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Caso Zardo: tra condanne e archiviazioni, la storia di un padre che da 10 anni non vede il figlio

Ennesimo capitolo della vicenda: il Tribunale annulla l'archiviazione di luglio

Caso Zardo: tra condanne e archiviazioni, la storia di un padre che da 10 anni non vede il figlio

mimmo zardo con il piccolo erik in una foto di tanti anni fa. Oggi il piccolo si trova in Ucraina con la madre

Non vede il figlio da 10 anni, sa solo che è in Ucraina dove la madre l'ha portato, strappandolo dalle sue braccia, e per questo è stata condannata nel 2019 a 5 anni e 2 mesi per sottrazione di minore dal tribunale di Torino.

Ed oggi non sa neppure se sia vivo o morto.

La vicenda di Mimmo Zardo è quella di un uomo cui è stata negata la paternità. Un genitore che non si è arreso e ha combattuto in ogni sede possibile e per farlo ha dilapidato ogni sua sostanza. Tra accuse e condanne, tra colpi inferti e altri ricevuti.

L'ultima batosta a luglio, quando il Tribunale ha archiviato il fascicolo aperto per la denuncia che l’uomo aveva presentato nel 2019 in procura per sequestro di persona e maltrattamenti ai danni del figlio Erik, che sarebbero stati perpetrati proprio dalla ex moglie - il 16 giugno, dopo cinque anni, è arrivato il divorzio - e dalla ex suocera, Tetyana Gordiyenko

In questa altalena di appelli e ricorsi, l'archiviazione è stata annullata. Secondo il ricorso presentato da Zardo tramite l'avvocato Rita Ronchi, infatti, sarebbe stato negato il suo diritto di contraddittorio.

Tutto da rifare, fascicolo riaperto. 

LA STORIA DI MIMMO E DEL PICCOLO ERIK

E’ il settembre del 2011 quando dopo anni di convivenza Mimmo e la moglie Tetyana, di origini Ucraine, dividono le proprie strade.

Da qui parte l’escalation che stravolge completamente la vita del povero padre.

Dopo averlo denunciato per violenza e maltrattamenti e con in mano una sentenza di separazione dell’aprile del 2012 che prevede anche il mantenimento di 600, Tetyana Gordyenko allontana Erik dal padre e torna in Ucraina. Si susseguono mille processi. Richieste rigettate, archiviazioni, tre rogatorie internazionali, denunce, e forse pure qualche leggerezza da parte dei servizi sociali.

Nel 2018 l’ultima sentenza, firmata dal giudice Paola Meroni del Tribunale Torino a carico di Tetyana Gordiyenko, accusata di sequestro di persona e sottrazione internazionale di minori. Viene condannata a 3 anni e 6 mesi.

Al padre i giudici riconoscono l’affidamento esclusivo, giudicando decaduta la patria potestà della donna. Nei fatti, però, c’è la distanza di migliaia di chilometri. Tutto inutile e tardivo.

L’ultima volta che il bambino è stato rintracciato - tramite l’Interpol - risale a due anni fa. Abitava a Zhytomyr una città di 200 mila abitanti vicino a Kiev. Ed è la città con il condominio sventrato da una bomba lanciata dai russi, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo. Il figlio, oggi di 14 anni, Mimmo Zardo lo ha visto poche volte e di sfuggita, nelle rare occasioni che la Gordyenko gli ha concesso. Tante scuse da parte della donna e della sua famiglia e la ferma volontà di privare il padre dell’affetto del figlio.  

“Prego Dio che Erik non si trovi più in quella città" - aveva raccontato Zardo in un'intervista al nostro giornale alcuni mesi fa.

"Spero che mio figlio con la mia ex moglie abbiano già oltrepassato il confine e si trovino in salvo in Polonia. Ormai Erik è plagiato, alienato, per quello non mi cerca. L’ultima l’ho visto nel dicembre 2016. Da allora è calato il buio: io non so più nulla di nulla. Il loro telefono non funziona più..” E alla fine? Alla fine il vuoto più totale.   

“La guerra la c’è da anni in verità - dice Mimmo - ma ora è ancora più evidente. Se non sono stato aiutato prima figuriamoci adesso. Nessuno mi ha mai voluto davvero aiutare in questa battaglia”.  

Mimmo tramite il suo avvocato Rita Ronchi ha scritto all’Ambasciata italiana, a quella in Ucraina e a quella italiana in Polonia. 

“Negli anni ho visto tutti fare spallucce di fronte alla mia storia, ma io non ci sto. Sai cosa mi ha tenuto a galla? La Valchiusella. Io vedo questo prato davanti a casa e penso a quando ci correva mio figlio. Questo piccolo angolo di natura ora è l’unico posto che mi resta ormai. Un tempo era un posto felice per me…”.

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