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L’Italia del volo punta a chiudere l’anno con 285 milioni di passeggeri: per Enac il sistema cresce

Roma e Milano restano centrali, ma Venezia, il Sud e le isole stanno accelerando

Sciopero aerei

Sciopero aerei

Il sistema aeroportuale italiano si prepara a chiudere l’anno con un nuovo record: 285 milioni di passeggeri, pari a una crescita del 5% rispetto ai dodici mesi precedenti. Un numero che restituisce la fotografia di un Paese tornato a volare con continuità e che, secondo l’Enac, sta attraversando una fase di consolidamento e trasformazione che non ha precedenti nel passato recente.

A dirlo è il direttore generale Alexander D’Orsogna, intervenuto durante un convegno all’Università di Milano-Bicocca. Davanti a studenti, docenti e operatori del settore, ha tracciato una mappa chiara delle potenzialità e delle criticità del sistema italiano, individuando nel 2024-2025 un passaggio chiave per l’evoluzione del comparto del trasporto aereo. «Il nostro sistema aeroportuale ha tantissime opportunità di sviluppo ulteriore. Il trasporto aereo genera numeri importanti, con una crescita del 5% a 285 milioni di passeggeri», ha spiegato il dirigente, sottolineando come il traffico sia tornato su livelli pre-pandemici con una rapidità che pochi avrebbero immaginato.

Uno dei dati più rilevanti riguarda la distribuzione dei flussi. «Di questi 285 milioni di passeggeri, la metà circa sono concentrati nei sistemi aeroportuali di Roma e di Milano», spiega D’Orsogna. I due grandi poli – Fiumicino-Ciampino e Malpensa-Linate-Bergamo – restano il cuore della connettività italiana, l’hub naturale da cui passa ogni anno la maggior parte dei movimenti nazionali e internazionali. Una concentrazione da tempo nota, ma che oggi si accompagna a un fenomeno nuovo: il rafforzamento rapido di altri sistemi, spesso collegati a regioni che negli ultimi anni hanno investito molto in infrastrutture, attrattività turistica e logistica.

«Stanno crescendo altri sistemi: Venezia, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna», sottolinea il direttore generale. È una crescita che, letta nel suo complesso, racconta una geografia diversa, molto più articolata, che sposta una parte dei flussi dai grandi hub verso aeroporti regionali capaci di intercettare domanda turistica, esigenze di mobilità e nuove rotte introdotte dalle compagnie low-cost.

D’Orsogna ha dedicato un passaggio specifico alla struttura aeroportuale del Nord Italia, da sempre oggetto di dibattito per l’elevato numero di scali. «Nel Nord c’è un aeroporto ogni 50 chilometri medi. Questo nel passato è stato un elemento di criticità, ma è diventato un elemento di crescita», osserva. Una frase che fotografa bene il cambio di paradigma: quella che per anni è stata considerata una frammentazione disfunzionale, oggi è percepita come una rete capillare capace di sostenere un turismo diffuso, collegare aree periferiche e alimentare un sistema più flessibile rispetto ai modelli aeroportuali altamente centralizzati.

All’interno di questo scenario, il ruolo dei piccoli aeroporti assume un significato tutto nuovo. «Ci sono tanti piccoli aeroporti che hanno una logica più locale, ma che indubbiamente configurano un modello di business diverso», spiega D’Orsogna. Non sono in competizione diretta con gli hub maggiori, ma si rivolgono a un bacino meno ampio, intercettando mobilità regionale, rotte stagionali e nicchie di mercato che i colossi non possono o non vogliono coprire. Il loro contributo complessivo, seppur numericamente più contenuto, diventa parte integrante della rete nazionale.

La fotografia italiana, sottolinea il direttore generale, si avvicina per certi versi al modello spagnolo, tra i pochi in Europa ad avere un’articolazione geografica simile. Molto diversi invece i sistemi francese, tedesco e britannico, dove la presenza di grandi hub centrali – Parigi, Francoforte, Monaco, Londra Heathrow e Gatwick – determina una concentrazione molto più rigida dei flussi.

Proprio questa differenza è considerata da Enac uno degli elementi di competitività del modello italiano, meno gerarchico e più distribuito. Un sistema ancora perfettibile, che richiede investimenti in qualità, capacità infrastrutturale e sostenibilità ambientale, ma che oggi si muove su un terreno di numeri solidi e prospettive incoraggianti.

Alla Bicocca, D’Orsogna ha voluto ribadire che l’Italia si trova “dentro” un ciclo positivo e che il settore è chiamato a guardare avanti con fiducia: crescita dei flussi, pluralità di modelli aeroportuali, aree periferiche sempre più collegate e un mercato che mostra segnali di robustezza anche fuori dai tradizionali poli di Roma e Milano.

Un quadro che, se confermato nei prossimi mesi, potrebbe ridisegnare gli equilibri geografici del traffico aereo nazionale, rendendo l’Italia un caso particolare nel panorama europeo: non un sistema centrato su un’unica capitale del volo, ma una rete di aeroporti diversi per dimensioni, vocazioni e potenzialità, capaci insieme di generare un volume di passeggeri mai raggiunto prima.

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