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Torino attende Leone XIV: il cardinale Repole apre le porte alla possibile visita del Papa

L’arcivescovo: «Siamo pronti ad accoglierlo con gioia». La riflessione sulla reliquia, le attese della città e la storia delle ostensioni papali che hanno segnato Torino

Torino attende Leone XIV: il cardinale Repole apre le porte alla possibile visita del Papa

Torino attende Leone XIV: il cardinale Repole apre le porte alla possibile visita del Papa. Foto: l'arcivescovo

La città di Torino si prepara a un’attesa che guarda oltre l’annuncio ufficiale, ma che già profuma di evento storico. L’arcivescovo Roberto Repole, cardinale e guida della diocesi torinese, ha commentato con evidente entusiasmo la possibilità che Papa Leone XIV possa davvero visitare il capoluogo piemontese e la Sindone, qualora il suo desiderio venisse confermato nelle forme canoniche. «La Chiesa torinese, e credo l’intera città, sono pronte ad accogliere Leone XIV con grande gioia, se confermerà il suo desiderio di visitare Torino e la Sindone», ha dichiarato, sottolineando la portata simbolica che una simile visita assumerebbe in un momento storico segnato da fratture internazionali, conflitti e un diffuso bisogno di pace.

Nelle parole del cardinale Repole emerge un legame diretto tra l’attuale pontificato e il significato spirituale della Sindone, un legame che affonda nel richiamo all’essenziale: lo sguardo di Gesù, evocato costantemente da Leone XIV fin dal giorno della sua elezione. «Dal primo giorno del suo pontificato – ha detto Repole – Leone XIV ha portato l’attenzione sullo sguardo di Gesù, unica e vera fonte della pace che il mondo sta invocando con tanta trepidazione». Un riferimento che si intreccia con la lettura cristiana della Sindone, definita dal cardinale come un segno che «rimanda alla morte e alla sofferenza, ma soprattutto alla risurrezione di Gesù e alla vittoria della vita». Un messaggio che da Torino, come ha ricordato, «si diffonde in tutto il mondo».

Nella città, la possibilità di una nuova ostensione si intreccia inevitabilmente con una tradizione secolare che ha fatto della Sindone non solo una reliquia, ma anche un punto di riferimento spirituale e identitario. La prospettiva di un Papa che intende vederla di persona apre un fronte di attese collettive: dalla comunità ecclesiale alla cittadinanza, passando per le istituzioni che, come in passato, saranno chiamate a collaborare per un evento che storicamente ha sempre avuto dimensioni straordinarie, in termini di partecipazione e di impatto sulla città.

L'arcivescovo

LE OSTENSIONI E L’INTRECCIO CON I PAPI
La storia della Sindone è lunga, complessa e stratificata, documentata con certezza a partire dal Medioevo e custodita a Torino dal 1578. Una storia che ha attraversato incendi, restauri, dispute scientifiche e momenti di grande partecipazione popolare. Le ostensioni pubbliche, ovvero le esposizioni della reliquia alla venerazione dei fedeli, hanno rappresentato nel tempo non solo appuntamenti ecclesiali, ma veri eventi di richiamo mondiale.

L’ostensione del 1978, in occasione del quarto centenario dell’arrivo della Sindone a Torino, fu una delle prime grandi manifestazioni dell’epoca contemporanea. Ma fu nel 1980, durante il viaggio di Giovanni Paolo II in Piemonte, che il rapporto tra la reliquia e un Pontefice assunse una dimensione nuova. Wojtyła tornò poi a Torino nel 1998, durante l’ostensione organizzata per celebrare il centenario dell’ostensione del 1898 e del celebre negativo fotografico di Secondo Pia. In quell’occasione definì la Sindone «specchio del Vangelo», un’immagine che sarebbe diventata celebre e spesso citata negli anni successivi.

Lo stesso Giovanni Paolo II visitò Torino anche nel 2000, durante il Grande Giubileo, ribadendo la centralità della reliquia come segno di meditazione sulla sofferenza e sulla redenzione cristiana. Più recentemente, Papa Benedetto XVI compì la sua visita nel 2010, in occasione dell’ostensione straordinaria voluta per l’Anno Sacerdotale. Nel 2015, fu Papa Francesco a raggiungere Torino per pregare davanti alla Sindone e incontrare la comunità locale, durante un viaggio che lasciò un segno profondo nella città, anche per la visita ai luoghi salesiani e al mondo del lavoro.

Queste visite, unite alle ostensioni pubbliche più recenti, tra cui quella del 2013 (telematica, per i giovani del mondo durante la GMG) e quella straordinaria trasmessa online nel 2020, durante i mesi del lockdown pandemico, mostrano quanto la Sindone sia un punto di riferimento internazionale, in grado di richiamare credenti e curiosi anche attraverso strumenti e linguaggi nuovi.

UNA RELIQUIA AL CENTRO DEL MONDO CATTOLICO
La Sindone continua a essere una delle reliquie più studiate al mondo: indagini storiche, chimiche, fisiche e antropologiche hanno riempito decenni di dibattito, tra conferme, dubbi e teorie contrastanti. Eppure, al di là del profilo scientifico, resta un simbolo potente, capace di unire fede, memoria e interrogativi universali sulla sofferenza e sulla speranza. È questo patrimonio simbolico che il cardinale Repole richiama quando parla di «vittoria della vita», un tema ricorrente nel messaggio cristiano ma che oggi, in un mondo segnato da guerre e instabilità, acquista un’eco particolare.

La possibile visita di Leone XIV, se confermata, si inscriverebbe quindi in un solco storico preciso: quello dei Papi che, venendo a Torino, hanno trasformato la Sindone in un ponte tra la città e la Chiesa universale, tra la tradizione e il presente, tra la memoria della passione di Cristo e la testimonianza viva delle comunità cristiane. Ogni ostensione ha avuto un significato e un contesto diverso, spesso legato a ricorrenze specifiche o a esigenze particolari della Chiesa. Ma tutte hanno segnato Torino in modo profondo: in termini di partecipazione, di riflessione comunitaria e di attenzione internazionale. Una nuova esposizione — qualora fosse collegata alla visita di Leone XIV — potrebbe rappresentare un momento di sintesi tra tradizione e contemporaneità, con una città che oggi, più di ieri, vive trasformazioni sociali, culturali e religiose che chiedono nuovi linguaggi e nuovi ponti.

Perché la Sindone, al di là dei secoli, continua a evocare lo stesso enigma e la stessa promessa: la fragilità dell’umano e la speranza della resurrezione.

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