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Ultima sfida del 2025: sette regioni al voto tra leader divisi e poli in tensione

Undici milioni di italiani chiamati alle urne tra Veneto, Campania e Puglia, mentre esplodono rese dei conti interne e ambizioni nazionali

Ultima sfida del 2025: sette regioni al voto tra leader divisi e poli in tensione

regionali Piemonte

Circa undici milioni e mezzo di elettori si preparano a tornare alle urne domenica e lunedì per eleggere i nuovi governatori di Veneto, Campania e Puglia e rinnovare i rispettivi Consigli regionali. Con questo appuntamento si chiude una lunghissima tornata elettorale iniziata a settembre, che ha già coinvolto Marche e Valle d’Aosta il 28 settembre, la Calabria il 5 ottobre e la Toscana il 12 ottobre. Solo lunedì alle 15, con la chiusura delle urne, sarà possibile tracciare un bilancio dello scontro tra blocchi politici, ma anche delle tensioni interne che stanno attraversando entrambi gli schieramenti.

Tra i protagonisti di questa fase finale ci sono due figure simboliche: Luca Zaia in Veneto e Vincenzo De Luca in Campania. Entrambi hanno inseguito senza successo l’ipotesi di un terzo mandato, bloccato prima dal confronto politico e poi dalla decisione della Corte costituzionale. Ma le similitudini finiscono qui, perché i percorsi dei due ex governatori hanno preso strade molto diverse.

In Veneto, Zaia non è riuscito a convincere la sua stessa forza politica, la Lega, né gli alleati del centrodestra, sulla possibilità di presentare una propria lista autonoma. Alla fine si è candidato sotto il simbolo del Carroccio. Il suo risultato personale, come osservano alcuni settori del partito, potrebbe però avere effetti nazionali: un exploit di preferenze lo proietterebbe come figura di primo piano anche oltre i confini regionali, mentre al tempo stesso contribuirebbe a rafforzare la competizione interna con Fratelli d’Italia per il primato elettorale. Un duello che in Veneto potrebbe diventare decisivo in vista delle regionali lombarde.

In Campania, al contrario, De Luca non sarà in lizza, ma la lista “A testa alta” richiama esplicitamente la sua esperienza amministrativa. Il confronto interno al centrosinistra si annuncia acceso: la presenza della lista del presidente uscente si intreccia con quella del Pd di Elly Schlein, ma anche con la figura del figlio Piero De Luca, segretario regionale dei Democratici. Una performance molto forte della lista riconducibile all’ex governatore aprirebbe inevitabilmente la strada a un suo nuovo ruolo politico all’interno e all’esterno del partito.

Ma in Campania il testa a testa principale resta quello tra Roberto Fico per l’alleanza progressista e Edmondo Cirielli per il centrodestra. La “remontada” evocata dagli ambienti meloniani è diventata una parola ricorrente nelle ultime ore prima del voto, tanto che alcuni esponenti di Fratelli d’Italia – tra cui Sergio Rastrelli, Domenico Matera, Marco Cerreto e Marta Schifone – hanno violato il silenzio elettorale attaccando Fico sul caso del posto barca nel porto militare di Nisida. Un affondo che ha provocato la reazione furiosa dei 5 Stelle. «L’arroganza del potere si pone contro ogni regola e ogni principio… chiediamo che le autorità competenti intervengano immediatamente», ha tuonato Michele Gubitosa, denunciando l’irregolarità della sortita meloniana a urne praticamente aperte.

Se in Campania il centrosinistra appare convinto di mantenere la guida della Regione — forte di un campo larghissimo che unisce moderati e M5s — altrettanto forte è la sicurezza mostrata in Puglia, dove la successione a Michele Emiliano si gioca principalmente tra Antonio Decaro, ex sindaco di Bari e recordman di preferenze alle ultime europee, e Luigi Lobuono. Proprio Decaro, secondo una parte del Pd riformista, potrebbe diventare un riferimento della loro area interna nel caso di un risultato travolgente.

In Veneto, invece, la sfida formale è quella tra Alberto Stefani, candidato del centrodestra, e Giovanni Manildo per il centrosinistra. Ma anche qui il vero terreno di osservazione sarà un altro: il rapporto di forza tra FdI e Lega, perché un nuovo primato di Fratelli d’Italia darebbe al partito di Giorgia Meloni un argomento in più per rivendicare la futura candidatura alla guida della Lombardia, la regione più popolosa del Paese.

Con il voto in Veneto, Campania e Puglia si chiuderà dunque la faticosa stagione elettorale del 2025, una contesa che ha coinvolto sette regioni e che in Valle d’Aosta, come sempre, non prevede l’elezione diretta del Presidente. Il dato finale non sarà misurato solo sul numero di amministrazioni conquistate dai due poli, ma anche sul volume complessivo dei voti. Il centrosinistra ha già iniziato a costruire la propria narrazione, affermando di essere certo che la nuova coalizione progressista voluta da Elly Schlein sarà premiata dagli elettori. Una strategia definita “testardamente unitaria”, persino a costo di cedere ai 5 Stelle la candidatura in Campania.

Se i numeri confermeranno questa lettura, avvertono alcuni settori del Pd, Schlein potrebbe presentarsi alle elezioni politiche del 2027 con un capitale politico rafforzato. Ma lo spettro dell’astensionismo incombe su entrambi gli schieramenti, e nessuno può considerarsi già uscito vincitore. Solo lunedì pomeriggio, con le urne finalmente chiuse, sarà possibile capire se questa lunghissima tornata elettorale avrà davvero consegnato un nuovo equilibrio politico al Paese o se avrà solo riacceso, ancora una volta, tensioni e fratture che attraversano da mesi le due principali coalizioni italiane.

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