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Cronaca

Cannabis high-tech nel Roero: il fiume e il bosco trasformati in laboratorio clandestino

Scoperto campo illegale nel Roero: sequestro e indagine della procura di Asti, inchiesta contro ignoti

Cannabis high-tech

Cannabis high-tech nel Roero: il fiume e il bosco trasformati in laboratorio clandestino (foto archivio

Il Roero, celebre per i suoi vigneti e i paesaggi collinari, è diventato per alcuni giorni teatro di un laboratorio agricolo insolito e clandestino. Sulle rive del Tanaro, tra i sentieri boscosi della frazione Cinzano, è stata scoperta una piantagione di cannabis che rappresenta un salto di qualità nella coltivazione illegale: piante curate con attenzione quasi artigianale, alimentate da pannelli solari e irrigate direttamente dal fiume, protette da recinzioni e filo spinato.

L’operazione è stata condotta dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza, che avevano notato un insolito viavai tra i boschi del Roero. Le indagini sul campo hanno permesso di localizzare con precisione il punto in cui le piante crescevano sotto l’azione di fertilizzanti e concimi specifici. Il raccolto totale, sequestrato dalle forze dell’ordine, ammontava a 40 chili di marijuana, già pronta per essere trasformata in stupefacente destinato al mercato illegale.

Il livello di cura e organizzazione del campo ha sorpreso gli investigatori. Gli allestitori avevano previsto recinzioni per impedire intrusioni indesiderate, un sistema di irrigazione autonomo alimentato da pannelli solari e l’approvvigionamento idrico diretto dal Tanaro, in modo da garantire continuità e autonomia senza destare sospetti. Un impianto essenziale, ma efficace, che dimostra come le filiere della cannabis stiano diventando sempre più professionali e tecnologiche, anche in contesti rurali e boschivi.

Le indagini, coordinate dalla Procura di Asti, proseguono per individuare i responsabili dell’impianto e ricostruire l’intera catena logistica, dalla provenienza dei materiali e dei fertilizzanti fino ai canali di vendita. Al momento, il fascicolo è aperto contro ignoti, a conferma della prudenza con cui gli investigatori stanno cercando di evitare fughe di notizie che possano compromettere il lavoro di ricostruzione dell’operazione criminale.

Questo episodio non è isolato: a luglio, i carabinieri della Compagnia di Bra avevano smantellato un’altra filiera illegale di cannabis tra Bra e Saluzzo, con serre nascoste in capannoni. Le piante e lo stupefacente già confezionato erano poi state trasferite a San Giuliano Milanese, Casorate Primo e Pieve del Cairo, nelle province di Milano e Pavia, per un valore stimato di 1,5 milioni di euro. Il confronto tra queste due operazioni mostra una evoluzione della criminalità: da un lato l’uso di soluzioni agri-tech camuffate in ambienti naturali, dall’altro la logistica mobile e flessibile dei capannoni in pianura.

La sofisticazione degli impianti, sia naturali che artificiali, evidenzia come la coltivazione illegale stia diventando un’attività sempre più studiata, con attenzione all’efficienza produttiva e alla riduzione del rischio di intercettazione. L’uso di tecnologie come i pannelli solari e sistemi di irrigazione autonomi rappresenta un esempio di professionalizzazione che, seppure illegale, mostra competenze agronomiche e logistiche notevoli.

L’inchiesta della Procura di Asti punta a rispondere a numerose domande rimaste aperte: chi ha progettato il campo sul Tanaro? Quali erano le rotte di approvvigionamento dei materiali? E soprattutto, quali erano i canali di distribuzione previsti per lo stupefacente? Nonostante il campo fosse nascosto tra i boschi e apparentemente isolato, la presenza di tecnologia avanzata e sistemi organizzativi lascia tracce che gli investigatori intendono seguire fino ai vertici della filiera.

Il precedente di luglio e l’operazione nel Roero sottolineano anche un altro aspetto: la versatilità delle organizzazioni criminali. Nei boschi, i coltivatori si affidano alla natura come scudo e al fiume come risorsa idrica, mentre nella pianura lombarda puntano sulla mobilità e sulla capacità di spostare i capannoni. In entrambi i casi emerge un modello di criminalità adattativa, capace di integrare conoscenze agricole, tecnologiche e logistiche per massimizzare profitti e ridurre rischi.

Le autorità sottolineano che, nonostante la professionalizzazione della coltivazione, la repressione e il controllo del territorio rimangono essenziali. L’uso di droni, ricognizioni a terra e monitoraggio dei flussi è parte integrante delle strategie di contrasto, in un contesto in cui la criminalità si evolve rapidamente. La cooperazione tra forze dell’ordine, magistratura e comunità locale è cruciale per individuare campi nascosti e prevenire la diffusione di stupefacenti.

Un ulteriore elemento da considerare è l’impatto ambientale delle coltivazioni clandestine. Il prelievo di acqua dal Tanaro, l’uso di fertilizzanti e concimi, oltre alla costruzione di recinzioni e impianti elettrici, può alterare delicati equilibri ecologici. Questo rende l’azione investigativa non solo una questione di ordine pubblico, ma anche di tutela ambientale. La scoperta del campo nel Roero ha permesso di evitare possibili danni alla fauna e alla flora locali e di riportare la zona sotto controllo.

Le operazioni recenti mostrano chiaramente che la lotta alla cannabis illegale non è solo una questione di sequestro di sostanze, ma implica un lavoro complesso di intelligence, analisi dei rischi e collaborazione interforze. Le indagini puntano a smantellare intere filiere, a risalire agli ideatori e a prevenire la replicazione di modelli produttivi sofisticati.

La scoperta nel Roero segna un passo importante nella comprensione di come la criminalità organizzata stia adattando metodi agricoli avanzati a contesti illegali. La combinazione tra ambiente naturale, tecnologia e organizzazione criminale rappresenta una sfida complessa per le forze dell’ordine, ma anche un’opportunità per affinare strategie investigative e migliorare la capacità di prevenzione.

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