Cerca

Attualità

Enzo Iacchetti e il coraggio della verità: quando la rabbia è più onesta delle bugie

A È sempre Cartabianca lo sfogo del comico ha demolito il teatrino dei salotti: non delirio, ma indignazione. Non insulti, ma realtà. E alla fine, Iacchetti aveva ragione.

Enzo Iacchetti e il coraggio della verità: quando la rabbia è più onesta delle bugie

Enzo Iacchetti e il coraggio della verità: quando la rabbia è più onesta delle bugie

“In questa guerra non ci può essere un contraddittorio perché non è una guerra, c’è solo un esercito. Non ci deve essere un contraddittorio. Nessuno deve contraddire la verità che stiamo vedendo da mesi.”
Così ha esordito Enzo Iacchetti in prima serata. Non un politico, non un analista geopolitico, ma un uomo che ha deciso di rinunciare alla comoda parte del giullare e di dire in faccia all’Italia quello che nessuno vuole sentire. Un discorso che, se l’avesse pronunciato un intellettuale, sarebbe stato archiviato come il solito sfogo radical chic. Ma detto da Iacchetti, l’uomo del bancone di Striscia la Notizia, ha assunto la forza dirompente della verità.

La scena, vista e rivista in milioni di clip sui social, è ormai nota. Di fronte c’è Eyal Mizrahi, presidente della Federazione Amici di Israele. È lui il custode della narrazione ufficiale: Israele si difende, Israele avverte prima di bombardare, Israele non vuole colpire civili. Una litania che suona rassicurante a chi non vuole pensare troppo. Una storiella che serve a lavarsi la coscienza. Ma che diventa ridicola quando qualcuno ti ricorda che sotto quelle bombe sono già morti ventimila bambini.

È lì che Iacchetti ha tagliato corto: “Sono stronzate”.
Parola forte? Certo. Ma ditemi voi: quale altra parola si può usare di fronte a chi ti racconta che avvisare prima di radere al suolo un quartiere renda legittimo massacrare civili? Non è il linguaggio forbito della Farnesina, non è la prosa sdolcinata dei comunicati europei. Ma è l’unico linguaggio che ha un senso quando si parla di migliaia di innocenti fatti a pezzi.

E poi, il punto di non ritorno. Mizrahi che, non avendo più argomenti, decide di attaccare la persona e non le sue idee: “fascista”. Una parola sputata come insulto qualunque, come se davvero la richiesta di fermare un massacro fosse una posizione autoritaria.

Visualizza questo post su Instagram

Un post condiviso da Giornale La Voce (@giornalelavoce)



La reazione di Iacchetti è stata fulminea, e umana: “Cosa hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni, lo so che sei qui sotto”. Rabbia pura, certo. Ma almeno sincera. E chiunque abbia un briciolo di coscienza ha capito che quella non era una sceneggiata: era l’esplosione di un dolore accumulato, di una frustrazione che milioni di persone provano davanti a immagini che non dovrebbero mai esistere.

Ovviamente, i sacerdoti del perbenismo si sono subito affrettati a bacchettarlo. David Parenzo lo ha liquidato come “delirante”. Del resto, in questo paese se dici che il re è nudo sei tu il pazzo. Se osi contraddire la narrazione dominante diventi il problema, non chi continua a raccontare favole mentre i morti si contano a migliaia.
Per fortuna c’è chi, come Leonardo Pieraccioni, ha ricordato che “la sua incazzatura è arrivata al cuore”. E aveva ragione: perché quella rabbia era vera. Non costruita per far parlare i giornali, non calibrata per piacere a qualcuno. Era la rabbia di un uomo che non riesce più a sopportare la menzogna eretta a sistema.

La verità è che Iacchetti ha avuto il coraggio che manca a troppi politici, a troppi intellettuali, a troppi giornalisti. Ha detto, con parole dure, quello che tutti vediamo: che a Gaza non c’è una guerra, ma un massacro. Che il contraddittorio non esiste quando la sproporzione è talmente abissale da rendere ridicola ogni pretesa di equilibrio. Che davanti a ventimila bambini morti non ci sono due opinioni: c’è solo orrore.

E allora, parliamoci chiaro: Enzo Iacchetti aveva ragione.
Aveva ragione a indignarsi. Aveva ragione a smascherare la retorica ipocrita di chi minimizza. Aveva ragione persino a perdere la pazienza, perché c’è un momento in cui la cortesia televisiva diventa complicità. E se serve un comico per ricordarci che non possiamo restare indifferenti, allora ben venga un comico. Meglio un comico che si incazza per i morti che mille politici che sorridono davanti alle telecamere mentre li ignorano.

Per questo lo sfogo di Iacchetti non è un delirio, ma un atto di dignità. E se qualcuno si scandalizza per la parolaccia o per la minaccia di un pugno, allora si faccia una domanda: cos’è più scandaloso, una parolaccia in diretta o ventimila bambini morti nel silenzio generale?

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori