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Freddo, muffa e infiltrazioni: all’Istituto Albert non si riesce più nemmeno a fare lezione

Aule gelide, studenti rimandati a casa, tetto che perde e lavori fermi sulla serra idroponica: un’interrogazione dei consiglieri metropolitani accende i riflettori sul degrado strutturale dell’istituto di Lanzo

Freddo, muffa e infiltrazioni: all’Istituto Albert non si riesce più nemmeno a fare lezione

Freddo, muffa e infiltrazioni: all’Istituto Albert non si riesce più nemmeno a fare lezione

All’Istituto Federico Albert di Lanzo il lunedì non è cominciato con il suono della campanella, ma con un brivido. Letterale. Gli studenti sono stati costretti a interrompere le lezioni perché nelle aule il freddo era talmente pungente da rendere impossibile restare seduti per più di qualche minuto. E non si tratta di una lamentela esasperata: nei gruppi con i genitori circolava già il consiglio di mandare i ragazzi a scuola con le coperte. Una scena da rifugio alpino, non da istituto superiore della Città Metropolitana di Torino.

Il gelo è solo il primo dei sintomi di un malessere strutturale che da tempo aleggia attorno all’Albert e che ora viene messo nero su bianco nell’interrogazione firmata dai consiglieri Davide D’Agostino, Andrea Tragaioli, Daniel Cannati, Roberto Ghio, Fabio Giulivi e Clara Marta. Un testo che fotografa una situazione che definire critica è un eufemismo: infiltrazioni dal tetto e dalla facciata, macchie di muffa sulle pareti, problemi nella zona dell’ultima soletta, segnali evidenti di un edificio che scricchiola, che assorbe acqua, che si ammala. Tutto questo nonostante gli interventi di adeguamento sismico realizzati negli ultimi anni, interventi che avrebbero dovuto rappresentare un punto di ripartenza e che invece, leggendo quanto accade, assomigliano più a una promessa non mantenuta.

I consiglieri chiedono chiarimenti su tutto: sulle cause del freddo nelle aule, sul funzionamento dell’impianto di riscaldamento, sulla sua adeguatezza rispetto agli spazi, sulla gestione complessiva dell’edificio. In sostanza chiedono ciò che ogni famiglia vorrebbe sapere: perché una scuola pubblica, che dovrebbe garantire condizioni minime di sicurezza e benessere, si ritrova a essere impraticabile non per eventi eccezionali, ma per l’incapacità ordinaria di riscaldare le aule e mantenere il tetto impermeabile.

lanzo

E mentre gli studenti stringono le braccia al petto, fuori si continua a parlare della grande operazione della serra idroponica: quella che dovrebbe diventare il fiore all’occhiello dell’indirizzo agrario, finanziata con oltre 416 mila euro dalla Strategia nazionale per le Aree Interne e dalla Città Metropolitana. Una struttura all’avanguardia, con fotovoltaico e laboratori moderni, progettata per offrire una formazione al passo con l’agricoltura del futuro. Peccato che, come denunciato nelle scorse settimane dalla consigliera Clara Marta, i lavori risultino fermi da mesi. Da febbraio, per la precisione. E il rischio, scriveva, è addirittura quello del recesso dell’impresa. La metafora si scrive da sola: si punta a coltivare il futuro in una serra idroponica nuova di zecca mentre, poco più in là, aule e corridoi fanno fatica a reggere le intemperie del presente.

La contraddizione è lampante. L’Albert è un istituto con una grande offerta formativa, dai licei ai professionali, dai corsi serali ai progetti digitali, dalle certificazioni informatiche agli scambi internazionali. Una scuola attiva, vivace, con studenti che si impegnano e docenti che lavorano ogni giorno per mantenere alto il livello. Ma tutto questo si scontra con un’infrastruttura che sembra vivere in un’altra epoca, incapace persino di garantire il calore necessario per affrontare le prime ore del mattino.

Nell’interrogazione si chiede formalmente come la Città Metropolitana intenda procedere per risolvere le criticità del tetto, per intervenire sulle infiltrazioni, per garantire che muffe e umidità non continuino a insinuarsi negli spazi frequentati da centinaia di ragazzi. Si chiede, in altre parole, un’assunzione di responsabilità che non può più essere rinviata.

Perché una scuola può avere tutti i progetti innovativi del mondo, può essere “aperta”, “digitale”, “connessa”, può ospitare Erasmus, laboratori, percorsi di eccellenza. Ma se al mattino gli studenti devono scegliere tra seguire le lezioni o proteggersi dal gelo, significa che qualcosa si è rotto molto prima dei termosifoni. E che ripararlo non è un’opzione: è un dovere.

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