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Cronaca
24 Luglio 2025 - 17:26
Torinese rapito per i suoi bitcoin, torturato per 17 giorni: ma basta 1 milione di dollari per liberare i carcerieri
Un milione di dollari. È questa la somma che dovranno versare in contanti, e non in criptovalute, i due uomini accusati del sequestro e delle torture subite da Michael Valentino Teofrasto Carturan, il 28enne di Rivoli, in provincia di Torino, imprenditore nel mondo delle criptomonete, rapito nel cuore di New York e tenuto prigioniero per 17 giorni.
Lo ha deciso un giudice della Supreme Court di Manhattan, che ha accolto la richiesta della difesa di valutare la libertà su cauzione per i due imputati – John Woeltz e William Duplessie – ma ha imposto condizioni rigidissime: cauzione da un milione di dollari ciascuno, versata in valuta fiat, quindi escludendo bitcoin e ogni altra criptovaluta, e l’obbligo di braccialetto elettronico con sorveglianza attiva 24 ore su 24, in caso di concessione degli arresti domiciliari.
Una decisione che arriva a oltre due mesi dal clamoroso sequestro, avvenuto a maggio nel quartiere di NoLita, zona centrale e benestante di Manhattan, dove i due uomini avevano trasformato un lussuoso appartamento in una prigione dorata. È lì che Carturan è stato tenuto segregato, costantemente minacciato e sottoposto a violenze psicologiche e fisiche, nel tentativo di costringerlo a rivelare le credenziali d’accesso al suo wallet digitale, contenente – secondo indiscrezioni – una cifra ingente in criptovalute.
Il giovane, laureato in economia e attivo da alcuni anni nel trading online, era a New York per motivi legati ai suoi investimenti. Ma qualcosa, nei contatti con gli ambienti finanziari underground della città, si è rivelato fatale. L’incontro con Woeltz e Duplessie, descritto inizialmente come professionale, si è trasformato in un incubo. Dopo i primi giorni di prigionia, l’italiano ha tentato la fuga, riuscendo finalmente a liberarsi e a lanciare l’allarme alle forze dell’ordine.
L’arresto dei due sequestratori era avvenuto pochi giorni dopo, con accuse gravi: rapimento, sequestro di persona, imprigionamento illegale, lesioni e possesso criminale di armi da fuoco. Al momento dell’irruzione, secondo quanto trapelato, la polizia avrebbe trovato diverse attrezzature elettroniche e strumenti di sorveglianza, a dimostrazione della premeditazione del piano.
Carturan è poi rientrato in Italia, nel massimo riserbo, ed è attualmente nella sua casa di Rivoli, dove cerca di riprendere in mano la sua vita, pur segnato da quanto accaduto. Le sue condizioni fisiche, fortunatamente, non destano preoccupazioni, ma le ferite psicologiche sono profonde. Finora, il 28enne ha scelto il silenzio, rifiutando interviste e limitandosi a ringraziare chi lo ha aiutato: in particolare, il personale del consolato italiano a New York e gli agenti americani che hanno condotto le indagini.
Sul fronte giudiziario, l’attenzione resta altissima. Il giudice ha voluto blindare la possibilità di fuga, consapevole del fatto che entrambi gli imputati hanno legami con l’ambiente delle criptovalute e quindi con strumenti difficili da tracciare. La decisione di vietare l’uso di moneta digitale per il pagamento della cauzione è anche un segnale forte verso un mondo dove il denaro può diventare invisibile, e le responsabilità altrettanto.
Ma oltre alla cronaca giudiziaria, restano molte ombre. Chi ha realmente orchestrato il sequestro? Qual era la cifra in gioco? Si è trattato di un caso isolato o di un tassello di un meccanismo più ampio di estorsione digitale internazionale? Gli inquirenti americani non escludono che i due arrestati fossero parte di un gruppo più esteso, forse collegato a truffe crypto su larga scala. Alcuni elementi raccolti durante le indagini sarebbero ora al vaglio di una task force specializzata in crimini finanziari digitali.
Intanto, a Rivoli, l’intera vicenda ha colpito come un fulmine. Michael Carturan era poco conosciuto nella cronaca locale, ma la sua storia ha fatto il giro del mondo: un giovane italiano, brillante e riservato, finito nel mirino di predatori senza scrupoli, attratti dal denaro digitale come una nuova frontiera dell’estorsione.
Ora si attende l’avvio del processo, mentre la possibilità che Woeltz e Duplessie tornino a casa, anche solo in regime di arresti domiciliari, riapre la ferita per chi crede che la violenza premeditata non debba mai avere sconti. Ma, come sempre, sarà la giustizia americana a decidere. E il suo sguardo, stavolta, è puntato anche su quella linea sottile che separa l’innovazione finanziaria dalla criminalità tecnologica.
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