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Monopattini in sosta selvaggia a Porta Palazzo, oltre 8mila multe

Dati in crescita, tecnologie sottoutilizzate e spazi poco leggibili: la città divisa tra comodità del mezzo e frustrazione dei pedoni

Monopattini in sosta selvaggia a Porta Palazzo, oltre 8mila multe

Monopattini in sosta selvaggia a Porta Palazzo, oltre 8mila multe (immagine di repertorio)

Alle dieci del mattino, a Porta Palazzo, la scena è sempre la stessa: due monopattini in sharing lasciati di traverso appena oltre le strisce, a pochi passi dai banchi del mercato. È un frammento di quotidianità che racconta molto più del semplice gesto di chi abbandona un mezzo dove capita. Da una parte la promessa di un trasporto rapido e leggero, dall’altra l’irritazione di pedoni e residenti che si trovano un ostacolo in più sul percorso. In mezzo resta Torino, una città che prova a governare una mobilità nuova con strumenti vecchi, cercando un equilibrio tra innovazione, rispetto delle regole e vivibilità degli spazi.

Dall’inizio dell’anno, le sanzioni elevate a carico di monopattini e bici elettriche hanno superato quota ottomila. Un numero che fotografa un fenomeno ormai strutturale: guida contromano, due persone sullo stesso mezzo, mancato uso del casco — diventato obbligatorio dopo la riforma del Codice della strada — ma soprattutto il parcheggio scorretto. Circa il 70% dei verbali riguarda proprio la sosta fuori dagli spazi consentiti, con oltre cinquemila multe da una sessantina di euro se pagate entro cinque giorni. È su questo punto che si concentra il nervo scoperto della città: il disordine della sosta, percepito come una ferita alla convivenza urbana.

Il dibattito si muove lungo due linee che si incrociano e spesso si confondono. Da un lato c’è la responsabilità degli utenti, troppo spesso pronti a lasciare i monopattini ovunque capiti. Dall’altro c’è un problema infrastrutturale: gli operatori del sharing sostengono che gli stalli siano pochi e mal distribuiti. Il Comune risponde con i numeri: più di 200 aree di parcheggio sono già state predisposte negli spazi pedonali della città. Eppure la convivenza resta fragile. La distanza tra le zone ad alta domanda e gli spazi autorizzati è ancora evidente, e a questo si aggiunge un terzo elemento che i tecnici definiscono decisivo: la rapidità dei controlli e la certezza della sanzione, l’unico modo per scoraggiare davvero comportamenti scorretti.

La tecnologia, intanto, potrebbe già fare molto. La geolocalizzazione consente di abilitare la chiusura della corsa solo nelle aree consentite, la verifica fotografica obbligatoria permette di controllare il parcheggio, le penalità automatiche disincentivano gli abusi. Ma tutto ciò, per funzionare, richiede una collaborazione stretta tra Comune e operatori, insieme a una mappatura chiara e aggiornata degli stalli. Senza questa regia unica, le soluzioni tecnologiche restano un potenziale inespresso, mentre i marciapiedi continuano a trasformarsi in parcheggi improvvisati.

La domanda centrale è una: come rendere lo spazio urbano più leggibile? La segnaletica dedicata dovrebbe essere più visibile, gli stalli fisicamente delimitati nelle zone più affollate — come i mercati, le scuole, gli snodi del trasporto pubblico — e le informazioni sulle app dovrebbero corrispondere con precisione a ciò che gli utenti trovano per strada. Se il parcheggio corretto è vicino, riconoscibile e comodo, diventa più semplice scegliere la regola rispetto alla scorciatoia.

In questa storia c’è anche la voce dei consumatori, rappresentata da figure come Mario Gatto, presidente di Globoconsumatori, che richiama un principio spesso dimenticato: una mobilità sostenibile è davvero tale solo se non scarica su pedoni e residenti il costo dell’inciviltà quotidiana. Per chi cammina a Torino, soprattutto nei quartieri più densamente popolati, la priorità resta la sicurezza dei percorsi e la fluidità del passaggio. Non è una guerra ai monopattini, ma una richiesta di equilibrio.

La fotografia di Porta Palazzo non è un aneddoto, ma un indicatore. Le oltre ottomila sanzioni lo confermano, così come la tensione crescente tra libertà del mezzo e ordine dello spazio pubblico. Gli strumenti ci sono: tecnologia, aree di sosta, controlli. Quel che serve è un passo oltre, che coinvolga tutti. Utenti più attenti, operatori più rigorosi, amministrazione più chiara e presente. Solo così i monopattini potranno continuare a essere alleati della mobilità urbana, senza trasformarsi nell’ennesimo sintomo di un disordine che Torino non è più disposta a tollerare.

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