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Diplomazia dell’export: l’Italia punta su nuovi mercati, Tajani rilancia da Torino

Obiettivo 700 miliardi entro il 2027, ambasciate hub per l’internazionalizzazione, focus su Arabia Saudita, India, Emirati, Mercosur

Il Ministro Antonio Tajani

Il Ministro Antonio Tajani

Da Torino a Riad passando per Nuova Delhi: l’Italia rilancia la sua diplomazia economica mentre i dazi incrociati ridisegnano le rotte del commercio globale. Antonio Tajani, ministro degli Esteri con delega al Commercio Estero, sceglie una platea di imprenditori per tracciare la rotta: diversificare i mercati, spingere l’export oltre i confini tradizionali e trasformare la rete delle ambasciate in un volano per le imprese. Un messaggio chiaro, sostenuto da obiettivi misurabili e da un’agenda di viaggi che segnala ambizione e urgenza.

Lunedì Tajani sarà in Arabia Saudita, dove nel 2026 approderà il Salone del Mobile di Milano: un simbolo del soft power italiano che incontra un mercato in forte espansione. A seguire India, Emirati Arabi, l’Estremo Oriente e il Mercosur sudamericano. È il perimetro della nuova geografia commerciale che Roma intende presidiare, allargando lo sguardo verso nazioni finora meno frequentate.

“La politica estera è politica economica”: la sintesi del ministro, intervenuto a Torino ai primi Stati generali del commercio internazionale organizzati da Forza Italia, fotografa una linea d’azione che intreccia diplomazia e competitività. L’obiettivo è tanto semplice da enunciare quanto impegnativo da raggiungere: rafforzare la proiezione del sistema Paese in mercati dove la competizione è elevata ma i margini di crescita restano significativi.

I numeri fanno da bussola: l’export vale già il 40% del Pil italiano. La soglia indicata da Tajani è 700 miliardi di euro entro il 2027. Per avvicinarla non basterà l’inerzia: serviranno apertura di canali, rimozione di ostacoli e un presidio continuo sui dossier commerciali, soprattutto in una fase segnata da misure tariffarie incrociate che possono rallentare o deviare i flussi.

Dal prossimo gennaio le ambasciate “diventeranno anche piattaforme per l’internazionalizzazione”. È una svolta organizzativa che punta a unire rappresentanza politica e servizio alle imprese. Se sostenuta da risorse adeguate e da un coordinamento stretto con il tessuto produttivo, può tradursi in sportelli di prossimità per l’export, utili soprattutto alle Pmi. La sfida sarà trasformare l’annuncio in prassi quotidiana: semplificazione, intelligence commerciale, sostegno su standard e gare, gestione dei rischi in mercati complessi.

Il segnale è stato accolto con favore da chi compete già su scala globale. Argotec, attiva nell’aerospazio e guidata da David Avino, incarna la frontiera tecnologica dove la competizione è mondiale e il supporto istituzionale fa la differenza. Basicnet, che con l’acquisizione del marchio Woolrich ha ampliato il perimetro internazionale, per voce del fondatore Marco Boglione richiama la necessità di guardare a “tutto il mondo” e ribadisce che il cuore del gruppo resterà a Torino. Un equilibrio tra radicamento territoriale e ambizione globale che rafforza la “nuova credibilità internazionale” evocata dagli imprenditori.

La diversificazione verso Arabia Saudita, India, Emirati, Estremo Oriente e Mercosur riduce la dipendenza da pochi sbocchi tradizionali e può attenuare l’impatto dei dazi incrociati. Ma richiede un’azione coerente su tre piani: difesa dell’accesso ai mercati, promozione dei settori di punta (dal design all’aerospazio) e tutela degli interessi industriali italiani nelle negoziazioni multilaterali e bilaterali. La mossa sul Salone del Mobile di Milano in Arabia Saudita per il 2026 è un esempio di diplomazia economico-culturale che rafforza il brand Italia e apre corsie preferenziali per filiere ad alto valore aggiunto.

Se l’export è il 40% del Pil, la politica estera non può che farsi politica industriale. Il calendario di missioni, la riforma operativa delle ambasciate e il coinvolgimento diretto delle imprese raccontano un approccio pragmatico. Il traguardo dei 700 miliardi al 2027 misura l’efficacia di questa strategia. A Roma spetta garantire continuità e strumenti; ai campioni nazionali – grandi e piccoli – cogliere la finestra di opportunità, trasformando contatti in contratti e presenza in posizionamento.

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