce per infrangere la legge anche solo per procurarsi beni di prima necessità. Resta ora da capire se, al processo di dicembre, l’uomo riuscirà a dimostrare la natura eccezionale del suo comportamento o se per lui si aprirà un percorso giudiziario più gravoso.

La povertà in Italia e a Torino

Il caso riporta inevitabilmente al tema della povertà in Italia e a Torino, una realtà che negli ultimi anni ha assunto contorni sempre più drammatici. Secondo i dati Istat più aggiornati, nel Paese oltre 5,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta, una cifra che significa non riuscire a sostenere le spese essenziali per cibo, vestiario, riscaldamento o affitto. Il fenomeno colpisce soprattutto le famiglie numerose, gli stranieri e i giovani adulti, ma si estende ormai anche alla cosiddetta classe media impoverita, segnata da lavori precari e salari che non tengono il passo con il costo della vita.

A Torino la situazione rispecchia e amplifica questo scenario: la città è tra i capoluoghi italiani più colpiti dal disagio economico, con circa 60 mila cittadini stimati in condizioni di grave indigenza. Le mense solidali e i centri di accoglienza registrano un aumento costante di richieste: ogni giorno centinaia di persone si rivolgono a strutture come la Caritas o le associazioni parrocchiali per ricevere un pasto caldo o un indumento.

Non si tratta più soltanto di senza dimora cronici, ma anche di pensionati con assegni minimi, famiglie monoreddito che non riescono a pagare bollette e riscaldamento, lavoratori rimasti disoccupati dopo la pandemia e mai più reinseriti in maniera stabile. L’inverno alle porte rappresenta un aggravio enorme, con spese energetiche in aumento e la difficoltà, per chi vive per strada, di proteggersi dal freddo.

Il caso del trentenne arrestato a Chieri si inserisce dunque in un quadro sociale in cui i piccoli furti di beni essenziali non sono episodi isolati, ma sintomi di una condizione diffusa, che richiede risposte strutturali e non solo repressione. Torino, come molte grandi città italiane, è chiamata a fronteggiare un’emergenza sociale che mette alla prova non soltanto il sistema giudiziario, ma anche quello assistenziale e politico.

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