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Cronaca

Aggressione alla troupe di “Dritto e Rovescio” a Torino: la condanna della politica, ma il degrado rimane

Uomini incappucciati con una mazza chiodata attaccano l’auto dei giornalisti: solidarietà bipartisan, ma il Pd — al governo della città — finisce nel mirino per l’insicurezza crescente in Barriera di Milano

Aggressione alla troupe di “Dritto e Rovescio” a Torino: la condanna della politica, ma il degrado rimane

Aggressione alla troupe di “Dritto e Rovescio” a Torino: la condanna della politica, ma il degrado rimane (immagine di repertorio)

Ancora un’aggressione contro una troupe televisiva, ancora a Torino, e ancora in Barriera di Milano, quartiere simbolo di tensione e marginalità. Nel pomeriggio di martedì 11 novembre, un gruppo di giornalisti e operatori del programma “Dritto e Rovescio” di Rete 4 è stato attaccato da un uomo incappucciato e armato di mazza chiodata in corso Novara, al confine tra i quartieri Aurora e Barriera.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, l’aggressore si sarebbe scagliato contro l’auto della troupe, colpendola ripetutamente fino a sfondare il parabrezza, per poi fuggire a piedi. I militari del Nucleo Radiomobile hanno avviato immediatamente le indagini, acquisendo i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona. Il gruppo di giornalisti si trovava sul posto per realizzare un servizio sullo youtuber Don Alì, autodefinitosi “il re dei maranza”, personaggio controverso dei social noto per i suoi video provocatori girati nelle periferie torinesi.

Le indagini sono in corso, ma l’episodio ha già provocato un’ampia reazione politica, riaccendendo il dibattito sulla sicurezza cittadina e sulla libertà di stampa. Il sindaco Stefano Lo Russo (Pd) ha definito l’aggressione “inaccettabile”, ribadendo che “il diritto alla libera informazione è uno dei pilastri della democrazia e non può essere messo in discussione da chi usa la violenza per zittire la stampa”.

Lo Russo

La consigliera regionale del Pd Nadia Conticelli ha parlato di una “svolta pericolosa” e di una “escalation di violenza che punta a trasformare Barriera di Milano in un ghetto”, sottolineando che il quartiere sta vivendo una fase di profondo cambiamento, sostenuta da progetti di riqualificazione finanziati anche con fondi pubblici. “Chi ha spadroneggiato qui per anni non vuole che Barriera cambi, e reagisce con la forza. Il quartiere appartiene a chi lo vive, non a chi lo impone con la paura”, ha affermato la consigliera, mettendo in luce il legame tra degrado, criminalità e resistenza al cambiamento urbano.

Ma l’episodio ha scatenato anche la reazione dell’opposizione. Il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio regionale, Carlo Riva Vercellotti, ha parlato di “atto gravissimo e vile” e di “attacco diretto alla libertà di stampa”. Nel suo comunicato ha espresso “la più totale solidarietà ai cronisti e agli operatori coinvolti”, chiedendo che “anche certa sinistra, solitamente incline a giustificare determinati comportamenti se commessi da stranieri, stigmatizzi senza ambiguità quanto accaduto”. Per Vercellotti, l’aggressione con una mazza chiodata è “un segnale allarmante della situazione di illegalità e degrado che dilaga in alcune aree della città”, e ha auspicato che le forze dell’ordine “individuino e assicurino alla giustizia il responsabile di questo gesto ignobile”.

Il caso ha così assunto un valore politico che travalica i confini del singolo episodio. Se da un lato il centrosinistra condanna la violenza e invoca coesione istituzionale, dall’altro la destra punta il dito contro la mancanza di controllo del territorio e la presunta inefficacia delle politiche di sicurezza adottate dall’amministrazione Lo Russo.

Non è la prima volta che la trasmissione di Paolo Del Debbio finisce nel mirino durante un’inchiesta televisiva. Negli ultimi anni, le troupe di “Dritto e Rovescio” sono state più volte aggredite in strada, da Milano a Roma, fino a Torino stessa, dove già nell’estate 2024 la redazione era stata minacciata durante un servizio a Porta Palazzo. Episodi che si sommano a un clima di ostilità crescente verso il giornalismo di inchiesta, spesso percepito come intrusivo nei contesti sociali più degradati.

L’attacco di corso Novara, oltre a riproporre il tema della libertà di stampa, apre anche un fronte di riflessione più ampio sulla perdita di controllo delle periferie torinesi. Le immagini dell’uomo incappucciato armato in pieno giorno, a pochi chilometri dal centro, restituiscono la fotografia di una città divisa tra la Torino ufficiale dei progetti di rigenerazione urbana e quella reale, dove il disagio sociale esplode in forme sempre più violente.

Nel frattempo, il Sindacato Giornalisti del Piemonte ha espresso solidarietà ai colleghi aggrediti, definendo l’accaduto “un attacco diretto al diritto di raccontare” e chiedendo maggiori tutele per le redazioni impegnate in inchieste sul territorio.

La vicenda, che ora è al vaglio della Procura, mostra ancora una volta quanto il lavoro dei giornalisti possa diventare bersaglio di aggressioni fisiche e simboliche, specialmente in aree segnate da tensioni sociali e diffidenza verso le istituzioni.

In attesa di sviluppi, resta l’immagine di quella mazza chiodata come emblema di un malessere profondo, che non riguarda solo la sicurezza dei cronisti ma la tenuta stessa del tessuto urbano di una città che, dietro le vetrine della rinascita, deve ancora fare i conti con le sue fratture più dure.

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