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Cronaca
31 Luglio 2025 - 19:38
Una rete di adolescenti, armati di smartphone e ideologia estremista, è finita al centro di un’inchiesta delicatissima che scuote le fondamenta del discorso pubblico su gioventù, sicurezza e libertà di espressione. A coordinare le indagini sono state le procure dei minorenni di Torino e Brescia, che hanno condotto un’operazione congiunta di 22 perquisizioni in tutta Italia. Al centro del caso, ragazzi tra i 14 e i 17 anni, accusati di propaganda razzista, suprematista, fascista e antisemita attraverso gruppi Telegram e altri canali social.
Tutto ha avuto origine da un’indagine avviata a febbraio 2025, quando la DIGOS di Torino e Alessandria aveva perquisito un 14enne trovato in possesso di materiale propagandistico a sfondo nazista e antisemita. Da lì, il tracciamento dei contatti ha fatto emergere una rete più ampia, che ha coinvolto giovanissimi sparsi su tutto il territorio nazionale, fino a portare alle perquisizioni di queste ore.
Tre i casi emblematici emersi: due diciassettenni residenti nelle province di Mantova e Cremona e un quindicenne bergamasco, che al momento si trova in provincia di Matera per la stagione estiva. Nelle loro abitazioni – secondo fonti investigative – sono stati rinvenuti oggetti inquietanti: divise delle SS, passamontagna militari, giacche da combattimento, repliche di armi da fuoco prive del tappo rosso.
Ma è il contenuto dei loro dispositivi digitali a restituire il quadro più allarmante. Nei canali Telegram seguiti o gestiti da questi ragazzi sarebbero stati diffusi meme violenti, video di esecuzioni, post inneggianti al nazismo, all’antisemitismo e alla superiorità della razza bianca, con una retorica mutuata da ambienti dell’estrema destra neonazista europea. Alcuni profili – hanno confermato fonti interne – usavano simboli e slogan direttamente riconducibili alla propaganda del Terzo Reich.
L’inchiesta ha sollevato immediatamente un’ondata di commenti e reazioni contrastanti. Da una parte, la preoccupazione per la facilità con cui certi contenuti circolano tra minorenni, senza alcuna forma di filtro o mediazione adulta. Dall’altra, le minimizzazioni, anche pubbliche: "Ragazzi che non hanno fatto nulla di male", ha scritto un utente sui social, invitando le forze dell’ordine a concentrarsi piuttosto su “centri sociali e No-Tav”, come se i contenuti razzisti e neonazisti possano essere liquidati come ragazzate.
Ma le procure sono ferme: non si tratta di ragazzate. «Ideologie di questo tipo sono estremamente pericolose, soprattutto se coltivate in età così giovane», spiegano fonti giudiziarie. «L’intervento tempestivo serve a prevenire radicalizzazioni irreversibili». L’intento non è punire, ma intervenire prima che certe derive sfocino in atti violenti o forme di emulazione criminale.
Telegram si conferma la piattaforma preferita da chi vuole sfuggire ai controlli. Gruppi chiusi, nickname criptici, link condivisi sottotraccia e contenuti che si autodistruggono: è così che l’ideologia più tossica trova nuove forme di diffusione invisibile, soprattutto tra i più giovani.
La gamification della violenza, la retorica da guerrieri digitali, l’estetica paramilitare: tutto contribuisce a sedurre adolescenti fragili, alla ricerca di identità forti, ribellione e appartenenza. Non si tratta solo di slogan. Dietro ogni adesione, c’è un universo simbolico violento e assoluto, che oggi si innesta in un contesto scolastico spesso impreparato, in famiglie inconsapevoli, in ambienti sociali sempre più polarizzati.
Le procure, in coordinamento con le Digos locali, hanno voluto lanciare un segnale preciso: l’odio non è un gioco, nemmeno a 14 anni. Ma se la repressione è necessaria per arginare la deriva, è l’intervento educativo quello che manca con più evidenza. Le scuole, troppo spesso lasciate sole, non hanno strumenti per affrontare il culto dell’odio che cresce nelle chat private. E le famiglie, molte volte, non sanno nemmeno cosa si annidi nei telefoni dei loro figli.
Servono campagne di alfabetizzazione digitale, percorsi strutturati di educazione civica, memoria storica, consapevolezza del linguaggio e dei simboli, che aiutino a riconoscere e disinnescare il fascino delle ideologie violente. Perché quando un 15enne veste una divisa delle SS e posta frasi antisemite su un gruppo Telegram, non è solo un provocatore. È il sintomo di un vuoto.
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