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Torino sotto pressione nel “No Meloni Day”: cortei, scontri e binari occupati, la condanna della politica

Dai fumogeni ai binari invasi fino alle accuse di eversione: nella città 1300 studenti tra Fridays for Future e collettivi, mentre la politica regionale insorge

Torino sotto pressione nel “No Meloni Day”: cortei, scontri e binari occupati, la condanna della politica

Torino sotto pressione nel “No Meloni Day”: cortei, scontri e binari occupati, la condanna della politica

Torino ha conosciuto un’altra mattinata di protesta ad alta tensione. Il “No Meloni Day”, convocato oggi da collettivi studenteschi, movimenti universitari e Fridays for Future, ha portato in strada oltre 1300 studenti, radunati dalle 9.30 in piazza XVIII Dicembre. Una mobilitazione che intreccia il diritto allo studio con la denuncia delle politiche di riarmo, il sostegno alla Palestina, la critica al governo Meloni e le richieste di giustizia climatica. Ma la piazza si è trasformata presto in un terreno instabile, segnato da episodi, tensioni e reazioni politiche che continuano a rimbalzare da ore.

Il corteo ha preso forma su due fronti distinti: da un lato i Fridays for Future, dall’altro i collettivi delle scuole superiori. Le parole d’ordine rimangono le stesse che da mesi animano il fronte studentesco: borse di studio, alloggi universitari, finanziamenti per la scuola pubblica, rifiuto delle politiche belliche e un forte riferimento al conflitto in Medio Oriente. Il percorso ha attraversato corso Castelfidardo, corso Bolzano, l’area delle OGR, corso Vittorio Emanuele II, via dell’Arsenale, via Pietro Micca, via Cernaia, per poi chiudersi nuovamente in piazza XVIII Dicembre, sotto la sede del grattacielo Intesa Sanpaolo.

Già in tarda mattinata, i primi segnali della giornata: davanti alla sede territoriale del Ministero dell’Istruzione in corso Vittorio Emanuele, un gruppo di studenti ha bruciato cartelli contro la guerra. Poco dopo, vicino alle OGR, sono comparse scritte contro la premier Giorgia Meloni, a conferma di un clima nervoso e di un linguaggio di piazza sempre più diretto.

La tensione più alta è esplosa però in via Sacchi, sul lato della stazione Porta Nuova, quando un gruppo di manifestanti riconducibili all’area antagonista ha tentato di forzare un accesso laterale per raggiungere i binari. Le immagini raccontano fumogeni, lancio di petardi e oggetti verso gli agenti, spintoni, urla e una spinta collettiva contro il cancello. Il cordone delle forze dell’ordine ha retto, ma una trentina di ragazzi è comunque riuscita a raggiungere i binari, provocando l’interruzione immediata del traffico ferroviario. Per quasi venti minuti tutto si è fermato, mentre venivano effettuate verifiche per escludere la presenza di persone sulle linee. Le ricadute sui convogli hanno superato la ventina di treni soppressi. Solo dopo la bonifica, la circolazione è ripartita lentamente.

Quando il corteo ha ripreso la sua marcia, nuovi momenti critici si sono verificati davanti alla sede della Città Metropolitana in corso Inghilterra. Un gruppo di studenti ha lanciato uova e oggetti contro la facciata e contro gli agenti schierati all’ingresso. Alcuni manifestanti sono riusciti a entrare per pochi metri dalla porta carraia di via Cavalli, prima di essere respinti. In questa fase sono stati fermati due ragazzi, poi identificati e rilasciati. Secondo gli organizzatori, ci sarebbero «alcuni studenti feriti» tra i partecipanti.

La giornata lascia tracce evidenti: otto agenti dei reparti mobili sono rimasti feriti, colpiti anche da un tombino lanciato durante gli scontri a Porta Nuova. All’interno della Città Metropolitana, uno studente ha aperto un estintore e lo ha poi scagliato contro gli agenti. Solo nel primo pomeriggio la situazione è tornata alla calma e la manifestazione si è sciolta.

Il quadro che emerge è quello di una città attraversata da una tensione che non nasce oggi. Il No Meloni Day del 2024 aveva portato agli scontri più duri degli ultimi anni: un fantoccio raffigurante il ministro Valditara bruciato, immagini di leader politici ricoperte di vernice rossa, l’occupazione simbolica del Museo del Cinema, la sostituzione della bandiera italiana con quella palestinese, e attacchi contro fast-food accusati di supportare Israele. Quel precedente pesa enormemente su ogni scelta della Questura, che oggi ha presidiato in modo capillare Prefettura, università, campus del Politecnico, zone sensibili e punti di possibile frizione.

La politica regionale, intanto, si è spaccata lungo linee nette. Alessandra Binzoni, vice-capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, parla di «una minoranza di ignoranti e violenti» e sostiene che «Torino è stata ancora una volta ostaggio di studenti che protestano senza sapere nemmeno per cosa». Per Binzoni non si è trattato di una manifestazione con contenuti politici: «Un minestrone di slogan vuoti e superficiali», dice, denunciando «il solito copione degli scontri con la polizia» e rivendicando piena solidarietà agli agenti.

Durissima anche la nota di Roberto Rosso e Marco Fontana di Forza Italia: «La causa Pro Pal ieri, quella ambientalista l’altro ieri, erano solo scuse per coprire una natura eversiva». I due parlano di «stupro di parole come pace, libertà e diritti» da parte dei manifestanti e condannano «chi tenta di assaltare stazioni e paralizzare una città», esprimendo «solidarietà al Governo e alla Presidente Meloni».

In serata ha fatto discutere anche il post social dell’assessora rivarolese Alessia Cuffica, che definisce i manifestanti «professionisti del disordine» e accusa gli studenti di scambiare «la città per un parco giochi». Secondo Cuffica, «questi ragazzi non vogliono aprire un libro, ma bloccare treni, creare caos e mettere a rischio la sicurezza di tutti», rivendicando la propria vicinanza alle forze dell’ordine e chiedendo «fermezza, non indulgenza».

La risposta degli studenti, invece, insiste sulla natura politica della mobilitazione, intrecciando Palestina, clima e diritto allo studio. Il messaggio ripetuto dal microfono in piazza XVIII Dicembre è stato chiaro: «Le scuole sanno da che parte stare». Tra le rivendicazioni, anche l’appello per la liberazione di uno dei fermati: «La polizia non sopporta quello che abbiamo fatto questa mattina», hanno detto dal camion. La mobilitazione continuerà nei prossimi giorni, con assemblee e ulteriori iniziative in vista del 29 novembre, data già indicata come prossimo appuntamento nazionale contro il governo.

Torino conferma così un ruolo centrale nella geografia delle proteste italiane. Una città che nelle ultime stagioni ha visto cortei contro la guerra, presidi contro l’azienda Leonardo Spa, occupazioni studentesche, contestazioni al Politecnico e flash-mob sulle linee GTT. Il “No Meloni Day” del 2025 si inserisce in questo ciclo continuo, senza alcuna intenzione di fermarsi. Resta da capire se la piazza riuscirà, nelle prossime settimane, a mantenere una protesta politicamente incisiva senza scivolare ancora una volta verso lo scontro.

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