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Caos al Centro di Salute Mentale di Mirafiori: “Operatori trattati come pedine, informati a cose fatte”

La consigliera regionale del PD Laura Pompeo attacca l’Asl Città di Torino e l’assessore Riboldi: «Decisione presa senza confronto, servizi sovraccarichi e rischio per utenti e lavoratori»

Caos al Centro di Salute Mentale

Caos al Centro di Salute Mentale di Mirafiori: “Operatori trattati come pedine, informati a cose fatte”

Nuovo fronte di polemica sulla sanità torinese. Il Centro di Salute Mentale di via Negarville, a Mirafiori Sud, dichiarato inagibile nelle scorse settimane, è stato trasferito d’urgenza nei locali del SERD di via Farinelli, ma la decisione — presa “senza alcun confronto” — ha scatenato la protesta degli operatori e un’interrogazione urgente in Consiglio regionale.

A sollevare il caso è la consigliera regionale del Partito Democratico Laura Pompeo, che parla di una “situazione insostenibile sotto il profilo organizzativo e assistenziale”. Secondo Pompeo, i circa dodici operatori del CSM si sono ritrovati a lavorare in spazi già sovraccarichi e condivisi con altri servizi rivolti a utenze fragili, in un contesto che non garantirebbe né la privacy dei pazienti né la sicurezza degli ambienti.

Il problema, spiega la consigliera, è duplice: da un lato la mancanza di pianificazione da parte dell’Asl Città di Torino, dall’altro la totale assenza di confronto con lavoratori e sindacati. «La convivenza forzata tra il CSM e il SERD — ha sottolineato Pompeo — compromette la qualità dell’assistenza e dimostra ancora una volta una gestione improvvisata. I dipendenti, che garantiscono un servizio essenziale per le fasce più fragili, sono stati trattati come pedine, informati solo a decisione presa».

Nel corso della seduta, l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi ha difeso la scelta, definendola “una soluzione temporanea in attesa della predisposizione di una sede definitiva presso i locali di via Nomis di Cossilla”. Riboldi ha inoltre assicurato che l’Asl sta lavorando “alla definizione delle modalità operative e delle tempistiche per il trasferimento, con l’obiettivo di ripristinare quanto prima la piena funzionalità del servizio in una sede idonea”.

Una risposta che non ha convinto la consigliera dem. «È inaccettabile — ha replicato Pompeo — che una decisione di questa portata venga presa senza coinvolgere chi lavora ogni giorno sul campo. Non è stato proposto nulla ai dipendenti, che si sono trovati a subire le conseguenze di scelte già imposte. Una mancanza di rispetto e di visione che si ripete da tempo».

Il caso del CSM di Mirafiori si inserisce in un quadro più ampio di criticità nella rete dei servizi territoriali di salute mentale, alle prese con strutture datate, personale ridotto e crescente domanda di assistenza. L’inagibilità dei locali di via Negarville, che servivano un’ampia porzione del quartiere sud di Torino, ha messo in luce l’assenza di soluzioni alternative pronte, con ricadute dirette su utenti e operatori.

Da settimane, i sindacati segnalano disagi crescenti e condizioni di lavoro difficili, mentre i familiari dei pazienti chiedono garanzie sulla continuità del servizio. Sullo sfondo resta la sensazione di una gestione emergenziale, che affronta problemi strutturali con misure tampone.

Per Pompeo, il caso è emblematico di una deriva organizzativa che mette in secondo piano la dimensione umana del servizio pubblico: “Quando chi lavora per la salute dei cittadini viene trattato come un numero, è il sistema stesso che perde la sua funzione sociale”.

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