Cerca

Cronaca

'Ndrangheta: sequestrati beni per 8 milioni di euro ai due fratelli condannati in primo grado nel processo "Platinum"

La Direzione investigativa antimafia di Torino ha dato esecuzione a Volpiano e Chivasso al provvedimento

DIA

La Direzione investigativa antimafia di Torino, ha dato esecuzione a Volpiano e Chivasso, ad un provvedimento di confisca di beni nei confronti dei fratelli Mario e Giuseppe Vazzana, imprenditori pregiudicati di 58 e 61 anni, condannati in primo grado nell'ambito del procedimento penale nato dall'operazione "Platinum Dia".

Mario Vazzana era stato condannato a 6 anni e 11 mesi di reclusione, mentre il fratello Giuseppe a 6 anni e 8 mesi: entrambi accusati del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

La sentenza venne emessa lo scorso autunno dal collegio presieduto dal giudice Stefania Cugge del tribunale di Ivrea.

Ai fratelli Vazzana, titolari dell'omonimo hotel di Volpiano l'accusa, sostenuta dal pm Valerio Longi che aveva chiesto 8 anni e 5 mesi per Mario Vazzana e 6 anni e 8 mesi per Giuseppe Vazzana, contestava il fatto che si sarebbero prodigati nel fornire ospitalità agli affiliati e a garantire anche occupazioni. Ai fratelli Vazzana i giudici hanno disposto la confisca delle quote della società "Millechicchi".

La confisca è il risultato delle indagini della Dia del capoluogo piemontese, che nel corso dell'operazione aveva ricostruito il patrimonio accumulato dai due imprenditori considerati affiliati alla 'ndrina di Volpiano.

I carabinieri di fronte al bar a Chivasso della famiglia Vazzana

Patrimonio che secondo gli investigatori proveniva da attività illecite.

La misura adottata nei confronti dei due fratelli, dei loro familiari stretti e di altri prestanome, ha interessato 8 compendi aziendali, quote societarie di un'impresa di ristorazione, 14 immobili, 6 autovetture e 19 rapporti finanziari, per un valore complessivo di circa 8 milioni di euro.

Per i due fratelli è stata inoltre applicata nei loro confronti la sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e divieto di allontanarsi senza autorizzazione del giudice, per la durata di cinque anni.

Il processo Platinum aveva portato ad altre condanne, non solo a quelle dei fratelli Vazzana.

Antonio Agresta, boss della 'ndrangheta che sta scontando in carcere una condanna a 10 anni di reclusione, è stata inflitta una pena di 10 mesi in continuazione.

Domenico Aspromonte è stato condannato a 6 mesi di reclusione per una bancarotta dell'hotel "La Darsena", mentre è stato assolto dall'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso.

Prosciolto dalle accuse Domenico Spagnolo: il collegio ha giudicato improcedibile la sua posizione in quanto l'accusa di estorsione derubricata in "esercizio arbitrario delle proprie ragioni" necessita di una querela che non è mai stata sporta.

Infine, l'agente della polizia municipale di Volpiano Paolo Busso è stato condannato ad un anno di reclusione con la sospensione condizionale della pena per le accuse di abuso d'ufficio e accesso abusivo ai sistemi informatici del Comune.

L'operazione Platinum è stata condotta dalla DIA

Sono stati condannati al pagamento di una provvisionale di 20 mila euro - 10 mila euro ciascuno - i fratelli Vazzana e 8 mila euro ciascuno il vigile Busso e Antonio Agresta, somme da liquidare al Comune di Volpiano parte civile nel processo.

Per l'altra parte civile, il Comune di Chivasso, Giuseppe Vazzana dovrà versare una provvisionale di 5 mila euro.

Le condanne in abbreviato

Il processo Platinum ha avuto un appendice con la sentenza dell'ottobre 2022 con cui venivano condannati tutti quegli imputati che avevano scelto di essere giudicati con rito abbreviato. 

Il tribunale di Ivrea

Oltre al manager volpianese Gianfranco Violi - condannato a 5 anni di carcere e al risarcimento di 5 mila euro al Comune di Volpiano - sono stati condannati: Antonio Giorgi, classe 1986, condannato a 8 anni di reclusione; Antonio Giorgi, 1990, 8 anni; Domenico Giorgi, 1963, 17 anni e 4 mesi; Domenico Giorgi, 1982, 11 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione; Francesco Giorgi, 1966, 16 anni; Sebastiano Giorgi 20 anni; Pietro Parisi 8 anni e 8 mesi; Giuseppe Romeo 10 anni e 8 mesi; Stefano Sanna 7 anni e 8 mesi; Sebastiano Signati 8 anni; Luciano Vacca 5 anni e 4 mesi di reclusione e multa di 18 mila euro; Domenico Napoli 2 anni e 2 mesi; Angelo Lucarini 4 anni di reclusione e 18 mila euro di multa; Colacicco Piero Filippo 3 anni e 8 mesi di reclusione e 16 mila euro di multa; Alberto Lapucci 6 mesi di reclusione. 

Gli imputati condannati sono tutti, per lo più, della locride (Reggio Calabria). In totale sono più di 160 gli anni di carcere inflitti agli affiliati delle cosche calabresi che operavano in contatto con il locale di Volpiano.

Sono stati assolti con formula piena da tutti gli addebiti loro ascritti perché il fatto non costituisce reato Caterina Cosenza, Salvatore Violi e Maria Carbone 

La testimonianza in aula di Vazzana

“Non mi sono mai occupato di politica”. “Non ho mai chiesto che mi venisse tolta una multa in vita mia. Tanto meno ho fatto dei regali ai vigili urbani”.

Di fronte al collegio presieduto dal giudice Stefania Cugge, l’imputato Giuseppe Vazzana, per tutti semplicemente “Pino”, è stato interrogato dal pm Valerio Longi. 

Vazzana in aula ha ripercorso l’ascesa imprenditoriale della sua famiglia: da un bar e ristorante self-service a Moncalieri all’hotel Vazzana a Volpiano: “E’ la nostra casa, dove sono cresciuto, dove abbiamo passato i Natali e le feste di compleanno”. 

Sempre a Volpiano, negli anni, la famiglia Vazzana ha avuto il ristorante La Volpe Nera (ex Noce), l’hotel Fox (“Che gestivamo in società con Giorgio Chiesa”, ha spiegato), il bar “La Corte” e poi, a Chivasso, il “Full Bar” al Campus delle associazioni all’ex Villaggio Tav, il bar “Nimbus” nell’area commerciale del Bennet e ancora una tabaccheria dentro lo stesso Bennet.

Al ristorante dell’hotel Vazzana negli anni abbiamo ospitato le squadre del settore Primavera del Torino Calcio e del Volpiano - ha ricordato l’imputato -. Si lavorava parecchio”.

Le domande del pm si sono concentrate soprattutto sui rapporti con gli Agresta, Antonio, Michele e Domenico, e Luigi Marando. 

Antonio Agresta ha lavorato per un anno come manutentore nell’hotel Vazzana, appena uscito dal carcere - ha ricordato l’imputato -. Venne la moglie a chiederci se avevamo bisogno di una figura come lui: il lavoro gli serviva per il reinserimento sociale. Siccome in paese ci conosciamo tutti, gli diedi una mano. A noi d’altronde serviva una persona che avesse voglia di lavorare”.

Luigi Marando spesso esagerava con gli alcolici - ha aggiunto riferendosi al periodo in cui Vazzana lavorava dietro al bancone del bar La Corte -. Ma non ho mai chiamato i carabinieri. Perché? Perché sono situazioni che ho sempre gestito da solo”.

Nell’esame dell’imputato non si poteva non fare cenno a due fatti che riguardano da vicino le amministrazioni di Chivasso e di Volpiano. 

IL CASO CHIVASSO

Per il Full Bar pagavamo al comune di Chivasso un affitto di 700 euro al mese - ha ricordato l’imputato -. Quando lo prendemmo in gestione, con una funzionaria del Comune stringemmo un patto che ci avrebbero poi dato da gestire anche il vicino campo di calcio a cinque. Non capitò mai e così tempo dopo lasciammo l’attività. Anche perché nel mentre avevamo già fatto un accordo con la proprietà dell’area commerciale del Bennet per aprire il Nimbus”.

Il contatto con la proprietà dell’area commerciale del Bennet me lo diede il sindaco Claudio Castello - ha detto Vazzana -. Ci conoscevamo perché i nostri figli giocavano a calcio insieme. Un giorno, durante una partita, quando Castello era ancora assessore, mi disse che c’era l’opportunità di un grosso insediamento commerciale e che in quell’insediamento si sarebbe dovuto aprire un bar. Mi mise in contatto con chi si occupava di questo”.

Il pubblico ministero ha poi incalzato Vazzana sulle intercettazioni telefoniche del 2017, nelle quali l’imputato viene intercettato al telefono con Linda Usai, un’amica candidata in una lista della coalizione di centrodestra che sosteneva il candidato sindaco Matteo Doria, e con il candidato sindaco del centrosinistra Claudio Castello.

Linda Usai è un’amica - ha detto Vazzana - giocavo a calcetto due volte alla settimana con suo marito. Abbiamo chiacchierato al telefono delle elezioni, ma perché l’unico mio interesse era capire come poter risolvere la questione del campo da calcetto al campus delle associazioni. Ho sempre pensato che chi ha un’attività come me non si dovesse schierare nè per l’uno nè per l’altro. E così ho fatto. Dopo le elezioni Castello mi telefonò per ringraziarmi, ma io in realtà con la politica non c'entro”.

Vazzana ha poi fatto un riferimento alle proposte di candidatura che invece furono fatte alla figlia Francesca: “Era stata Bela Tolera del Carnevale, la maschera principale della città. Un po’ come la Mugnaia di Ivrea. Mi costò 3.000 euro quel Carnevale, ma mia figlia così entrò in un mondo di persone di un certo livello. A Chivasso c’è l’associazione l’Agricola che gestisce il Carnevale. Sono tutte famiglie importanti. Qualcuno di loro le fece la proposta di candidarsi alle elezioni del 2017. Io le dissi di non farlo: un po’ per l’attività, un po’ perché non aveva esperienza e le avrebbero fatto domande trabocchetto”.

Alla richiesta su quali fossero queste domande, Vazzana è stato vago. Così come nella contestazione del Pm per cui “nelle intercettazioni lei dice che con il cognome che avete vi potevano rompere i coglioni”…

Sempre sui rapporti con la politica, Vazzana ha chiarito di avere sì organizzato cene nel suo ristorante, per amministrative o elezioni politiche, ma di non ricordarsi con chi. 

IL CASO VOLPIANO

A Volpiano ha destato scalpore anche la notizia dei rapporti tra Vazzana con l’ispettore della Polizia Municipale Paolo Busso, anch’egli indagato.

Secondo l’accusa, Busso, avrebbe favorito Giuseppe Vazzana su alcune violazioni del codice delle strada (ben sei), tra multe per mancata revisione, mancato pagamento della sosta sulle strisce blu e decurtazione di punti della patente.

Secondo il pm Valerio Longi, Busso avrebbe ingannato Cristina Tarabolo, l’impiegata dell'ufficio anagrafe del Comune di Volpiano, per introdursi nel sistema anagrafico del Comune di Volpiano e controllare l'indirizzo dell'ex comandante dei vigili Franco Roffinella, su richiesta, sempre, di Giuseppe Vazzana, che lo cercava insistentemente perché non rispondeva al telefono: secondo gli investigatori lo avrebbe chiamato ben 26 volte per alcuni debiti pregressi (ammontanti a circa 5/6 mila euro).

In tribunale Vazzana ha detto la sua.

Alla Corte venivano a mangiare i dipendenti comunali - ha spiegato Vazzana -. Tra di loro c’erano anche i vigili urbani. Busso era un tipo brillante, gli piaceva scherzare e spesso parlavamo. Siamo diventati amici, ma non gli ho mai chiesto di togliermi delle multe. Gli ho solo chiesto, un giorno, di pagarmi una multa visto che stava andando all’ufficio municipale di Settimo Torinese. Gli diedi il contante e mi fece la cortesia. Busso non mi ha mai riservato dei trattamenti di favore”.

Sul caso Roffinella, ex comandante dei vigili urbani di Volpiano, Pino Vazzana ha spiegato che “un giorno venne al bar la Corte e quasi in lacrime mi chiese se potevo prestargli dei soldi. Lui non era un habituè del bar, mentre la moglie veniva tutte le mattine. Gli prestai qualcosa come 5, 6 mila euro. Ci mise quasi tre anni a restituirmeli. L’ho chiamato diverse volte, mi dava fastidio quando non mi rispondeva. Così una volta sono andato sotto casa sua ma non sono sceso dall’auto. Ero arrabbiato ma poi i soldi me li ha restituiti tutti”.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori