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Tagliano 7 scuole senza ascoltare nessuno: il piano della Regione travolge Torino

Una riforma imposta dal Pnrr ridisegna la mappa delle autonomie mentre il fronte politico si spacca e le scuole attendono risposte

Tagliano 7 scuole

Tagliano 7 scuole senza ascoltare nessuno: il piano della Regione travolge Torino

Mancano due passaggi formali, poi il dimensionamento scolastico diventerà realtà. La Regione Piemonte corre verso l’approvazione definitiva del piano che, dal prossimo anno, ridurrà di sette autonomie scolastiche Torino e la sua provincia e ne cancellerà altre due nel Cuneese. È il risultato richiesto dal Pnrr, che impone tagli agli istituti con un numero di studenti considerato insufficiente. Ma ciò che nelle carte appare come un semplice riordino amministrativo, sul territorio si traduce in proteste, paure, polemiche e una tensione politica che cresce giorno dopo giorno.

Il presidio dei sindacati davanti al Consiglio regionale non è servito a frenare l’iter. Oggi il piano approda in commissione, entro domenica la giunta darà il via libera. Un’accelerazione che ha fatto esplodere il fronte delle opposizioni e messo in allarme dirigenti scolastici, famiglie e docenti, molti dei quali scoprono solo ora che la loro scuola perderà autonomia, presidenza e identità.

Il Partito Democratico attacca senza sfumature. Claudio Cerrato, capogruppo in Comune, parla di una scelta che “è l’esatto contrario di una programmazione seria e rispettosa del sistema educativo”. Accusa la Regione di aver aggirato il confronto con gli enti locali, correndo verso una decisione affrettata che, secondo lui, rischia di generare fratture profonde nel tessuto scolastico. Una scuola, ricorda, è prima di tutto una comunità, e non un dato da incastrare dentro una tabella ministeriale.

Il taglio colpisce duro. Dodici istituti dell’area torinese perdono personalità giuridica. Al loro posto nasceranno cinque nuovi aggregati, in alcuni casi enormi, in altri disomogenei. Il saldo è pesante: sette autonomie in meno, sette presidi in meno, sette direttori amministrativi in meno. Gli accorpamenti investono tanto il primo quanto il secondo ciclo, ridisegnando confini che esistevano da decenni. Le ipotesi più controverse – quelle che coinvolgevano istituti definiti “di frontiera”, come il Birago, il Bodoni, il Peano e lo Zerboni – sono state ritirate all’ultimo, dopo settimane di proteste. Ma per molti è solo una soluzione di facciata, una concessione minima in un impianto rimasto immutato.

Durissimo il giudizio di Lorenza Patriarca, ex preside e oggi consigliera Pd. “Una scuola ha valore perché è comunità, non perché rientra in un parametro”, afferma. A suo avviso i nuovi accorpamenti indeboliscono identità educative costruite nel tempo e rischiano di mettere a dura prova la gestione interna, soprattutto nei plessi più fragili. I grandi numeri, continua, non garantiscono qualità. Al contrario, rischiano di spalancare la strada a una scuola meno attenta, meno radicata, più impersonale.

Il caso più emblematico è quello del maxi istituto che nascerà dall’unione tra la Collodi e la Calamandrei: 1.750 studenti distribuiti in più plessi, un organismo scolastico colossale che appare difficile da governare. A Borgo Vittoria, la direzione didattica Allievo verrà fusa con l’Ic Frassati, un altro accorpamento che ridefinisce quartieri e relazioni consolidate. Nel settore superiore, l’alberghiero Beccari si unirà allo Steiner, istituto professionale di grafica, fotografia e audiovisivo: due realtà con missioni profondamente diverse, che ora dovranno convivere sotto una stessa guida.

Il Galilei Ferrari, uno dei poli storici dell’area sud, verrà smembrato: una parte confluirà nel Majorana in zona Lingotto, l’altra nel Giolitti. Un passaggio che molti docenti considerano traumatico, sia per la perdita della storia dell’istituto, sia per la ridefinizione forzata degli indirizzi. Fuori Torino, la mappa cambia ancora: a Leinì, la direzione Anna Frank sarà accorpata all’Ic cittadino; a Chivasso, la succursale dell’Ubertini passerà sotto il Liceo Newton di Caluso; nel Pinerolese nascerà un unico istituto che ingloberà i comprensivi 3 e 4 e i plessi di Piscina, fino all’Ic di Airasca.

Sul fronte politico, la replica è immediata. La vicepresidente della Regione e assessora all’Istruzione Elena Chiorino descrive come “surreale” l’attacco del centrosinistra. Precisa che il dimensionamento è un obbligo imposto dal Governo Draghi, non una scelta dell’esecutivo attuale, e che le Province guidate dallo stesso centrosinistra non hanno deciso quando avrebbero potuto. “È il solito copione: predicare bene e razzolare male”, commenta. La linea della Regione è chiara: senza questo passaggio, il Piemonte rischierebbe di trovarsi fuori dalle regole del Pnrr e con un piano da riscrivere in fretta e furia.

Nel Consiglio regionale, però, le opposizioni non mollano. Le consigliere Pd Nadia Conticelli ed Emanuela Verzella denunciano ancora una volta l’assenza di un confronto vero. Parlano di decisioni “a colpi di maggioranza” e di scuole tenute all’oscuro fino all’ultimo. Anche Alice Ravinale e Valentina Cera (Avs) insistono: esisteva un’altra strada, come dimostra la Regione Campania, che ha scelto di impugnare la proposta ministeriale davanti al Tar. Perché il Piemonte non ha fatto altrettanto? Domanda senza risposta, mentre le tensioni crescono.

La mobilitazione non si fermerà, promette Teresa Serranò, portavoce della Rete contro il dimensionamento. “Questi tagli possono illudere la politica di aver chiuso la partita, ma presto presenteranno un conto salato”. Il timore diffuso è che i nuovi istituti, troppo grandi o troppo disomogenei, diventino fragili proprio là dove si voleva rafforzare l’offerta formativa. Senza presidi sufficienti, senza personale amministrativo adeguato, senza una progettualità paritaria, molte realtà rischiano di perdere pezzi, servizi e capacità di tenuta.

Intanto, tra gli insegnanti cresce la frustrazione. C’è chi teme il trasferimento, chi teme la dispersione della propria identità didattica, chi teme una gestione più complessa dei bisogni specifici. Tra i genitori il sentimento prevalente è lo smarrimento: molti scoprono ora che la scuola dei figli sarà inglobata in una struttura diversa, più vasta, senza che nessuno li abbia informati in anticipo. Una riforma così profonda, spiegano, avrebbe meritato incontri pubblici, tavoli di lavoro, un processo trasparente. Invece no: tutto è avvenuto in poche settimane, seguendo una logica prettamente numerica.

Eppure, dietro le tabelle ministeriali si muove la realtà quotidiana fatta di alunni, insegnanti, personale Ata, dirigenti, edifici e relazioni. Accorpare significa cambiare abitudini, ruoli, equilibri. Significa spostare risorse, ripensare orari, ridisegnare organigrammi. Significa, soprattutto, accettare che alcune scuole – con la loro storia e con la loro identità – scompaiano.

Il piano ora procede veloce. La commissione darà il primo via libera, la giunta chiuderà entro domenica. Dopo, inizierà una fase ancora più complessa: quella dell’attuazione. E qui, più delle dichiarazioni politiche, conterà la capacità di tenere insieme territori e comunità educative già scosse da mesi di incertezze. Il rischio, sempre più concreto, è che molti istituti arrivino a settembre ancora disorientati, senza una guida stabile e senza il tempo necessario per costruire un progetto condiviso.

La sfida, ora, è evitare che il dimensionamento resti un freddo esercizio amministrativo. Perché una scuola non si riduce mai a un numero: è un luogo dove ogni scelta pesa sulla vita delle persone. Ed è proprio questo, oggi, a mancare nel dibattito pubblico. L’idea che dietro quei tagli ci siano volti, storie, percorsi. Identità che meritavano almeno di essere ascoltate.

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