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Cronaca

Volpiano nella rete della ’ndrangheta: nella maxi-operazione “Millennium” emerge il ruolo della locale legato alla cosca Barbaro (VIDEO)

Le cosche di Platì, Buccinasco e Volpiano agivano come un unico corpo con base a Reggio Calabria

Volpiano nella rete della ’ndrangheta

Volpiano nella rete della ’ndrangheta: nella maxi-operazione “Millennium” emerge il ruolo del locale legato alla cosca Barbaro

All’alba del 21 maggio, le strade di Volpiano si sono improvvisamente intrecciate con un’operazione tra le più vaste degli ultimi anni contro la ’ndrangheta. Il suo nome, “Millennium”, non è casuale: richiama la dimensione transgenerazionale, globale e sistemica di una mafia che non conosce confini, né geografici né temporali. La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, guidata dal procuratore Giuseppe Lombardo, ha coordinato l’esecuzione di 97 misure cautelari – 81 in carcere e 16 ai domiciliari – coinvolgendo oltre 200 indagati, in un’inchiesta che ridisegna la mappa attuale della criminalità organizzata calabrese e delle sue ramificazioni nel Nord Italia.

In particolare, la “locale” di Volpiano viene citata come uno snodo attivo e funzionale nel meccanismo mafioso riconducibile alla cosca Barbaro “Castani”, storicamente radicata a Platì, nel cuore dell’Aspromonte. Le indagini – partite nel 2018 – hanno ricostruito l’organigramma della cosca e accertato la sua influenza operativa nel torinese, dove esercitava pressioni estorsive su imprenditori locali, imponeva la famigerata “messa a posto” e garantiva l’applicazione delle “regole” mafiose anche lontano dalla Calabria.

Il dato più inquietante riguarda però la gestione del traffico internazionale di stupefacenti: un sistema monopolistico e centralizzato gestito da un’alleanza tra i tre “mandamenti” della ’ndrangheta reggina – centro, ionico e tirrenico – che operava come un’unica azienda criminale. La cocaina arrivava dall’America Latina, nascosta nei container nei porti di Colombia, Brasile e Panama, e sbarcava a Gioia Tauro grazie alla complicità di operatori portuali corrotti. Da lì, attraverso una logistica rodata, veniva distribuita in tutta Italia, con punti di smistamento anche a Volpiano e Buccinasco, dove le cosche potevano contare su appoggi, protezione e controllo del territorio.

Ma non solo droga. L’inchiesta ha fatto luce su attività estorsive, sequestri, episodi di corruzione e perfino scambio elettorale politico-mafioso. In particolare, sono state documentate pressanti richieste estorsive della cosca Barbaro nei confronti di imprenditori che operavano nella zona torinese. Gli “accordi” prevedevano una percentuale fissa, pari al 3% del valore dell’appalto, da versare come tributo alla cosca per poter lavorare “in sicurezza”.

La struttura mafiosa che emerge dalle carte della DDA è verticale e rigorosamente regolata. Al vertice del locale di Platì – e dunque anche della diramazione volpianese – figura un garante del rispetto dei patti e delle regole, figura centrale in occasione dei summit e delle decisioni strategiche. Ogni conflitto interno veniva gestito secondo codici precisi: emblematico il sequestro organizzato ai danni di un affiliato della cosca Alvaro, rapito per un debito da 45.000 euro su una partita di droga.

Tra i particolari più sconcertanti emersi c’è anche un tentativo di corruzione di un magistrato presso la Corte di Cassazione, in cambio di 125.000 euro, per favorire l’esito processuale di un affiliato arrestato nell’ambito della precedente operazione “Il Crimine”. L’affare non andò a buon fine, e ora entrambi gli uomini coinvolti sono finiti in manette.

Infine, le indagini hanno tracciato un episodio storico rimasto senza giustizia per quasi cinquant’anni: il sequestro e l’uccisione di Mariangela Passatiore, rapita il 27 agosto 1977 a Brancaleone e uccisa poche ore dopo. I suoi resti non furono mai ritrovati. Ora, il ruolo di uno degli indagati in quell’orrore è finalmente emerso.

La provincia e le locali: questo il lessico usato negli atti per descrivere l’unitarietà della 'ndrangheta, organizzazione fluida e gerarchica, che dirime le controversie, assegna cariche, mantiene i rapporti con le strutture all’estero e agisce come una centrale d’intelligence criminale. Volpiano non è un’eccezione. È un tassello di quel disegno, un satellite silenzioso e radicato, una zona grigia dove economia, affari e mafia si sono incrociati troppo a lungo senza allarme pubblico.

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