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19 Dicembre 2025 - 15:21
Askatasuna sgomberato, la città si prepara: domani il corteo e la sfida degli antagonisti
Torino si prepara a un sabato che potrebbe segnare un nuovo capitolo nella lunga e controversa storia di Askatasuna. Dopo lo sgombero e il sequestro della palazzina di corso Regina Margherita 47, l’attenzione si sposta ora sulla manifestazione annunciata per domani, sabato 20 dicembre, destinata a portare il conflitto dalle perquisizioni e dalle decisioni istituzionali direttamente nelle strade del centro cittadino.
Il corteo promosso dagli antagonisti partirà alle 14.30 davanti a Palazzo Nuovo, sede storica dell’università torinese e luogo simbolico per il mondo dei collettivi universitari autonomi, molti dei quali da anni intrecciano il proprio percorso politico con quello del centro sociale. Una scelta non casuale, che sposta il baricentro della protesta dal quartiere Vanchiglia – dove Askatasuna ha avuto sede per quasi trent’anni – al cuore accademico e simbolico della città.
Non si tratterà di una mobilitazione esclusivamente torinese. Gli organizzatori prevedono l’arrivo di attivisti da Genova, Bologna, Milano, dalla Lombardia e dal Nord-Est, segnale di una rete che va oltre i confini locali e che legge lo sgombero come un precedente politico. Nelle ultime ore sono arrivati anche numerosi messaggi di solidarietà da altri centri sociali, tra cui quello dello storico Leoncavallo di Milano, sgomberato lo scorso agosto dopo una vicenda che presenta evidenti analogie sul piano simbolico e politico.

È proprio su questo parallelo che insistono i militanti: secondo la loro lettura, lo sgombero di Askatasuna ricalcherebbe uno schema già visto, una “decisione presa dall’alto” e “imposta al territorio”, che trasformerebbe uno spazio politico e sociale in un problema di ordine pubblico. Una narrazione che punta a saldare la protesta torinese a un discorso più ampio sul dissenso, sulla legittimità di protestare e sul ruolo degli spazi occupati nelle città italiane.
Nel frattempo, sul piano pratico, i rapporti con le istituzioni restano tesi. I militanti hanno chiesto di poter rientrare nello stabile per recuperare oggetti personali, ma è stato loro comunicato che l’accesso non potrà avvenire liberamente: l’ingresso sarà consentito solo uno alla volta, accompagnati dalla Digos, e limitatamente al recupero degli effetti personali. Una misura che, se da un lato risponde a esigenze di sicurezza e di gestione dell’area sequestrata, dall’altro viene vissuta dagli attivisti come l’ennesimo segnale di chiusura.
Nel quartiere Vanchiglia, intanto, la protesta ha assunto anche forme simboliche e comunitarie. Oggi è stato organizzato un “pranzo condiviso” in strada, insieme alle famiglie dei bambini che ieri non hanno potuto frequentare tre scuole della zona, chiuse per motivi di ordine e sicurezza durante le operazioni di polizia. Un gesto che gli attivisti rivendicano come risposta politica e sociale allo sgombero, nel tentativo di mantenere un legame con il territorio e di raccontare Askatasuna non solo come spazio di conflitto, ma come luogo di relazioni.
Le parole d’ordine restano radicali e senza mediazioni: “lotta”, “società libera”, “sistema da abbattere”. Parole che parlano a una base militante ben precisa e che, allo stesso tempo, contribuiscono a polarizzare ulteriormente il dibattito cittadino. Da una parte chi rivendica la legalità e il rispetto delle regole, dall’altra chi denuncia una repressione del dissenso e una saldatura tra istituzioni locali e governo nazionale.
La manifestazione di domani sarà dunque un banco di prova. Non solo per la tenuta dell’ordine pubblico, ma per capire se lo sgombero di Askatasuna resterà un fatto amministrativo-giudiziario o diventerà il detonatore di una nuova fase di conflitto politico in città. Torino osserva, consapevole che, comunque vada, la vicenda non si esaurirà con un corteo. Perché Askatasuna, anche a palazzo sigillato, continua a pesare come simbolo, ferita e bandiera in uno scontro che va ben oltre corso Regina Margherita.

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