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Cronaca
12 Agosto 2025 - 10:59
La lapide al maresciallo Berardi
Un simbolo di memoria e sacrificio trasformato in un giaciglio di fortuna. È quanto denuncia Giovanni Berardi, figlio del maresciallo della Polizia di Stato Rosario Berardi, ucciso il 10 marzo 1978 dalle Brigate Rosse. La lapide in sua memoria, collocata a Torino, sarebbe stata usata come dormitorio da ignoti.
Lo sfogo del figlio è amaro e diretto: «Qualcuno ha pensato bene di dormire sotto la sua protezione». Parole che fotografano con crudezza l’ennesimo atto di mancanza di rispetto nei confronti di un luogo che dovrebbe essere preservato e custodito.
Berardi racconta di aver sempre sentito la responsabilità di segnalare episodi simili: «Ho sempre il dovere di denunciare questi continui oltraggi, dei quali non so dare ragioni. Con pazienza, gratitudine e un pizzico di rammarico rimango in attesa della conclusione del ripristino definitivo del muro da parte dell’encomiabile Italgas. Era già un po’ che non accadeva nulla alla lapide, pensavo che forse non potendo apporre i soliti fiori non potevano rubarmeli né buttarli in terra, come accade spesso, così ero meno preoccupato».
Un dolore che non si attenua con il passare degli anni, aggravato dal senso di ingiustizia: «A più di quarantasette anni dell’anniversario dell’assassinio di mio padre compiuto da Brigate Rosse, partito armato per il comunismo, questa lapide non ha pace. Non so assolutamente perché questo avviene. Purtroppo qui a Torino le lapidi come questa sono tante e di varie epoche, ma perché questo oltraggio avviene solo a questa lapide? La fatica è tanta e il dolore è sempre vivo, quando mi chiedo perché sono costretto a constatare che ancora mi viene negata dopo tanto tempo persino un po’ di pace».
Un episodio che riporta alla memoria la figura del maresciallo Rosario Berardi, vittima del terrorismo rosso negli anni di piombo, e che solleva interrogativi sulla tutela della memoria storica e sul rispetto dovuto ai luoghi dedicati a chi ha sacrificato la propria vita per lo Stato.
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