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25 Novembre 2025 - 16:44
A San Mauro un flash mob sul Ponte Vecchio: “No alla violenza sulle donne”
Il Ponte Vecchio di San Mauro Torinese si è trasformato il 25 novembre in un luogo di testimonianza civile e di responsabilità collettiva. Un ponte tra generazioni, tra istituzioni e cittadini, tra memoria e futuro.
A riempirlo sono stati gli allievi e gli insegnanti delle scuole “Pellico” e “Dalla Chiesa”, protagonisti di un flash mob intenso ma composto, fatto di cartelli, frasi, colori e silenzi. Accanto a loro, la sindaca Giulia Guazzora e le istituzioni comunali, presenti non in modo formale, ma per ribadire un impegno istituzionale che non può esaurirsi nelle ricorrenze.
Il messaggio è chiaro: la violenza di genere non è un fatto privato, è una questione pubblica, e la comunità tutta deve farsene carico. I ragazzi hanno mostrato una consapevolezza che va oltre l’età anagrafica, ricordando che le giovani generazioni non rappresentano solo il futuro, ma il presente: un presente che chiede rispetto, ascolto e parità.
Accanto alle mani alzate e ai fogli colorati, però, pesa un’altra immagine: quella che emerge dai dati Istat pubblicati quest’anno. Una realtà che si fa ogni anno più nitida, più drammatica, più inaccettabile. Nel 2024 in Italia è stato commesso un femminicidio ogni tre giorni.
La cifra più crudele riguarda le 106 donne uccise, il 91,4% delle quali vittime di femminicidio. Un numero che non ha bisogno di interpretazioni: quasi tutte sono state uccise perché donne. La violenza di genere non è un’emergenza episodica: è un fenomeno strutturale, una radice profonda della società italiana, che resiste a leggi, protocolli, campagne e buone intenzioni.

Le statistiche mostrano anche chi uccide: la maggior parte degli autori è il partner o l’ex partner (62 casi), poi parenti stretti (37 episodi), e solo una minima parte riguarda sconosciuti. Ma anche nei casi in cui la vittima non conosceva l’aggressore, la modalità dell’omicidio è stata talmente brutale da confermare l’intento di annientamento: strangolamenti, soffocamenti, coltellate ripetute, percosse. Una violenza che supera il semplice “uccidere”: vuole cancellare l’identità della donna.
Il dato forse più ignorato riguarda le fasce d’età più colpite: sono le donne tra i 75 e gli 85 anni. È in quella zona fragile della vita che la violenza trova terreno fertile, spesso nell’ombra delle mura domestiche, lontano dallo sguardo sociale. Una verità che scardina lo stereotipo secondo cui la violenza appartenga solo alle relazioni giovani o alle crisi contemporanee.
A colpire è anche la crescita dell’incidenza: dall’82,1% del 2023 si è passati al 91,4% nel 2024. Una curva che sale nonostante campagne e strumenti di tutela, rivelando un paradosso doloroso: l’Italia approva leggi, ma non riesce a prevenire. La violenza cambia forma, aggira i controlli, anticipa le procedure. E mentre ci si interroga sui protocolli, molte donne vivono nel silenzio, perché denunciare a volte non basta, e altre volte non ci si sente ascoltate.
I centri antiviolenza, che ogni giorno raccolgono storie di paura e di coraggio, restano troppo pochi, troppo pieni, troppo sottofinanziati. La frammentazione delle risposte istituzionali è ancora una delle grandi criticità: in alcune zone del Paese le donne trovano reti solide, in altre restano isolate.
Nel contesto di questi numeri, il flash mob di San Mauro Torinese assume un significato che va ben oltre la performance simbolica. È un gesto che parla di comunità, di educazione, di responsabilità condivisa. È una risposta civile alla retorica dell’emergenza, un modo per dire che la cultura della violenza non si combatte solo nelle aule dei tribunali, ma nelle scuole, nelle famiglie, nelle piazze, nelle parole che scegliamo e in quelle che smettiamo di accettare.
Il 25 novembre non è un rito, non è una data da calendario. È un promemoria. Un’esortazione. E, alla luce dei dati Istat, un grido collettivo: non stiamo facendo abbastanza.
Oggi San Mauro ha voluto rispondere: con i ragazzi, con le insegnanti, con le istituzioni, con un ponte trasformato in piazza civile. Per ricordare — a se stessa e agli altri — che la violenza sulle donne non è un fatto “degli altri”, ma una frattura interna alla nostra società. Una frattura che spetta a tutti ricomporre.
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