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“Niente sarà più come prima”: Torino torna a tremare per Askatasuna

Autonomi pronti al corteo, massima allerta per l’ordine pubblico

“Niente sarà più come prima”: Askatasuna sfida lo Stato

“Niente sarà più come prima”: Askatasuna sfida lo Stato

“Niente sarà più come prima”. È il messaggio che gli autonomi del centro sociale Askatasuna affidano ai social il giorno dopo lo sgombero e alla vigilia di un corteo ad altissimo rischio per l’ordine pubblico, in programma a Torino nell’ultimo sabato di shopping natalizio. «Niente sarà come più come prima, il campo è stato tracciato. Chi con noi continua a volere un presente e un futuro diversi sa che la partita non è finita, ma solo iniziata», scrivono, rilanciando una mobilitazione che ha già messo in allerta le istituzioni.

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Lo sgombero del centro sociale ha acceso un caso politico nazionale. Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo chiede che si intervenga anche su CasaPound a Roma, richiamando il clima degli anni più bui: «Io li ho vissuti gli Anni Settanta e un certo linguaggio eversivo mi pare stia riemergendo. Su CasaPound la penso come su Askatasuna: quel palazzo va sgomberato». Parole che allargano lo scontro oltre i confini cittadini e rimettono al centro il tema degli spazi occupati.

PAOLO ZANGRILLO, MINISTRO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

A Torino, proprio nella giornata del corteo, sono attesi anche appuntamenti ufficiali del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che già all’indomani dello sgombero aveva commentato senza mezzi termini: «Era ora, era un bene comune dei violenti». Una linea dura che trova però la risposta netta del sindaco Stefano Lo Russo, il quale ribadisce la distanza dell’amministrazione comunale dalle scelte del Governo. Dopo aver condannato «con fermezza ogni episodio di violenza e aggressione», il primo cittadino conferma la volontà di non arretrare sul metodo: «Ci siamo assunti consapevolmente la responsabilità di tentare un percorso, nel quale crediamo ancora, perché fondato sul dialogo, sulla partecipazione e sulla responsabilità collettiva, nel solco dei valori della Costituzione della Repubblica». E aggiunge: «Da sindaco di una città Medaglia d’Oro della Resistenza e fortemente impegnata nella tutela dei diritti, voglio ribadire che Torino dissente profondamente dalle scelte e dall’impostazione culturale di questo Governo. Proprio per questo, l’amministrazione che rappresento non intende modificare le proprie priorità, né cambiare approccio».

STEFANO LO RUSSO -  SINDACO DI TORINO

Sul piano operativo, la città si prepara a una giornata delicata. Torino è abituata alle piazze: poche settimane fa il capo della Polizia Vittorio Pisani, in visita alla sede de La Stampa dopo l’assalto, aveva ricordato che con circa 500 manifestazioni all’anno il capoluogo piemontese è secondo solo a Roma. Ma il livello di allerta resta altissimo. Sono già arrivati rinforzi per i reparti mobili da quasi tutte le regioni.

Il precedente più vicino pesa come un macigno. Giovedì scorso il tentato corteo dopo lo sgombero si è chiuso con dieci poliziotti feriti, e le tensioni per domani appaiono tutt’altro che scongiurate. La partenza del corteo di autonomi e simpatizzanti è fissata nel primo pomeriggio davanti a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, a pochi isolati dal centro. Non più dal quartiere Vanchiglia, dove aveva sede il centro sociale. Una scelta che non riduce i timori.

La manifestazione, formalmente indetta a livello cittadino, potrebbe richiamare attivisti da Genova, Bologna, Milano e dal Nord-Est. Ha espresso solidarietà anche lo storico Leoncavallo di Milano, sgomberato ad agosto. Due realtà che oggi si ritrovano accomunate dallo stesso destino, dopo decenni di rapporti tutt’altro che distesi: a Torino i cosiddetti “duri e puri”, considerati il fortino degli autonomi, a Milano un’esperienza che negli anni aveva scelto il dialogo con le istituzioni, prima con le Tute Bianche, poi con la Disobbedienza.

La giornata di domani si annuncia quindi come un banco di prova per la tenuta dell’ordine pubblico e per una città che si ritrova, ancora una volta, al centro di uno scontro politico e simbolico che va ben oltre i suoi confini.

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