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Cronaca

Esplosione di via Nizza, Zippo resta in carcere: "Potrebbe rifarlo"

Il Riesame rigetta la richiesta di domiciliari per Giovanni Zippo, accusato di aver causato l’esplosione costata la vita a Jacopo Peretti

Giovanni Zippo

Via Nizza, il vigilante resta in carcere: «Potrebbe rifarlo»

Un uomo è morto, un intero palazzo è stato sventrato, e la giustizia non arretra di un millimetro. Giovanni Zippo, la guardia giurata arrestata per la tragedia avvenuta nella notte tra il 29 e il 30 giugno in via Nizza 389 a Torino, resta in carcere. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame, che ha respinto la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal suo legale, l’avvocato Basilio Foti, sottolineando la pericolosità sociale dell’imputato e il concreto rischio che possa ripetere un gesto violento.

Secondo l’accusa, Zippo avrebbe deliberatamente causato l’esplosione nel condominio in cui abitava, provocando la morte di Jacopo Peretti, 35 anni, e lasciando decine di famiglie senza casa. Il motivo? Un gesto estremo, lucido e disperato, per colpire la donna di cui si era invaghito: Magdalina Ionela Hagiu, collega con cui aveva intrecciato una relazione segreta poi interrotta. Quando lei ha chiuso ogni contatto, Zippo — incapace di accettare il rifiuto — avrebbe dato fuoco al gas per vendetta o per disperazione.

Le indagini coordinate dalla procura di Torino parlano di un gesto volontario e pianificato, e non di un incidente. Zippo avrebbe agito con lucidità, consapevole dei rischi, ma deciso a "segnare" la fine della relazione con un atto clamoroso. Un’esplosione per far rumore, ma anche per distruggere: l’appartamento, l’edificio, e — se necessario — la vita di chi vi abitava.

Il bilancio è stato tragico. Jacopo Peretti è morto intrappolato tra le macerie, mentre altri residenti sono rimasti feriti o sfollati. Le immagini dell’alba del 30 giugno — calcinacci, finestre esplose, vigili del fuoco in azione — hanno lasciato un segno profondo nel quartiere San Salvario. Un gesto di follia privata diventato tragedia collettiva.

L’avvocato difensore aveva chiesto una misura alternativa, sostenendo lo stato mentale alterato del suo assistito e la mancanza di precedenti penali. Ma il Riesame non ha accolto la tesi. La sua decisione è secca: Giovanni Zippo deve restare in carcere, perché "potrebbe rifarlo". Un’ipotesi tutt’altro che teorica, secondo i giudici, vista la freddezza e la determinazione con cui avrebbe pianificato l’esplosione.

La figura di Zippo emerge sempre più come quella di un uomo ossessionato, incapace di accettare il rifiuto, che ha trasformato una delusione affettiva in un atto di vendetta cieca. Un copione già visto, ma che stavolta ha assunto proporzioni devastanti.

Il fascicolo aperto dalla Procura è pesante: omicidio volontario, strage, disastro doloso, e l’aggravante della premeditazione. L’inchiesta prosegue anche per verificare il grado di consapevolezza dell’uomo, e se ci siano stati segnali sottovalutati nei giorni precedenti alla tragedia. Secondo alcune testimonianze, Zippo aveva già manifestato comportamenti inquietanti, messaggi ossessivi, appostamenti sotto casa, tentativi di contatto insistenti. Una spirale di escalation che si è conclusa nel modo più violento.

Intanto, la città ricorda Jacopo Peretti con una fiaccolata silenziosa e con la solidarietà alle famiglie colpite, molte delle quali ancora senza un tetto. I residenti dello stabile di via Nizza chiedono verità, giustizia e risposte istituzionali. Le operazioni di sgombero e messa in sicurezza dell’edificio sono in corso, ma la ferita resta aperta.

Nel frattempo, Giovanni Zippo rimane dietro le sbarre, in attesa del processo. E il messaggio del Tribunale è chiaro: la vendetta privata, il possesso travestito da amore, la violenza che si insinua tra le mura domestiche non possono trovare attenuanti. Né tolleranza.

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