AGGIORNAMENTI
Cerca
Cronaca
27 Maggio 2025 - 11:48
Mafie 2.0, la DIA lancia l’allarme: ecco quali sono i mercati più "marci" (foto archivio)
Non più guerre di mafia, non più clan arroccati nei propri territori. La nuova geografia criminale italiana ha assunto i contorni di un’economia parallela fondata sulla cooperazione trasversale tra cosche di diversa matrice. A testimoniarlo è la Relazione annuale 2024 della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), presentata a Roma nella sede della Stampa Estera: un documento corposo, che fotografa con precisione l’evoluzione dei gruppi mafiosi e il loro nuovo volto, fatto di patti utilitaristici, sinergie strategiche e infiltrazioni capillari nel tessuto economico.
Il dato che più colpisce è la capacità delle organizzazioni mafiose di superare i confini storici delle appartenenze. Emblematico il caso della collaborazione tra Cosa nostra gelese e la ‘ndrangheta calabrese per la gestione del traffico di stupefacenti. Due mondi un tempo lontani che oggi si intersecano senza remore per spartirsi i profitti del narcotraffico. Ma non solo: nella regione Piemonte, la DIA ha documentato alleanze operative tra gruppi ‘ndranghetisti e frange della comunità sinti, utilizzata come struttura di supporto per il reperimento e la custodia di armi da fuoco, da utilizzare o rivendere nel mercato nero.
Una mafia che si adatta, che si professionalizza, che diventa impresa criminale fluida, capace di infiltrarsi dove circolano soldi e concessioni pubbliche. In particolare, la Relazione segnala una preoccupante penetrazione della ‘ndrangheta nel mondo degli appalti pubblici, della raccolta rifiuti, delle aziende ospedaliere. I clan non solo cercano di controllare le forniture e le ditte subappaltatrici, ma mirano anche ad influenzare il rilascio di licenze e concessioni, agendo nei gangli della pubblica amministrazione con una discrezione che rende difficile ogni tipo di prevenzione.
Sono 208 i provvedimenti interdittivi antimafia adottati nel 2024, di cui 138 al di fuori della Calabria: un segnale chiaro di quanto la ‘ndrangheta non sia più fenomeno locale, ma potenza criminale nazionale e internazionale, con radici strategiche sempre ben piantate nella provincia di Reggio Calabria, da cui partono le direttive e si distribuisce il potere.
DIA
Nel corso del 2024, la DIA ha confiscato beni per quasi 160 milioni di euro, con oltre 104 milioni tolti a Cosa nostra e 56,7 milioni sequestrati alla camorra campana. Sono 53 le indagini concluse, 309 i provvedimenti restrittivi eseguiti: numeri importanti, ma che raccontano solo una parte del quadro. Perché il volto più insidioso delle mafie moderne è quello che non si vede, quello che si annida tra le carte di una fattura, nei passaggi opachi di una gara d’appalto, nei silenzi compiacenti di un imprenditore.
Proprio su questo punto la Relazione è spietata: non sempre gli imprenditori sono vittime, anzi. In molti casi, il documento denuncia una connivenza sistemica tra mondo economico e criminalità, in cui la tangente non viene subita, ma scaricata fiscalmente tramite fatture fittizie, rendendo conveniente tacere l’estorsione e partecipare in silenzio al sistema. Una convergenza di interessi che mina le fondamenta della concorrenza e dell’equità di mercato, e che trasforma la criminalità organizzata in un partner occulto della crescita economica nazionale.
La vocazione “economica” delle mafie è evidente: non cercano più visibilità o dominio territoriale con l’intimidazione, ma puntano alla legittimazione sociale, si mascherano da imprenditori, investono nel legale, acquisiscono consenso non con la paura ma con il denaro. E proprio per questo sono più difficili da smascherare. Perché i boss di oggi non sparano: trattano, finanziano, corrompono.
La Relazione della DIA rappresenta un monito chiaro al Paese, ma anche un grido di allarme per le istituzioni. Serve una risposta articolata e coordinata, che unisca intelligence, forze dell’ordine, magistratura, ma anche agenzie fiscali, ordini professionali e autorità di vigilanza. Perché il campo di battaglia è diventato il sistema economico stesso.
E mentre le mafie si evolvono, si globalizzano, si alleano, il rischio è che le difese democratiche restino ferme al secolo scorso, ancorate a paradigmi superati e a strumenti d’indagine non più sufficienti. La lotta non è più solo contro i clan, ma contro una mentalità connivente, un mercato che accetta il compromesso, un Paese che a volte preferisce non vedere.
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.