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Maradona, quattro anni dopo: il saluto straziante del figlio nel giorno dell’anniversario della morte

Il figlio lo ricorda con un messaggio che è una richiesta d’amore, di presenza e di contatto

Maradona, quattro anni dopo

Maradona, quattro anni dopo: il saluto straziante di Diego Junior nel giorno dell’anniversario della morte

Quattro anni senza Diego Armando Maradona. Fa ancora strano leggere questa frase. Non ci si abitua. Chi lo ha amato, tifoso e non, ricorda esattamente dov'era il 25 novembre di quattro anni fa, quando ha appreso la notizia. Ricorda con lucidità la sensazione: come se fosse andato via uno di famiglia. Ma quelli come lui non se ne vanno davvero. D'altronde, basta fare un giro ai Quartieri Spagnoli di Napoli per capire che Diego è vivo più che mai. Lo è nei ricordi, nei racconti, nelle emozioni che non passano, nell'iconografia e pure nella simbologia.

Il 25 novembre è una data che per milioni di persone è diventata memoria, nostalgia, mito. Ma per chi lo ha amato nel modo più intimo e fragile possibile, per chi lo ha chiamato “papà”, è anche una ferita che non smette di pulsare. Lo ha raccontato oggi Diego Armando Maradona Junior, con un messaggio pubblicato su Instagram che ha immediatamente fatto il giro dei social, trasformandosi in uno dei ricordi più intensi dedicati al campione nel giorno del suo anniversario.

«L’aria papà è questa maledetta aria che manca, è quel maledetto respiro che resta sempre corto, è questa tristezza che non riesce più ad essere allegria e forse è solo questa maledetta vita che non è più la stessa», scrive. Parole che sembrano uscire da un respiro trattenuto troppo a lungo. Diego Junior racconta un’assenza che non si placa, un vuoto che non si riempie. «Avresti dovuto vedere Diego e India crescere, avresti dovuto prenderli in braccio più volte, abbracciarli e baciarli e sentire il loro odore». È un lamento che diventa preghiera, un elenco di gesti quotidiani che per lui non ci saranno più.

Poi arrivano le domande, quelle che ogni figlio si pone davanti a un padre perduto. «Dove sei? Con chi sei? Stai bene? Dove sei ci si può abbracciare? Ci si può toccare?». Domande semplici e devastanti, che scardinano ogni distanza mitologica: non parlano al calciatore, non parlano al numero 10, ma all’uomo che non c’è più. L’uomo che è stato amatissimo e discusso, geniale e fragile, idolatrato e ferito, e che nel suo ultimo giorno ha lasciato i figli senza risposte.

Il post prosegue con una richiesta quasi infantile eppure carica di maturità: «Se puoi vieni e stammi un po’ vicino, abbracciami, parlami! Ho voglia di cantare con te, di ballare con te. Dimmi che non manca molto per tutto questo». È un messaggio che sembra una canzone scritta tra pianto e memoria, tra devozione e dolore.

In Argentina come in Italia, e soprattutto a Napoli, oggi migliaia di persone hanno dedicato pensieri, foto, fiori, video, cori. Ma nulla è più potente del saluto di un figlio che non può dimenticare, che non può smettere di parlare a chi non risponde più. In questo 25 novembre, il ricordo di Maradona ha il volto della nostalgia, della mancanza, di quella promessa di amore che continua anche quando il tempo si ferma.

Per tutti è stato un campione. Per qualcuno, oggi più che mai, resta un padre che manca.

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