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L’Asl To4 rimane senza soldi per gli infermieri. Dal crollo dei controlli ai concorsi truccati: la sanità canavesana al capolinea. Appello a Riboldi

La denuncia del Nursing Up accende un nuovo incendio nell’azienda sanitaria già travolta da scandali e processi

L’Asl To4 rimane senza soldi per gli infermieri. Dal crollo dei controlli ai concorsi truccati: la sanità canavesana al capolinea. Appello a Riboldi

L’Asl To4 rimane senza soldi per gli infermieri. Dal crollo dei controlli ai concorsi truccati: la sanità canavesana al capolinea. Appello a Riboldi

Non è un bel periodo per l’Asl To4. E forse non lo è da molto tempo. Ma oggi, giovedì 16 ottobre, la situazione ha toccato un punto che somiglia a un capolinea.

L’azienda sanitaria che copre mezzo Piemonte orientale – dal Canavese a Chivasso, da Ciriè a Settimo – si ritrova in una tempesta perfetta fatta di scandali, processi e ora anche di risorse esaurite. A darne notizia è stato il Nursing Up Piemonte e Valle D'Aosta che ha diffuso una nota dura come una sentenza: «L’Asl To4 ha comunicato l’esaurimento delle risorse per pagare il lavoro straordinario 2024.»

Tradotto: centinaia di operatori che hanno garantito turni, reperibilità e ore extra in un sistema sanitario già fragile rischiano di non essere pagati. Il sindacato parla di decisione «inaccettabile e arbitraria», collegata a un contenzioso sulla vestizione-svestizione e alla presunta indisponibilità di fondi contrattuali. Dietro la formula burocratica si nasconde un dato politico devastante: non ci sono più soldi per pagare chi manda avanti gli ospedali.

Claudio Delli Carri, segretario regionale Nursing Up, non usa mezzi termini: «Le prestazioni straordinarie sono già state erogate, regolarmente documentate e autorizzate. Sospenderne il pagamento è una violazione degli obblighi contrattuali e giuridici.» Il sindacato ha diffidato l’azienda dal proseguire con scelte «unilaterali e lesive» e chiede la convocazione immediata dell’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi. In altre parole: la misura è colma.

Il paradosso è che tutto questo accade proprio mentre l’Asl To4 è al centro di una delle inchieste giudiziarie più vaste mai viste nella sanità piemontese. Una storia che parte da un’intercettazione e finisce con trentotto nomi nell’avviso di chiusura indagini della Procura di Ivrea.

Era l’ottobre del 2023 quando venne diffusa una telefonata che sembrava uscita da una fiction di potere e intimidazione. La voce era quella di Carla Fasson, ex dirigente del Dipartimento di prevenzione dell’Asl To4, che ordinava al coordinatore dello Spresal di Ivrea, Massimo Gai, di «massacrare» una candidata per dissuaderla dal trasferimento. «Dille che dovrà fare la strada da Torino, che lavorerà sabato e domenica, che sarà sempre reperibile», diceva Fasson, con un linguaggio da guerra fredda.

Quella telefonata aprì uno squarcio su un sistema che, secondo gli inquirenti, trasformava l’Asl in una macchina di favori e carriere truccate. Due anni dopo, la Procura – pm Valentina Bossi e Alessandro Gallo – ha chiuso l’indagine. Trentasette persone più una società rischiano il processo: dirigenti, primari, infermieri, amministratori. Tutti dentro un meccanismo di potere che, per i magistrati, ruotava attorno a una sola donna: Carla Fasson, la funzionaria che «decideva chi doveva vincere e chi doveva sparire».

La geografia del malaffare è vasta. Dalle corsie di Chivasso ai reparti di Settimo, dai concorsi del Sisp di Ciriè agli appalti delle Rsa, emerge una rete di relazioni, connivenze e silenzi. I pm parlano di un «sistema in cui i favoriti restavano in debito e si prestavano a ogni richiesta». C’è chi veniva premiato con un avanzamento, chi con un contratto, chi con un furgone o un’assunzione per l’amante.

Nel frattempo, i pazienti restavano in fondo alla lista. A Settimo Torinese, scrivono gli atti, di notte alcuni malati venivano lasciati sporchi, sedati fino all’intontimento, con flebo mai somministrate. E mentre la dignità dei degenti evaporava, qualcuno – come l’ex primario di otorinolaringoiatria di Chivasso Libero Tubino, professionista esemplare al di sopra di ogni sospetto – timbrava il badge dal campo da golf.

La Procura descrive anche il sistema degli appalti: otto proroghe milionarie alla cooperativa Cm Service, 12,4 milioni di euro in affidamenti diretti, approvati da chi avrebbe dovuto controllare. Dirigenti pubblici e consulenti privati si scambiavano ruoli, incarichi e favori. Tra gli indagati, oltre alla Fasson, compaiono nomi eccellenti come l’ex direttore generale Stefano Piero Scarpetta, il direttore di distretto Carlo Bono, il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Torino Luca Asvisio.

Nel fascicolo compare perfino una pagina grottesca: Fasson che risultava presente in ufficio quindici volte mentre, secondo i tabulati, si trovava dal parrucchiere o in un centro estetico. Tutto coperto – sostengono i pm – dallo stesso direttore generale. Una sanità delle apparenze, dove la truffa si confondeva con la routine.

Ma la parabola discendente dell’Asl To4 non si ferma ai concorsi.

Oggi, in un’aula del Tribunale di Ivrea, si discute un altro processo: quello allo Spresal, l’ufficio che avrebbe dovuto garantire sicurezza nei luoghi di lavoro. L’accusa parla di cento fascicoli sugli infortuni del Canavese mai arrivati alla Procura. Un numero che da solo spiega il collasso di un sistema.

Tra gli imputati ci sono tecnici e dirigenti che avrebbero falsificato atti, smarrito prove, coperto omissioni. La scena madre riguarda l’infortunio alla OMP di Busano: una broccia che cade come un proiettile e trancia la falange a un operaio. L’indagine resta sospesa per quattro anni, il corpo di reato – un guanto con frammenti biologici – scompare. Quando la pm Valentina Bossi interroga il tecnico Salvatore Orifici, l’aula si trasforma in un duello: «E io cosa me ne faccio, nel fascicolo di un infortunio, delle foto di una macchina a caso?» sbotta la magistrata, quando scopre che nel fascicolo compaiono immagini di un altro macchinario.

È la metafora perfetta: la macchina sbagliata nel fascicolo giusto. Come se tutto il sistema avesse perso il nesso tra realtà e procedura, tra responsabilità e impunità. Orifici, prossimo alla pensione, si difende parlando di foto esemplificative e fascicoli ricostruiti dopo smarrimenti. Ma il punto non è la foto: è la fiducia.

Perché quando chi deve vigilare sulla sicurezza diventa imputato, quando i controlli spariscono e i fascicoli si perdono, la sanità pubblica non è più solo inefficiente: è malata.

A tutto questo si aggiunge il dramma quotidiano degli operatori, di quelli che continuano a reggere i turni e a coprire i buchi di un’azienda sfilacciata. Sono loro, oggi, a sentirsi traditi due volte: prima da un sistema che li ha usati, poi da una direzione che dice di non avere i fondi per pagarli.

La sospensione degli straordinari non è solo un problema contabile: è un simbolo. Dice che il lavoro non vale più nulla se la macchina amministrativa non lo riconosce. Dice che il confine tra l’abuso e la normalità si è dissolto. Dice che chi ha giurato di curare ha finito per logorare il corpo stesso della sanità.

Negli uffici dell’Asl To4, intanto, si attende la prossima mossa della Regione. Ma anche Palazzo Lascaris, che pure dovrebbe esercitare il controllo politico, tace. E il silenzio, in queste ore, è più eloquente di qualsiasi comunicato.

Il Canavese guarda con incredulità a un’azienda che un tempo rappresentava l’eccellenza dei servizi territoriali. Oggi è sinonimo di inchieste, turni non pagati e fascicoli smarriti. È la parabola di un sistema che si è autoassolto fino a implodere.

Non è un bel periodo per l’Asl To4. È un eufemismo. La verità è un’altra: questa sanità deve scegliere se rimanere un sistema di potere o tornare a essere un sistema di cura. La scelta, piaccia o no, non è più rinviabile.

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