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Cronaca

Neonazismo, odio online e istigazione alla violenza: maxi blitz del ROS in tutta Italia (VIDEO)

Arrestato un 21enne bresciano, perquisiti altri 26 in gruppi Telegram suprematisti e negazionisti

Neonazismo, odio online e

Neonazismo, odio online e istigazione alla violenza: maxi blitz del ROS in tutta Italia

Un ventunenne bresciano è stato arrestato all’alba di oggi con l’accusa di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa, nonché per apologia del fascismo, al termine di un’articolata inchiesta della Procura della Repubblica di Brescia, condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.

L’operazione, battezzata “Djali”, ha portato anche all’esecuzione di 26 decreti di perquisizione nei confronti di altrettanti soggetti in varie regioni italiane, tutti gravitanti intorno a gruppi virtuali di estrema destra radicale. Si tratta in gran parte di giovani tra i 18 e i 25 anni, con ben cinque minorenni all’epoca dei fatti, accusati di aver partecipato attivamente a canali Telegram e profili TikTok intrisi di contenuti neonazisti, suprematisti, antisemiti, omofobi, xenofobi e negazionisti della Shoah.

Il quadro delineato dalla Procura è inquietante: un mondo parallelo fatto di odio digitale, propaganda razziale e inviti espliciti alla violenza, in cui giovani – spesso incensurati – si muovono in ambienti virtuali organizzati e ramificati. Il principale indagato, oggi finito in carcere su ordine del GIP Alessandro D’Altilia, era attivo su almeno otto gruppi Telegram dai nomi emblematici: “White Lives Matter Italia”, “Vannawaffen TM”, “Sangue e Suolo”, “Spirito Fascista”, “Hooligans/NS/WP/WLM”, “Rivelazioni Non Autorizzate”, “Identità Europea” e “Casa del Fascio”.

In questi canali, secondo le carte dell’indagine, si trovavano post inneggianti al nazismo e al fascismo, immagini negazioniste della Shoah, incitamenti alla violenza contro immigrati, persone di colore, musulmani e comunità LGBTQ+, oltre a vere e proprie istruzioni per commettere reati. In uno dei gruppi, gli inquirenti hanno scoperto inviti espliciti a compiere atti incendiari contro locali frequentati da immigrati, in cambio di premi in denaro, con l’obiettivo dichiarato di destabilizzare il contesto sociale.

Il livello di radicalizzazione emerso ha portato gli inquirenti a classificare l’intero fenomeno come accelerazionista, ovvero tendente a promuovere il caos sociale come premessa per il collasso dello Stato democratico e l’instaurazione di un regime autoritario su base razziale. Un estremismo ideologico che cresce online, spesso senza alcun controllo, dentro canali cifrati e ambienti chiusi, dove l’odio trova spazio, linguaggi codificati, nuovi adepti.

I Carabinieri del ROS hanno lavorato per mesi sotto traccia, a partire dal monitoraggio dei profili social del 21enne bresciano, che, secondo la Procura, negava apertamente l’Olocausto, diffondeva teorie del complotto antisemite e inneggiava alla superiorità della razza bianca. Il tutto con toni aggressivi, post virali e immagini di Mussolini, Hitler, simboli runici e bandiere del Reich.

Non si tratta solo di parole: in almeno due gruppi, scrive il sostituto procuratore Caty Bressanelli, sarebbero stati condivisi filmati di violenze reali, accompagnati da messaggi d’incitamento a compiere azioni simili. Un’escalation inquietante che ha reso necessaria l’azione giudiziaria tempestiva.

L’indagine ha permesso di identificare 29 utenti attivi, alcuni dei quali già attenzionati dalle forze dell’ordine, altri insospettabili, ragazzi che studiavano, lavoravano, vivevano una doppia vita, tra università e canali neonazisti.

Ora il 21enne si trova in custodia cautelare, mentre per gli altri 26 indagati sono in corso perquisizioni domiciliari, sequestri di dispositivi e analisi forensi. La magistratura ha annunciato ulteriori sviluppi nei prossimi giorni, confermando che il fenomeno non è episodico ma strutturato, e soprattutto in crescita tra le nuove generazioni.

A margine dell’inchiesta, resta un interrogativo profondo: com’è possibile che un tale arsenale d’odio abbia trovato terreno fertile online, senza alcun filtro o contrasto? Perché queste comunità riescono a moltiplicarsi nei circuiti digitali senza controllo, e quali strumenti ha realmente lo Stato per intervenire con tempestività, prevenendo nuove forme di radicalizzazione?

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