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Cronaca

Bambino di 10 anni bloccato sul davanzale al terzo piano

Tra paura e prontezza: quello che serve per rendere le case più sicure, con dati reali sugli incidenti domestici infantili e comportamenti concreti per evitarli

Bambino di 10 anni

Bambino di 10 anni bloccato sul davanzale al terzo piano

Un mattino come tanti a Capua (Caserta) si è rischiato di trasformare in tragedia quando un bambino di 10 anni si è arrampicato sul davanzale di una finestra al terzo piano restando bloccato, terrorizzato. È accaduto il 18 settembre: un cittadino ha visto la scena e ha chiamato il 112. I Carabinieri della Sezione Radiomobile sono arrivati in pochi minuti. Mentre un militare tentava di rassicurarlo dalla strada, il capo equipaggio è salito nell’appartamento, la madre ha aperto la porta, ha guidato il militare fino al davanzale e, con sangue freddo e coraggio, lo ha preso e messo al sicuro prima che tutto precipitasse.

Questa vicenda, che si conclude bene, richiama l’attenzione sul tema degli incidenti domestici che coinvolgono minori: non sono eventi rari, né accidentali nel senso di inevitabili. Dati e statistiche in Italia mostrano che ogni anno decine di migliaia di bambini finiscono al pronto soccorso per traumi in casa, spesso a causa di cadute, ustioni, tagli, avvelenamenti. Secondo ANPID, gli incidenti domestici in Italia sono oltre 2 milioni l’anno, con una quota significativa che riguarda i bambini. Il fenomeno non è marginale: nella ASL di Alessandria, ad esempio, il tasso di accessi al pronto soccorso attribuibili a incidenti domestici per la fascia 0-6 anni è fra i più alti.

In questa casa in cui la finestra diventa rischio, si muovono molte fragilità: il bambino che gioca o esplora, la finestra aperta, l’altezza, il pavimento, la distrazione o la fiducia che “in fondo non succede niente”. Spesso bastano pochi secondi affinché un gesto diventi pericoloso.

Per ridurre il rischio serve più che senso comune: servono precauzioni concrete. Non si tratta di compilare una lista di cose da fare o non fare, ma di adottare una cultura della sorveglianza nella quotidianità. È importante assicurare che le finestre siano dotate di inferriate o chiusure sicure, che le stanze nobili abbiano parapetti e ringhiere conformi, che letti, sedie, mobili non vengano messi vicini ai davanzali, rendendo possibile raggiungere aree pericolose.

Usare vetri temperati, evitare che maniglie possano essere aperte dai più piccoli, controllare l’usura e l’allentamento di infissi o balconi. Sempre utile sorvegliare i bambini, non delegare interamente a babysitter o a un “dopo scuola” domestico, verificare di persona che ogni ambiente sia sicuro. È anche decisivo insegnare ai bambini, sin da piccoli, i pericoli del vuoto, delle altezze, della curiosità: far capire con parole semplici che certi spazi sono pericolosi può ritardare l’istinto dell’esplorazione rischiosa.

Inoltre, tenere a portata di mano il numero di emergenza (112 in Italia), fare un gesto semplice ma potentissimo se si vede un bambino in arrampicata o in situazione precaria: non restare fermi, avvertire subito chi può intervenire, anche soli rumori o gesti sospetti sono indizi utili agli operatori.

Questo episodio di Capua mette in evidenza che una casa, anche quando si pensa sia il luogo più protetto, può nascondere insidie. Però mostra anche che prontezza, educazione, cura del dettaglio possono fermare la tragedia. Serve una consapevolezza che non lasci al caso la sicurezza dei più piccoli.

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