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06 Novembre 2025 - 13:32
Biodiversità e disuguaglianza, lo studio di Unito: il verde urbano riflette le differenze sociali tra i quartieri (foto d'archivio)
Nelle città la biodiversità non è distribuita in modo equo. Non lo è a Torino, e non lo è nel mondo. È il verdetto di uno studio pubblicato sulla rivista People and Nature e coordinato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino all’interno del National Biodiversity Future Center (NBFC), che ha esaminato oltre 120 ricerche condotte in più di cento città. Il fenomeno, ribattezzato “luxury effect”, mostra che la varietà naturale — piante, alberi, animali, ecosistemi urbani — tende a concentrarsi nei quartieri economicamente più benestanti.
Il punto non è solo statistico o ecologico, ma profondamente sociale. Il verde urbano, spiegano i ricercatori, non è un elemento neutro, bensì un indicatore di benessere. Dove ci sono alberi, giardini e parchi, di solito ci sono anche redditi più alti, servizi migliori, maggiore sicurezza e salute. Laddove invece le strade sono più grigie, il cemento più denso e gli spazi verdi scarsi, coincidono spesso povertà, disagio abitativo e minori opportunità di socialità e salute. È il riflesso di una città divisa, in cui persino la natura finisce per diventare un privilegio.
Il team dell’Università di Torino, guidato dalla ricercatrice Irene Regaiolo, ha individuato un nesso chiaro tra benessere economico e biodiversità: le aree più agiate ospitano una maggiore varietà di flora e fauna, mentre le zone periferiche e popolari soffrono di una cronica carenza di spazi verdi e di manutenzione ambientale. Tuttavia, il rapporto tra le due variabili non è lineare. È una relazione circolare, in cui ricchezza e verde si alimentano a vicenda.

Chi vive in quartieri ricchi può investire di più nella cura degli spazi, nella creazione di giardini privati o nel sostegno a politiche pubbliche ambientali. Il verde, a sua volta, aumenta il valore immobiliare, migliora la salute fisica e mentale, favorisce la coesione sociale e riduce l’inquinamento. In altre parole, la biodiversità produce benessere economico e sociale, ma rimane accessibile principalmente a chi è già in una condizione di vantaggio.
Lo studio torinese ha anche rivelato che il luxury effect è più marcato nelle città con redditi medi o medio-bassi, dove il divario sociale è più visibile. Nei contesti estremamente poveri o molto ricchi, il fenomeno tende invece ad attenuarsi: nel primo caso perché mancano le risorse per qualsiasi tipo di verde urbano, nel secondo perché la distribuzione di parchi e giardini è talmente diffusa da rendere più omogeneo il paesaggio. Torino rientra nel primo gruppo: città con ampie differenze socioeconomiche tra centro e periferia, e con una gestione del verde che riflette tali squilibri.
Camminare per le vie collinari o semicentrali come Cavoretto, Crimea o Borgo Po significa attraversare quartieri verdi e silenziosi, dove la vegetazione è parte del tessuto urbano. Spostandosi verso nord o verso sud, invece, il verde si fa rado: le zone di Barriera di Milano, Mirafiori Sud o Falchera mostrano una densità di alberi molto inferiore, con giardini più piccoli, meno curati e spesso degradati. Qui la biodiversità urbana soffre non solo per la scarsità di piante, ma per l’inquinamento, la cementificazione e la mancanza di investimenti pubblici.
Questo divario si traduce in differenze tangibili nella qualità della vita. Gli studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità confermano che vivere vicino ad aree verdi riduce lo stress, migliora la salute cardiovascolare e respiratoria, abbassa la temperatura locale e limita l’impatto delle ondate di calore. Le periferie torinesi, più calde e congestionate, restano invece più esposte all’inquinamento e al disagio climatico, mentre i quartieri alberati del centro beneficiano di un microclima più stabile e di un maggiore benessere psico-fisico.
La questione, dunque, non è solo ambientale ma di giustizia urbana. La biodiversità, spiegano gli studiosi, non può diventare un lusso riservato a pochi. Deve essere parte integrante della pianificazione cittadina e accessibile a tutte le fasce sociali. Non basta piantare alberi: serve un riequilibrio strutturale, che includa interventi nelle aree più svantaggiate, con progetti di forestazione urbana, giardini di quartiere, orti condivisi e spazi comunitari in cui la natura torni a essere un diritto, non un privilegio.
Le esperienze di altre città mostrano che il divario può essere colmato. A Barcellona il programma “Superilles” ha trasformato interi isolati in zone pedonali e verdi, migliorando la vivibilità dei quartieri popolari. A Londra, i piani di “urban rewilding” stanno riportando la biodiversità nei sobborghi più densamente abitati, attraverso micro-parchi e tetti giardino. Anche a Torino, il progetto “Torino Verde” e la riforestazione metropolitana promossa dalla Città Metropolitana stanno tentando di invertire la tendenza, piantando nuovi alberi e restituendo spazi naturali a zone da tempo penalizzate.
Il luxury effect mette quindi in luce un paradosso moderno: più cresce la città, più la natura si ritira, ma solo dove la ricchezza non può proteggerla. Nelle zone agiate il verde è un bene curato e accessibile, nei quartieri fragili diventa un simbolo di assenza, un ricordo di ciò che la città ha sacrificato alla cementificazione.
Capire il legame tra biodiversità e ricchezza significa dunque comprendere una doppia disuguaglianza: economica e ambientale. Le due dimensioni si intrecciano fino a diventare indistinguibili. Se la mancanza di verde è l’effetto della povertà, la povertà stessa può essere la conseguenza di un ambiente degradato. Una spirale che solo politiche pubbliche lungimiranti, attente e inclusive possono spezzare.
Il messaggio che arriva dall’Università di Torino è chiaro: la natura non è un ornamento urbano, ma un diritto civile. La vera sfida delle città contemporanee sarà quella di redistribuire la biodiversità, affinché anche chi vive lontano dai centri possa respirare aria pulita, camminare tra gli alberi e riconoscersi in un paesaggio condiviso. Solo allora il verde smetterà di essere un lusso e tornerà a essere ciò che è sempre stato: una condizione essenziale della vita.

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