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Cronaca

Mazze, coltelli e auto usate come armi: Torino sconvolta da una maxi rissa

Maxi rissa tra corso Giulio Cesare e via Bra: 11 arresti, 4 feriti, ipotesi di scontro tra bande

Mazze, coltelli e auto

Mazze, coltelli e auto usate come armi: Torino sconvolta da una maxi rissa

Una scena da film criminale. Solo che stavolta non c’erano cineprese, ma solo sangue vero, grida e sirene. La sera del 28 maggio, tra corso Giulio Cesare e via Bra, si è consumato uno scontro di violenza inaudita che ha trasformato Torino in un campo di battaglia. Undici persone arrestate, tre denunciate, quattro feriti, uno in gravi condizioni: questo il bilancio della maxi rissa che ha fatto esplodere il panico nel cuore di Barriera di Milano, lasciando residenti e commercianti storditi, spaventati, arrabbiati. Un’intera zona della città, già fragile e spesso dimenticata, è tornata sotto i riflettori per le peggiori ragioni.

Chi era lì racconta di mazze chiodate e coltelli sguainati, di corpi che si rincorrevano urlando, di auto lanciate a tutta velocità come arieti per travolgere i rivali. Una violenza cieca, che sembra appartenere ad altri contesti eppure è esplosa in mezzo alle case, tra un kebabbaro e un minimarket, sotto gli occhi terrorizzati di passanti e famiglie. Le forze dell’ordine sono intervenute in tempo per evitare una strage, ma la scena trovata è quella di un quartiere in guerra. Le ipotesi parlano di un regolamento di conti tra bande, forse una faida tra gruppi che si contendono il controllo del territorio, e in particolare certi giri poco limpidi che girano attorno a droga, racket o vecchi rancori non sopiti.

Carabinieri

I poliziotti stanno ora cercando di ricostruire la dinamica precisa, incrociando testimonianze, telecamere di videosorveglianza e intercettazioni. Si cerca di capire chi ha dato l’ordine, chi ha pianificato l’attacco, chi ha alzato il livello dello scontro fino a renderlo una guerra da strada. Ma intanto resta la paura. Barriera di Milano non è nuova a episodi di tensione, ma questa volta si è toccato un punto di rottura. Gli abitanti parlano di una sicurezza che non c’è più, di controlli che non bastano, di una presenza criminale sempre più sfacciata. E a pagare il prezzo, come sempre, sono i più deboli: le famiglie che qui ci vivono per necessità, i piccoli commercianti che cercano solo di lavorare in pace, i bambini che crescono vedendo il sangue sull’asfalto.

Le istituzioni, ora, sono chiamate a risposte forti e credibili. Non solo l’invio di pattuglie per qualche giorno, ma strategie a lungo termine: indagini profonde, presidi fissi, attenzione vera a quartieri troppo a lungo lasciati a se stessi. Intanto, le forze dell’ordine stanno valutando misure straordinarie, come zone rosse o interventi mirati, per arginare un’escalation che non può più essere sottovalutata. È un equilibrio fragile quello che tiene insieme questa parte di città, e ogni volta che cede si contano i cocci — e le ferite. Adesso tocca a chi ha responsabilità dare segnali chiari, senza retorica. Perché Torino è stanca di convivere con la paura.

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