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06 Novembre 2025 - 13:49
Morti sul lavoro, il Piemonte maglia nera: 63 vittime in nove mesi e un tasso superiore alla media nazionale (immagine di repertorio)
L’ennesimo allarme arriva dai dati diffusi dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega, e per il Piemonte è un bilancio pesante. Da gennaio a settembre del 2025, sono 63 le persone che hanno perso la vita sul luogo di lavoro, contro le 54 registrate nello stesso periodo del 2024. Un incremento del 17% che riaccende i riflettori su un problema strutturale e irrisolto, quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, e che porta la regione a superare la media nazionale con un indice di incidenza di 25,3 morti per milione di occupati, contro il dato italiano di 24,0.
Il fenomeno non è uniforme, ma mostra differenze profonde tra territori e settori. Torino si conferma maglia nera con 29 vittime totali, in aumento del 32% rispetto all’anno precedente, quando furono 22. A seguire Cuneo con 10 decessi, Alessandria con 6, Verbano-Cusio-Ossola con 4, Novara e Asti con 2, Biella e Vercelli con 1.
Secondo il presidente dell’Osservatorio, Mauro Rossato, si tratta di "un trend che richiede un'analisi approfondita delle dinamiche territoriali e settoriali", al fine di individuare "le aree in cui rafforzare gli interventi di prevenzione, vigilanza e formazione".
Ma il dato più inquietante è quello dei decessi avvenuti in occasione di lavoro, cioè durante lo svolgimento delle proprie mansioni: 47 casi nei primi nove mesi del 2025, contro i 35 del 2024, pari a un aumento del 34,3%. In controtendenza, invece, i decessi in itinere, cioè durante gli spostamenti da e per il luogo di lavoro, che scendono da 19 a 16, con un calo del 15,8%.

Il rischio più elevato, in proporzione al numero di occupati, si registra nel Verbano-Cusio-Ossola, dove l’indice di incidenza tocca quota 59,0, seguito da Cuneo (38,1), Alessandria (34,5) e Torino (21,9). Chiudono la classifica Asti (21,7), Vercelli (14,7), Biella (13,7) e Novara (12,7). Numeri che raccontano un territorio dove la differenza tra aree industriali, agricole e montane incide profondamente sulle statistiche e sul livello di tutela dei lavoratori.
Anche la distribuzione per fasce d’età conferma un trend costante: le vittime più numerose si concentrano tra i 55 e i 64 anni (19 decessi), seguite dalla fascia 45-54 anni (10 decessi). Dati che rivelano come l’età avanzata e l’esperienza, da sole, non bastino a ridurre il rischio. L’incidenza dei morti sul lavoro tra i lavoratori senior riflette invece la persistenza di mansioni ad alta usura fisica e di contesti produttivi dove la prevenzione non sempre si traduce in pratiche effettive.
Dietro le cifre, restano le storie di uomini e donne che hanno perso la vita tra cantieri, aziende agricole, fabbriche, magazzini o strade. Ogni numero riassume un dramma collettivo che non riguarda solo chi lavora, ma l’intera società, chiamata a interrogarsi sulle proprie priorità economiche e sociali.
In Piemonte, il tema della sicurezza sul lavoro è da tempo oggetto di richiami istituzionali, ma le misure restano frammentate. Le ispezioni, ancora insufficienti, spesso si scontrano con la carenza di personale tecnico nelle Asl e con la difficoltà di garantire controlli capillari. Il problema si aggrava nei settori dove la precarietà contrattuale e la mancanza di formazione riducono la consapevolezza del rischio.
I numeri diffusi dall’Osservatorio Vega dimostrano che, a dispetto delle campagne di sensibilizzazione e dei protocolli siglati negli ultimi anni, la cultura della sicurezza fatica a diventare patrimonio condiviso. E se Torino è la provincia più colpita in termini assoluti, la pericolosità relativa del Verbano-Cusio-Ossola mostra come la questione non sia solo urbana o industriale, ma attraversi ogni comparto produttivo.
La tendenza in crescita del 2025, rispetto al 2024, rischia di segnare un’inversione negativa proprio in una fase in cui la ripresa economica post-pandemia avrebbe dovuto accompagnarsi a una maggiore attenzione per la tutela dei lavoratori. Ma la realtà raccontata dai numeri è un’altra: il lavoro continua a uccidere, e troppo spesso nel silenzio.
Le prossime settimane diranno se la politica e le istituzioni regionali sapranno dare un segnale concreto. Per ora, restano i dati. Sessantatré vittime in nove mesi, più di due a settimana. Un bilancio che pesa come una condanna.

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