AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
30 Ottobre 2025 - 07:01
Agostino Ghiglia e Carla Fasson
Nell’inchiesta che sta scuotendo dalle fondamenta l’Asl To4, il nome dell'ex dirigente Carla Fasson continua a emergere come un filo rosso che intreccia concorsi pilotati, favoritismi e rapporti più che discutibili con esponenti della politica piemontese.
E tra i nomi che compaiono nei verbali e nelle intercettazioni della Guardia di Finanza, spunta quello di Agostino Ghiglia, volto noto dei Fratelli d’Italia, uomo potente a Torino e oggi componente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Nelle telefonate captate dagli investigatori, il suo nome compare in modo quasi affettuoso: “mio cugino Ago”, lo chiama la Fasson. Un modo per dire, forse, che c’è un canale diretto. Un filo politico, familiare, di fiducia. Un contatto che non si interrompe nemmeno quando gli interessi si spostano su terreni delicatissimi, come quelli della sanità e della privacy.
Le intercettazioni sono numerose e alcune, secondo fonti vicine all’inchiesta, molto chiare. In una di esse Carla Fasson parla di Clara Marta, moglie del primario di Otorinolaringoiatria Libero Tubino, altra figura finita nel tritacarne giudiziario della Procura di Ivrea.
Fasson chiede al “cugino Ago” di “bocciare la candidatura a sindaco a Chivasso”, di non schierarsi a favore di quella persona. In un’altra telefonata, i due discutono della neonata Azienda Zero, la nuova struttura regionale chiamata a centralizzare la gestione di servizi sanitari e amministrativi. Fasson, come emerge dalle carte, aveva già messo gli occhi su quella poltrona. Ma Ghiglia la frena: “È tutto bloccato, tutto in alto mare!”. Lei insiste, chiede di tenere tutto fermo, e lui risponde in dialetto, con un tono ammiccante: “Va bin. Ciao tesoro!”. Poi risate di sottofondo.
Un tono confidenziale, quasi complice, che stride con il ruolo istituzionale di Agostino Ghiglia, oggi garante della privacy, cioè la figura che dovrebbe vigilare sulla correttezza e la legalità nel trattamento dei dati personali.
Ma il suo nome ricompare proprio in un episodio che riguarda una clamorosa violazione della privacy all’interno dell’Asl To4.
È novembre 2022 quando una segretaria dell’ospedale di Ciriè invia, per errore o leggerezza, invia oltre 40 email a pazienti fragili affetti da sclerosi multipla e altre patologie demielinizzanti, allegando i piani terapeutici con nomi e dati personali non oscurati. Una falla gigantesca, un disastro informatico e umano che rischia di trasformarsi in uno scandalo nazionale.
Il direttore generale Stefano Scarpetta "trema", come raccontano gli atti, non sa “che pesci pigliare”. Il Garante della privacy può comminare sanzioni che vanno da un minimo di un euro a un massimo di un milione, e l’Asl rischia di finire sulle prime pagine di tutti i giornali. Scarpetta ne parla con Carla Fasson, la quale, come si legge nelle ricostruzioni investigative, lo rassicura con una frase che oggi pesa come un macigno: «Ne parlo con mio cugino Ago».
E così, ancora una volta, il “cugino Ago” compare dietro le quinte di un affare delicatissimo. Qualche giorno dopo, sempre secondo quanto risulta dalle carte, Scarpetta confida al direttore sanitario Alessandro Girardi: «Quella mi ha detto che ci farà fare una multa dal garante di soli 5 mila euro». La sanzione, in effetti, arriverà. Di 8.400 euro, ridotta a 4.200 euro grazie al pagamento entro trenta giorni.

La sede Asl di via Po a Chivasso
Numeri che, a leggerli così, fanno riflettere. Perché se davvero l’intercessione c’è stata, se davvero il “cugino Ago” ha avuto un ruolo nel “contenere i danni”, allora la domanda è inevitabile: può un componente del Garante della privacy — l’organo chiamato a difendere i diritti dei cittadini — interferire in una questione che riguarda un’azienda sanitaria pubblica, per di più legata a un’indagine penale in corso?
E ancora: è normale che una dirigente come Fasson, accusata di aver gestito concorsi truccati e favoritismi, si senta in diritto di chiedere un “aiuto” a chi siede in un’authority indipendente?
Per capire quanto pesi oggi la figura di Agostino Ghiglia bisogna ricordare che non stiamo parlando di un burocrate qualsiasi. È un politico di lungo corso, già deputato e dirigente di Fratelli d’Italia, protagonista della scena torinese da decenni.
Da quando è entrato nel collegio del Garante per la protezione dei dati personali, si è costruito l’immagine di un “paladino” dell’etica digitale, di un uomo attento ai diritti dei cittadini nell’era dell’intelligenza artificiale. In convegni e interviste ha più volte denunciato il potere delle grandi piattaforme tecnologiche, ricordando che “sono le società più ricche del mondo, più potenti delle industrie delle armi e del farmaco”, e ha avvertito che senza una “vera educazione digitale” gli italiani rischiano di “diventare schiavi delle macchine”.
Eppure, lo stesso Ghiglia — che predica trasparenza, indipendenza e responsabilità — si ritrova oggi coinvolto, almeno indirettamente, in un’indagine che racconta tutt’altro: un mondo di relazioni personali, favoritismi e connessioni politiche.
Non solo. In questi giorni il suo nome è finito su tutti i giornali per un episodio non tanto collaterale al caso "Sigfrido Ranucci". Sarebbe stato visto entrare nella sede di Fratelli d’Italia poco prima che il Garante decidesse di multare di 150 mila euro il programma televisivo Report per un’inchiesta sull’ex ministro della Cultura. Un tempismo che fa storcere il naso a molti osservatori e sollevare dubbi sull’indipendenza dell’Autorità rispetto ai partiti di governo.
Le intercettazioni tra lui e Carla Fasson sembrano delineare un rapporto di confidenza profonda, di collaborazione silenziosa. Lei sotto indagine per concorsi truccati e accessi abusivi ai sistemi informatici dell’Asl, lo chiama e gli chiede “consigli” o interventi su questioni interne all’azienda sanitaria. Lui risponde, scherza, rassicura.
Tant'è, un'ulteriore tegola (e altre ne arriveranno) in un'inchiesta che coinvolge 38 indagati, tra dirigenti, funzionari e primari, con un’infinità di atti che raccontano di un clima di intimidazioni, favoritismi e “timbrature allegre”.
E in questo quadro, la figura di Agostino Ghiglia — garante dei diritti e della privacy — rappresenta una contraddizione inquietante: l’uomo chiamato a difendere la riservatezza dei cittadini al centro di una vicenda in cui la riservatezza è stata calpestata, e in cui il suo presunto intervento avrebbe ridotto una sanzione che doveva essere esemplare.
La verità è che il “caso Fasson”, nato come un’indagine su concorsi sospetti e favoritismi interni, sta diventando qualcosa di più grande: una finestra aperta su un sistema di potere che unisce la sanità, la politica e le istituzioni.
Perché in questa storia, tra le righe delle intercettazioni, non ci sono solo risate e “ciao tesoro”. Ci sono segnali di un modo di gestire il potere, di spartirsi silenzi e complicità, che raccontano più di qualsiasi verbale. Ci sono pazienti, infermieri e medici che si sono sentiti schiacciati da un sistema malato, e cittadini che oggi chiedono trasparenza e verità.
Nella testa di tutti un’intercettazione in cui la dirigente ordina a un sottoposto di “massacrare” una collega, di “farla desistere” dal suo incarico, di farle “fare reperibilità h24”, rappresentazione plastica di un potere usato non per gestire, ma per dominare.
Edicola digitale
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.