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Cronaca

Oltre duemila uccelli stipati in gabbie artigianali: fermato un trafficante (VIDEO)

Il sequestro dei Carabinieri ha svelato un carico di fringuelli, cardellini e altre specie protette trasportati in condizioni disumane, con molti esemplari già morti

Oltre duemila uccelli

Oltre duemila uccelli stipati in gabbie artigianali: fermato un trafficante

Il controllo sembrava di routine, uno dei tanti pattugliamenti programmati dai Carabinieri lungo le arterie della Calabria. Ma quando i militari hanno fermato un’auto apparentemente ordinaria, a Villa San Giovanni (RC) si sono trovati davanti a un’immagine che ha lasciato sgomenti persino operatori abituati a fronteggiare situazioni difficili. L’abitacolo e il bagagliaio erano letteralmente saturi di gabbie artigianali, all’interno delle quali erano stipati oltre duemila uccelli di piccola taglia, appartenenti a specie protette: fringuelli, cardellini, verzellini e verdoni.

Il quadro che si è presentato ai Carabinieri era drammatico: spazi angusti, aria insufficiente, animali compressi in modo innaturale. Alcuni volatili erano già morti, schiacciati o soffocati dalla promiscuità. Altri apparivano stremati, incapaci di muoversi o di respirare correttamente. Una scena che racconta più di mille parole la crudeltà di un traffico che da anni alimenta un mercato parallelo, spinto dall’avidità di guadagni facili e dall’interesse di chi ancora vede nei piccoli passeriformi non animali da tutelare, ma merce da sfruttare.

L’intervento immediato del Servizio Veterinario locale ha permesso di accertare la condizione clinica dei sopravvissuti. Constatata l’idoneità alla reintroduzione, gran parte dei volatili è stata liberata, tornando a popolare i boschi e i cieli da cui erano stati strappati. Una scelta rapida e necessaria, per evitare ulteriori sofferenze e garantire agli animali ancora in vita una possibilità di ripresa. La scena della liberazione ha restituito almeno in parte un senso di giustizia, contrapponendosi alla brutalità della cattura.

L’uomo alla guida del veicolo, identificato e denunciato, dovrà rispondere di maltrattamento e detenzione di animali in condizioni di grave sofferenza, oltre che di uccisione e detenzione di esemplari di specie selvatiche protette. Le accuse non lasciano spazio a interpretazioni: il trasporto, per modalità e numeri, non era frutto di un episodio isolato, ma parte di una filiera illegale che ha radici profonde.

Il traffico di piccoli uccelli canori rappresenta infatti un fenomeno sommerso, spesso sottovalutato, ma che coinvolge migliaia di animali ogni anno. Si tratta di specie che la legge italiana ed europea tutela con rigore, essendo parte integrante dell’equilibrio ecologico e patrimonio della biodiversità. Fringuelli e cardellini, ad esempio, sono prede ambite per il mercato clandestino degli uccelli da richiamo, usati nelle pratiche venatorie illegali o venduti a collezionisti e allevatori senza scrupoli.

Secondo le stime delle associazioni ambientaliste, i cardellini possono raggiungere quotazioni di centinaia di euro sul mercato nero, a seconda della capacità di canto o del piumaggio. Un business che, nonostante i controlli, continua ad attrarre reti di bracconieri e intermediari, capaci di organizzare catture di massa con reti, trappole e richiami elettronici. Gli animali vengono poi stipati in contenitori improvvisati e trasportati verso i mercati illegali del centro e del nord Italia, ma anche oltre confine.

L’episodio mette in luce un paradosso che il nostro Paese fatica a risolvere. Da un lato, l’Italia ha sottoscritto e recepito le direttive europee che vietano la cattura e il commercio di specie protette. Dall’altro, il fenomeno del bracconaggio continua a sopravvivere, alimentato da tradizioni radicate e da una domanda che non si è mai spenta. Le aree meridionali, in particolare, restano punti caldi per le catture, complice la presenza di rotte migratorie che portano stormi di passeriformi a sorvolare le regioni in autunno e primavera.

L’operazione dei Carabinieri non è un caso isolato. Negli ultimi anni le cronache hanno riportato sequestri analoghi in Sicilia, Campania e Puglia, con numeri impressionanti di uccelli sottratti ai bracconieri. Ogni volta, la dinamica si ripete: mezzi carichi di gabbie, animali destinati a una vita di prigionia o alla morte precoce, e la necessità di liberazioni di massa. Eppure, nonostante gli sforzi delle forze dell’ordine e delle associazioni, il fenomeno sembra sempre pronto a ripresentarsi.

Le conseguenze ambientali non sono trascurabili. La sottrazione massiva di uccelli canori impoverisce gli ecosistemi locali, riducendo la capacità di controllo naturale degli insetti e alterando gli equilibri della catena alimentare. Inoltre, l’impatto culturale e simbolico non è secondario: il canto dei cardellini e dei fringuelli fa parte di un paesaggio sonoro che appartiene alla memoria collettiva, un patrimonio che rischia di dissolversi sotto i colpi del mercato clandestino.

Sul piano giudiziario, la vicenda apre un nuovo capitolo nella lotta alla criminalità ambientale. Le pene previste per chi si rende responsabile di simili reati sono severe, ma spesso gli imputati riescono a cavarsela con sanzioni ridotte o sospensioni della pena. Le associazioni chiedono da tempo un inasprimento delle conseguenze e, soprattutto, un rafforzamento dei controlli sui punti di cattura e sugli snodi di traffico.

L’episodio fermato lungo la strada calabrese ha il merito di riportare l’attenzione su un fenomeno che raramente conquista le prime pagine ma che, per dimensioni e crudeltà, non può più essere relegato a margine. La sofferenza degli animali sequestrati, ammassati senza aria né spazio, è un richiamo diretto alla responsabilità collettiva verso la tutela del patrimonio naturale.

Alla fine, il volo liberato di centinaia di uccelli restituiti al cielo resta l’immagine più potente di questa vicenda. Un gesto che ha cancellato in parte l’orrore delle gabbie, ma che ricorda quanto sia fragile la linea che separa la vita dalla morte quando l’uomo decide di piegare la natura a logiche di profitto.

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