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Tajani su Askatasuna: “Violenti figli di papà contro figli del popolo”

A Torino l’attacco sul centro sociale e l’annuncio degli aiuti al Sudan dal Regina Margherita

Tajani su Askatasuna: “Violenti figli di papà contro figli del popolo”

Tajani su Askatasuna: “Violenti figli di papà contro figli del popolo”

Un doppio messaggio, umanitario e politico, quello lanciato da Antonio Tajani a Torino, dove il vicepremier ha annunciato l’avvio dell’operazione Italy for Sudan e, nello stesso contesto, è tornato con toni durissimi sullo sgombero del centro sociale Askatasuna. Da un lato gli aiuti a una popolazione colpita dalla guerra, dall’altro la linea del governo su ordine pubblico e violenza: due piani diversi, ma uniti da un filo conduttore che Tajani rivendica come identità nazionale.

Nel corso della cerimonia di intitolazione dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino a “Ospedale dei bambini del mondo”, struttura che accoglie piccoli pazienti provenienti da numerose zone di conflitto, Tajani ha illustrato i primi passi concreti dell’iniziativa umanitaria rivolta al Sudan. «A Natale arriverà a Port Sudan un nostro carico di giochi e di aiuti alimentari. Sarà una goccia nell'oceano. Ma sarà un inizio», ha dichiarato.

Un primo intervento che, nelle intenzioni del governo, non resterà isolato. «A Pasqua – ha aggiunto Tajani – manderemo una nave con cibo, vestiti e tutto ciò che può aiutare la popolazione. Lo facciamo perché siamo italiani, e per gli italiani è sempre importante tendere la mano a chi è in difficoltà». Il vicepremier ha poi richiamato un’immagine simbolica per spiegare il senso dell’operazione: «Mi viene in mente il film del comandante italiano che dopo avere affondato una unità nemica torna indietro per salvare i naufraghi: chiedono il motivo e lui risponde “siamo italiani”».

Nel suo intervento, Tajani ha allargato lo sguardo anche ad altri scenari di crisi. «Per questo continueremo ad aiutare i gazawi così come continueremo ad aiutare la popolazione ucraina che soffre. E abbiamo cominciato ad occuparci del Sudan», ha sottolineato, ribadendo la volontà di mantenere una linea di sostegno umanitario su più fronti internazionali.

Dalla cooperazione internazionale alla cronaca politica interna, il passo è stato breve. Interpellato sullo sgombero del centro sociale Askatasuna, Tajani ha usato parole nette, distinguendo tra diritto di manifestare e atti di violenza. «La violenza va contro i cittadini. Manifestare è un diritto, ma distruggere automobili o picchiare poliziotti carabinieri e finanzieri che fanno il loro dovere non va bene», ha affermato. Poi l’attacco diretto a una parte dei manifestanti: «Tanti di questi sono figli di papà che se la prendono con i figli del popolo».

Il vicepremier ha difeso l’operato del Viminale e del titolare del dicastero. «La legge deve essere sempre rispettata e lo Stato ha il dovere di farla rispettare. Il ministro Piantedosi lo ha fatto», ha spiegato, avvertendo che eventuali ulteriori tensioni non cambieranno la linea dell’esecutivo. «Se poi i violenti vogliono continuare a fare i violenti non possono pensare che lo Stato, il governo, rimanga immobile».

Tajani ha insistito anche su un altro aspetto, quello del linguaggio. «Manifestare è un diritto e chiunque può manifestare. L'importante è che non ci siano violenze. E che non ci siano nemmeno messaggi violenti», ha detto, chiarendo che il confine non riguarda solo i fatti ma anche le parole. «Non basta non essere violenti nel senso di non distruggere negozi o aggredire le forze dell'ordine: anche i messaggi violenti sono inaccettabili. Si possono esprimere le idee anche senza offendere e insultare nessuno».

La chiusura è stata altrettanto perentoria. «Certamente non ci facciamo intimidire», ha concluso il vicepremier, tracciando una linea che, nelle sue intenzioni, vale tanto sul fronte internazionale quanto su quello dell’ordine pubblico interno.

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