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“Stanza del buco” a Torino: scatta l’interpellanza di FdI, mentre il progetto divide il centrosinistra

La proposta di aprire uno spazio di consumo assistito genera forte tensione nei quartieri di Torino, con Fratelli d’Italia all’attacco e la Circoscrizione 7 che la rilancia

“Stanza del buco” a Torino: scatta l’interpellanza di FdI, mentre il progetto divide il centrosinistra

“Stanza del buco” a Torino: scatta l’interpellanza di FdI, mentre il progetto divide il centrosinistra

La discussione sulla stanza del consumo assistito, già sollevata nel 2023 e mai davvero sopita, è riesplosa con forza a Torino, riportando al centro il tema della gestione del deterioramento urbano, delle dipendenze, della sicurezza e del ruolo delle istituzioni nei quartieri più fragili. La nuova miccia è stata la decisione della Circoscrizione 7 di rilanciare un’iniziativa per creare uno spazio dedicato alla riduzione del danno, con l’ipotesi – riemersa con insistenza – di collocare la struttura nell’area dell’Amedeo di Savoia, in corso Svizzera, territorio della Circoscrizione 4.

È bastato questo per riaprire un fronte politico che sembrava chiuso. E a guidare il contrattacco è Raffaele Marascio, capogruppo di Fratelli d’Italia in Circoscrizione 4, che ha presentato un’interpellanza al sindaco Stefano Lo Russo chiedendo chiarimenti immediati. Marascio parla senza giri di parole: «Una follia ideologica», «spazi dove drogarsi in sicurezza», «un colpo mortale ai quartieri che già vivono una condizione di fragilità». La sua posizione è netta e segna il punto più alto dello scontro.

Secondo FdI, l’idea di aprire una struttura di consumo controllato in un’area già segnata da spaccio, microcriminalità, presenza di tossicodipendenti, insicurezza percepita e degrado visibile rischia di peggiorare le condizioni di convivenza. Il timore è che corso Svizzera diventi un nuovo epicentro di conflitti sociali, con l’effetto paradossale di aumentare ciò che si vorrebbe contenere. La critica si concentra anche sul metodo: nessuna consultazione con la Circoscrizione 4, nessun incontro con i residenti, nessuna condivisione preventiva con chi vive quotidianamente in quei quartieri. Una decisione calata dall’alto, sostengono.

Raffaele Marascio

Al netto della polemica politica, resta il fatto che Torino convive da anni con un fenomeno imponente: i dati citati da Marascio – 75.000 dosi consumate ogni giorno, oltre 6.000 persone seguite dai SerD, una dispersione evidente nei quartieri periferici – fotografano una città dove la mistura fra spaccio, tossicodipendenza, disuguaglianza e abbandono delle aree pubbliche è ormai consolidata. E dove ogni intervento sul tema rischia di diventare un campo di battaglia ideologico.

A rendere la vicenda ancora più complessa è la precedente delibera del 2023, quando il Consiglio comunale aveva indicato proprio l’area dell’Amedeo di Savoia come potenziale sede di un progetto sperimentale. Nulla, da allora, è stato concretizzato: nessun piano operativo, nessuna delibera attuativa, nessun cronoprogramma. Ma il ritorno della mozione in Circoscrizione 7 ha riaperto una ferita politica e amministrativa.

La discussione su consumo assistito, riduzione del danno, stanze del buco non è nuova né a Torino né in Europa. Le città che hanno scelto questa via – come Zurigo, Berna, Amsterdam o Lisbona – parlano di un calo delle overdose, di un minor numero di siringhe in strada, di un accesso facilitato ai servizi sanitari. Ma tutte hanno un elemento che a Torino manca: strutture collocate fuori dalle zone già più fragili e sistemi integrati di prevenzione e presa in carico. È uno dei nodi che alimenta le perplessità di FdI: «Le periferie torinesi non possono diventare laboratori sociali», accusa Marascio, «ne hanno già abbastanza».

Nel frattempo, l’Amministrazione Lo Russo osserva. Finora il sindaco ha scelto di mantenere un profilo prudente, limitandosi a dichiarazioni generiche sulla necessità di “valutare con attenzione ogni ipotesi”. Ma l’interpellanza di Marascio lo costringe ora a prendere posizione. Nell’atto depositato, FdI chiede al primo cittadino di chiarire se esista un piano concreto, se sia stata scelta una sede, se l’Amedeo di Savoia sia davvero l’opzione primaria e quali misure di sicurezza, tutela del territorio e monitoraggio siano previste.

La tensione è palpabile soprattutto tra i residenti della Circoscrizione 4, che temono una nuova stigmatizzazione del quartiere. In corso Svizzera convivono da anni segnali di rinascita urbana e derive di abbandono: negozi chiusi, bivacchi, spaccio, tensioni, interventi delle forze dell’ordine e tentativi di riqualificazione che avanzano a fatica. Per molti abitanti, l’idea di una stanza del consumo è vissuta come un salto nel buio.

La vicenda racconta una Torino divisa tra chi vede nella riduzione del danno un intervento di sanità pubblica necessario in una città sempre più esposta alle droghe sintetiche e chi invece teme che lo Stato arretri davanti allo spaccio e alle dipendenze. E racconta anche un rapporto difficile tra centro e periferie, tra chi elabora progetti nei palazzi istituzionali e chi vive ogni giorno le contraddizioni delle strade.

Il nodo politico non riguarda solo l’Amedeo di Savoia, ma il modello di città: come affrontare un fenomeno che unisce tossicodipendenza, marginalità, sicurezza urbana, politiche sociali, sanità, quartieri popolari e ordine pubblico? L’interpellanza di FdI porta la questione nel cuore istituzionale della città. E costringe Lo Russo a rispondere non solo sul progetto, ma sulla visione complessiva dell’amministrazione.

La domanda finale, quella che attraversa ogni riga dello scontro politico, è semplice e feroce: Torino vuole diventare un laboratorio di riduzione del danno o preferisce rafforzare prevenzione, repressione e percorsi di recupero? È una domanda che tocca identità, sicurezza, salute, quartieri e consenso politico. E che nessuna amministrazione potrà più evitare.

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