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05 Novembre 2025 - 13:44
Terziario torinese, fiducia in lieve risalita: "Crescita più lenta ma più solida" (immagine di repertorio)
La fotografia di fine anno del terziario torinese restituisce un settore che, pur dentro un contesto «difficile», mostra segnali coerenti con una crescita più lenta ma più robusta e duratura. È la sintesi che emerge dall’osservatorio congiunturale del quarto trimestre 2025 presentato da Ascom Confcommercio Torino e provincia con Format Research: un’analisi che combina indicatori di fiducia, ricavi, occupazione e fabbisogno finanziario, intrecciandoli con la percezione del valore dei grandi eventi come fattore strategico per l’economia locale. «Questa fiducia leggermente in crescita in un momento così difficile a livello mondiale ci dice anche la forza, la competenza e la professionalità delle nostre imprese», ha osservato la presidente Maria Luisa Coppa, ricordando come turismo e grandi appuntamenti «non si antepongano ad altre economie», ma rappresentino una delle vocazioni su cui la città può contare. Il presidente di Format, Pierluigi Ascani, ha inquadrato la fase come una stabilizzazione con cauto ottimismo, in cui la domanda delle famiglie legata al periodo natalizio e la migliore capacità delle imprese di affrontare il fabbisogno finanziario sostengono le attese per l’ultimo scorcio dell’anno.
Il perimetro del comparto, in provincia di Torino, conferma la sua centralità nell’economia locale: oltre 108 mila imprese attive (il 75% del totale extra–agricolo), 382 mila addetti (il 57% dell’occupazione) e più di 17 miliardi di valore aggiunto (47% del complessivo). È su questa base che vanno letti i movimenti degli indicatori congiunturali. L’indice di fiducia si attesta a 30, stabile da marzo, ancora sotto la media nazionale (36) ma con una lieve inversione di tendenza rispetto alla prima parte dell’anno. La tenuta dell’occupazione resta un caposaldo: l’indice è 46, invariato rispetto al trimestre precedente, segnale che il sistema ha evitato frenate brusche nonostante l’irrigidimento dei costi e le incertezze della domanda globale. La variabile fabbisogno finanziario migliora: 46 punti, +1 rispetto a settembre e +4 su giugno, indicazione che le imprese stanno gestendo in modo più efficace liquidità e accesso al credito, anche grazie a pianificazioni più prudenti e a cuscinetti di capitale circolante costruiti nell’ultimo biennio. I ricavi si mantengono su livelli costanti (indice 41), con attese in lieve crescita per il quarto trimestre, trainate anche dai consumi natalizi.
Il capitolo grandi eventi pesa non solo sul versante turistico, ma come fattore trasversale di relazioni commerciali e reputazione urbana. L’osservatorio segnala che il 95,2% delle imprese ne riconosce il valore strategico per Torino; oltre l’83% ne apprezza la capacità di generare filiere di contatti, consolidare l’immagine della città e attivare dinamiche virtuose in termini di visibilità e attrattività; il 76% dichiara fiducia nella capacità di Torino di trasformare gli eventi in benefici concreti. È un consenso ampio che riflette, al di là dei singoli format, l’idea di un ecosistema metropolitano in grado di assorbire e moltiplicare l’impatto delle manifestazioni su commercio, ristorazione, accoglienza e servizi. In questa chiave, gli eventi non sono una bacchetta magica, ma un abilitatore: portano flussi, alimentano spesa indotta, sostengono l’indotto e — soprattutto — consolidano una rete di operatori che lavora nel medio periodo su fidelizzazione e ritorni.
Se la crescita appare «più lenta della media nazionale», il dossier sottolinea come essa risulti più robusta: meno esposta a oscillazioni improvvise e più ancorata a fondamentali che includono specializzazione nei servizi, diversificazione dell’offerta e una capacità di adattamento maturata nelle stagioni shock dell’ultimo quinquennio. L’indice di fiducia sotto la media italiana va letto, allora, più come un realismo prudente che come un segnale di arretramento: la platea torinese si muove con passo corto, calibra gli investimenti, seleziona i costi fissi, lavora sulla qualità del servizio e sulla digitalizzazione di processi e relazioni con la clientela. La copertura del fabbisogno finanziario in miglioramento conferma che la finanza aziendale è tornata a essere gestione e non emergenza, con un dialogo più ordinato con intermediari e fornitori e con un utilizzo meno difensivo degli strumenti di liquidità.

Nella lettura settoriale, il turismo torna motore di trazione per larga parte della filiera del commercio e dei servizi. L’osservatorio non attribuisce a un singolo evento la differenza, ma alla sequenza di appuntamenti che ha scandito il calendario cittadino e metropolitano e alla capacità di sovrapporre pubblici diversi — business, cultura, sport — su una infrastruttura di accoglienza che negli ultimi anni ha fatto un salto qualitativo. La mappa dei benefici mostra che non si tratta solo di presenze alberghiere o coperti nei ristoranti, ma di una rete di micro–servizi: comunicazione, allestimenti, trasporti dedicati, servizi professionali connessi all’organizzazione, che mantengono valore aggiunto sul territorio. In questo senso, la “vocazione multipla” di Torino, richiamata da Coppa, è un elemento di resilienza: il terziario regge meglio quando non dipende da un unico flusso, ma da una combinazione di driver.
La dinamica dei ricavi «costanti» con attese di lieve miglioramento per l’ultimo trimestre va incrociata con il comportamento della domanda interna. Le famiglie rimangono prudenti, ma l’orizzonte delle spese di fine anno — tra regali, ristorazione, intrattenimento e short break — rimette in circolo consumi discrezionali, spesso trainati da promozioni e offerte bundle. Per molte imprese del commercio al dettaglio la strategia si sta spostando dalla leva prezzo alla leva servizio (esperienza d’acquisto, assistenza post–vendita, integrazione online–offline), mentre nella ristorazione la scommessa si gioca sulla qualità percepita e su formati chiari, scalabili e riconoscibili. Nei servizi alle imprese, al netto di una congiuntura non espansiva, incidono la ricontrattazione dei contratti annuali e la programmazione 2026, con la necessità di trattenere competenze e governare il costo del lavoro in un mercato che continua a cercare profili tecnici e commerciali.
Il capitolo occupazione merita uno sguardo dedicato. L’indice fermo a 46 racconta di una tenuta, non di un’espansione. La tenuta, però, in un anno di incertezze globali, è già una notizia: significa che le imprese stanno evitando tagli e provando a preservare la continuità delle squadre, elemento che nel terziario, dove la qualità del servizio dipende dalle persone, è decisivo. Non va sottovalutata la concomitante stabilità del fabbisogno finanziario: meno stress di cassa e più visibilità su incassi e pagamenti favoriscono decisioni occupazionali meno difensive. Resta il tema del reperimento del personale: non è nell’osservatorio, ma è lo sfondo di molti ragionamenti degli operatori. Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro in alcuni segmenti dei servizi continua a incidere su costi e organizzazione.
Sul fronte della percezione degli eventi, i numeri dell’osservatorio (95,2% di riconoscimento del valore strategico; oltre l’83% che evidenzia relazioni e reputazione; 76% che confida nei benefici) suggeriscono una maturazione dello sguardo delle imprese: meno focalizzazione sul “tutto e subito”, più attenzione al capitale relazionale e all’effetto reputazionale. È un passaggio non scontato: significa che una parte del terziario sta leggendo i grandi appuntamenti come piattaforme su cui costruire, e non solo come picchi di fatturato. In prospettiva, la continuità del calendario e la qualità dell’organizzazione diventano allora variabili decisive per trasformare la spinta di breve in crescita strutturale.
Resta, naturalmente, il confronto con la media nazionale: indice di fiducia 30 contro 36. Il divario non è irrilevante, ma va letto dentro la specificità della piazza torinese, storicamente più selettiva nei giudizi e più avversa al rischio quando lo scenario esterno è turbolento. La stabilizzazione segnalata da Format e la «timida inversione di tendenza» citata in conferenza indicano che la curva potrebbe flettersi verso l’alto se gli ultimi due mesi confermeranno aspettative e prenotazioni. La tenuta dei ricavi, l’occupazione stabile e il miglioramento della copertura finanziaria compongono intanto un triangolo che, pur senza euforia, rafforza l’idea di una ripartenza “di qualità”: meno rapida, più sostenibile.
Nel linguaggio degli osservatori congiunturali, la parola che torna è “fiducia prudente”. È la cifra di un tessuto imprenditoriale che ha imparato, negli anni più recenti, a gestire l’incertezza senza fermarsi: a investire in modo modulare, a lavorare sull’efficienza operativa, a presidiare la relazione con il cliente. In questo quadro, la sintonia tra pubblico e privato nel governare i grandi eventi, la capacità di comunicare la città, la manutenzione dei servizi urbani che sostengono la fruizione (mobilità, sicurezza, decoro) e il capitale umano del settore diventano i punti su cui si gioca il 2026 del terziario torinese. È una partita a somma non zero: dalla qualità dell’ecosistema dipende la possibilità di trasformare la cauta fiducia di oggi in crescita strutturale domani.
Parole e numeri, dunque, convergono su un profilo chiaro. Il terziario torinese chiude il 2025 con una base larga — 108 mila imprese, 382 mila addetti, 17 miliardi di valore aggiunto — e con indicatori che parlano di stabilità e capacità di adattamento. Non è il tempo dei trionfalismi, ma quello delle scelte coerenti: continuare a lavorare sul mix di eventi e turismo, alzare l’asticella della qualità dell’offerta, tenere in equilibrio conti e occupazione, misurare con attenzione il credito e i piani di spesa. È così che una crescita «più lenta» può diventare, davvero, più robusta e duratura.

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