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24 Novembre 2025 - 22:35
Roberto Fico e Antonio Decaro
L’ultimo round delle regionali consegna un’Italia divisa e allo stesso tempo rivelatrice di nuovi equilibri. Ogni coalizione difende i propri territori, ma gli scossoni ci sono eccome. Il più clamoroso arriva dal Veneto, dove la Lega guidata dal consenso personale di Luca Zaia vola oltre il 36%, praticamente doppiando Fratelli d’Italia, ferma tra il 17 e il 18%, e staccando ancor più nettamente Forza Italia, attorno al 5-6%. Un risultato che ribalta completamente i rapporti interni al centrodestra, soprattutto se paragonato alle regionali del 2020, quando la Lega era al 9%, e alle europee del 2024, dove FdI aveva sfiorato il 38%.
Il centrodestra, complessivamente, in Veneto resta fortissimo, con circa 30 punti percentuali di vantaggio sugli avversari. Ma il campo largo cresce quasi del doppio rispetto a cinque anni fa e, soprattutto, consolida la sua forza al Sud, con la conquista di Campania e Puglia e un Partito Democratico primo partito della coalizione in entrambe le regioni.
Ed è proprio il Meridione a cambiare le prospettive sulle prossime politiche. L’analista Antonio Noto, autore di exit poll e proiezioni per la Rai, spiega che «con l’attuale legge elettorale, nel Meridione, potrebbero essere conquistati al 90% dal campo largo». Un dato che, secondo lui, spiega perché il centrodestra stia discutendo di una nuova legge. Dello stesso avviso Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend, che individua «una decina di collegi solo tra Puglia e Campania e una ventina in tutto il Sud» dove il centrodestra «non è detto che riuscirebbe a vincere» con le regole attuali. Una situazione che «vorrebbe dire non avere più la maggioranza a Palazzo Madama».
In Campania, Fratelli d’Italia è accreditata al 12-13%, tallonata da Forza Italia all’11% e davanti alla Lega, che si ferma intorno al 5%. I meloniani crescono rispetto al 6% del 2020 e includono nel dato anche la lista Cirielli, data tra il 5 e il 6%. La somma li riporta più o meno in linea con le ultime europee, quando toccarono il 19%.
In Puglia, FdI oscilla tra il 16 e il 17%, meglio delle precedenti regionali ma distante dal 27% delle europee. Forza Italia supera l’8% e precede la Lega, che si ferma intorno al 7%. Nel frattempo il Pd vola, raggiungendo il 26,6%, davanti alla lista “Decaro presidente”, sopra il 12%. Il M5s è terzo partito del campo largo con una forbice tra l’8 e il 9%, più basso del 2020 e lontano dal 14,1% delle europee. Avs, trainata dalla figura di Nichi Vendola, lotta per entrare in consiglio regionale dopo essere rimasta fuori cinque anni fa.
Anche in Campania i dem si confermano primi, attorno al 18%, superando nettamente il M5s che, pur esprimendo il nuovo presidente, non va oltre il 10%. La lista Fico vale più del 5%. Risultati alti anche per la lista A testa alta, collegata a Vincenzo De Luca e data all’8%, segnale che l’ex governatore mantiene un peso politico rilevante in Consiglio.
Il dato più basso dei pentastellati arriva dal Veneto: meno del 3%, quasi due punti sotto Avs. Una performance che conferma un trend strutturale e apre interrogativi sulla presenza territoriale del Movimento.
Su tutto pesa un fattore cruciale: l’astensionismo. Nessuna delle tre regioni ha superato il 50% di affluenza e le perdite di partecipazione oscillano tra gli 11 e i 16 punti percentuali. Secondo gli analisti è evaporato il “voto di opinione”, mentre ha retto quello organizzato sulle preferenze. È in questo contesto che Alberto Stefani in Veneto, Roberto Fico in Campania e Antonio Decaro in Puglia hanno vinto con margini più ampi dei loro predecessori (Zaia, De Luca, Emiliano). Elementi che, combinati, ridisegnano la geografia politica e danno nuovo peso al campo largo, soprattutto a Sud.
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