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17 Novembre 2025 - 10:32
Appello di Torino per Gaza alla CGIL: aderite allo sciopero del 28 novembre
Abbiamo ricevuto l’appello di Torino per Gaza rivolto alla CGIL, un documento articolato che interviene nel dibattito sindacale di queste settimane. Riteniamo utile renderlo disponibile ai lettori affinché ciascuno possa valutarne autonomamente le argomentazioni e il contesto in cui nasce. Il confronto pubblico, soprattutto su temi che coinvolgono il lavoro e la partecipazione civile, resta uno spazio da preservare.
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Riceviamo e pubblichiamo
Ci rivolgiamo al gruppo dirigente CGIL e ai ben oltre 5 milioni di lavoratrici e lavoratori iscritti, a nome di Torino per Gaza, un coordinamento cittadino che da tre anni lavora instancabilmente nella città/capitale storica del movimento operaio e democratico, per mantenere alta l’attenzione sul massacro in corso in Palestina. L’esperienza degli ultimi mesi ci induce a un bilancio e a una proposta.
L’ultima mobilitazione nazionale (3 ottobre) lanciata da diverse sigle sindacali di base e pregevolmente raccolta da CGIL, ha dimostrato una forza eccezionale, un battito di vita impensabile nel lungo purgatorio del riflusso degli ultimi decenni: ha portato in piazza oltre due milioni di persone da nord a sud. Questo dato non è solo statistica, è la lampante espressione d’un malessere sociale profondo e di una larga domanda di alternativa politica che non può essere ignorata.
Il massacro del popolo palestinese continua. L’imperialismo occidentale punta a spianare un intero popolo per ricostruire aree a uso speculativo e “resort”, oscenità coloniale mai tanto sfacciatamente esibita come invece consentono rapporti di forza ancora svantaggiosi per noi oggi. La Palestina è, ogni giorno, teatro dello sterminio o della diaspora di tutto un popolo in nome del profitto.
In Italia, nel frattempo, l’economia di guerra finanziata dal governo Meloni continua ad acuire il divario reddituale, determinando l’impoverimento materiale e intellettuale della stragrande parte della società. La Finanziaria condanna a un ulteriore declassamento circa 20 milioni di salariati. Si inscrivevano già in questo solco le ultime misure securitarie antisciopero e antidemocratiche del governo, che non si fa scrupoli nell’ostentare la sua fascistoide vocazione antisindacale (Piantedosi che addita i picchetti sindacali quale motivo di turbamento dell’ordine; l’ordine schiavistico, aspirazione dell’esecutivo più reazionario della storia repubblicana). È la “sicurezza” degli sfruttatori.
La via della convergenza è stata inaugurata il 3 ottobre.
Come dimostrano le tante firme, in larga misura di iscritti alla stessa CGIL, raccolte dall’appello in proposito
(https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdJFUZ7UxHhdc_GrtuoNauY8GiCVQui0MwGk11rf7NPB_pfQ/viewform),
è imperativo convergere nuovamente in un unico, grande sciopero nazionale. Le stesse organizzazioni che hanno indetto lo sciopero generale del 3 ottobre lavorano già in questi giorni alla costruzione di un secondo sciopero generale per la giornata del 28 novembre.
Lo sciopero che CGIL ha in agenda per il 12 dicembre è di grande importanza e non mancheremo certo noi di dare l’adesione e collaborare alla sua costruzione. Ma le istanze di tale sciopero si profilano molto puntualmente, avendo segnatamente a bersaglio la Legge di Bilancio, già varata dal governo e in discussione in parlamento.
Lo sciopero del 28 novembre vuole invece avere un respiro politico più ampio, includendo la condanna della Manovra all’interno di una lotta contro l’economia di guerra, di cui il Ddl Bilancio è il prodotto, e principalmente contro l’ininterrotto genocidio in Palestina.
Dentro lo sciopero del 28/11 sono state inserite anche le ragioni dello sciopero del 12/12. Meno evidente appare il contrario.
Con questa lettera aperta, chiediamo a tutti gli associati della CGIL un gesto di profonda responsabilità etica e serietà politica. È il momento di superare le divisioni speciose e deleterie che troppo spesso hanno frammentato e di conseguenza indebolito una possibile controffensiva sociale di massa.
Abbiamo un obiettivo comune: l’arresto della macchina da guerra e il rifiuto di politiche economiche che finanziano la guerra, a scapito dei diritti, dei salari, del welfare.
Col suo potere mobilitativo, dato dal volume dei suoi iscritti, la CGIL ha la possibilità di imprimere una svolta decisiva.
Unendosi allo sciopero generale, dimostrerà a tutta se stessa e al Paese la forza ineluttabile dell’unità e l’utilità concreta dell’organizzazione in un momento storico in cui il dilagare della passività sociale, prodotto di direzioni politiche contrarie agli interessi delle fasce subalterne, finisce per nuocere a tutti (vedi esito del Referendum su Lavoro e Cittadinanza).

Solo un’azione unitaria può fronteggiare la dinamica di spoliticizzazione e atomizzazione generale che giova unicamente alle classi dominanti. La mobilitazione civile degli ultimi anni ha minacciato da vicino il cuore di questo sistema, di cui il governo postfascista è solo l’ultimo e più truce custode: il profitto dei capitalisti. Solo l’inquietudine per questa mobilitazione di massa, a un passo dall’esplodere in una grande lotta di classe, cioè in quella vertenza nazionale unificata che tutti i governi della borghesia alimentano da anni, ha costretto Meloni a parlare delle “esagerazioni” di Israele. È un segnale di debolezza, il trapelamento di una paura. È ancora possibile sfruttare il momento per un cambio dei rapporti di forza. Non possiamo permetterci di trasmettere al governo il segnale di un arretramento del movimento, con due scioperi separati che risultino più deboli di quello del 3! Ne approfitterebbe. Gli ultimi episodi di repressione a Napoli, a Milano, a Torino contro Tajani preannunciano il recupero in grande stile del securitarismo che per il momento solo la discesa in campo di grandi masse ha inibito. Dobbiamo resistere, dobbiamo rilanciare!
Invertire la tendenza - nazionale e globale - si può! A Roma, il 3 ottobre, abbiamo toccato con mano la possibilità del cambiamento. In un momento cruciale come quello in corso, gioca un ruolo specularmente cruciale la più grande organizzazione dei lavoratori del Paese. La storia che ci aspetta ne chiederà ragione. E non farà sconti.
Lavoratori e lavoratrici, studenti precari, giovani disoccupati e anziani privati del diritto a pensioni e sanità, tutte le organizzazioni sindacali, politiche, associative, culturali, di movimento che compongono questo prezioso e tenace laboratorio politico, sociale e culturale che è Torino per Gaza, chiediamo alla CGIL di agire come il movimento operaio di Torino ha fatto nelle sue migliori pagine di storia: praticando l’unità!
La classe lavoratrice è forte solo se unita. Chiedendo di agire per l’unità della classe, Torino per Gaza chiede alla CGIL di agire per tornare a restituire forza alla grande parte di società che rappresenta. Negare la riacquisizione di questa forza sarebbe assurdo!
Le tenebre non sono ineluttabili. Possiamo tornare a fendere le nebbie mortuarie che soffocano le nostre vite e a respirare il sole di un avvenire vero.
Fiduciosa, Torino per Gaza aspetta il Vostro segnale di responsabilità.
Nella lotta, nell’unità,
il coordinamento cittadino Torino per Gaza
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