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La polemica
03 Ottobre 2025 - 15:38
Gli storici del Carnevale: Danilo Zaia, Franco Quaccia, Gabriella Gianotti e Francesco Gioana
Tutto è nato sulle pagine de La Voce, lo scorso anno, a dicembre. Quando sono stati resi noti i contributi deliberati dal Ministero della Cultura agli organizzatori dei Carnevali storici italiani, suddivisi per fasce di età: oltre 600 anni, tra 500 e 599 anni, e infine dai 25 ai 499 anni.
L’età, si sa, conta eccome, soprattutto per il Ministero, che la utilizza come parametro chiave per distribuire i fondi.
E cosa si era scoperto guardando l’elenco dei contributi? Che Ivrea faceva una figura da cioccolataia…
Tra i più longevi spiccavano quello di Fano e quello di Santhià, entrambi accreditati di oltre 600 anni di storia, seguiti dal celebre “Bacanal del Gnoco” di Verona.
E i contributi? Qui arrivavano le note dolenti – o trionfali, a seconda dei punti di vista.
Verona si portava a casa una cifra che sfiorava i 291 mila euro, Santhià 191 mila euro.
Ivrea? Molto meno. Si collocava nel calderone generale di tutti gli altri Carnevali storici, come Viareggio, Venezia, Loano e Aliano. Alla Fondazione dello Storico Carnevale di Ivrea, guidata da Alberto Alma, per il 2024 appena 58.181,76 euro.
La domanda era…. Ma è davvero possibile che il Carnevale di Santhià, sebbene definito storico, possa vantare una tradizione più radicata o autentica di quella eporediese?
La discussione non era nuova considerando che già nel 2011, Franco Quaccia e Francesco Gioana, attraverso un’indagine dai toni volutamente ironici intitolata “Specchio delle mie brame, chi è il più antico del reame?”, sul periodico "La Diana" avevano provato a fare chiarezza sul proliferare di Carnevali italiani che si autoattribuivano primati di anzianità. Il risultato di quella ricerca, oltre a evidenziare il carattere grottesco della competizione, aveva portato alla luce un dato inconfutabile: stabilire chi sia il più antico era, di fatto, impossibile.
Per farla breve… Dopo un dibattito che su La Voce è andato avanti per un paio di mesi, con veri e proprio scontri tra storici (da un parte Francesco Gioana curatore, all’altra Gabriela Gianotti e Danilo Zaia con Quaccia a fare da mediatore) la questione è diventata un caso politico con una mozione consigliare firmata da Barbara Manucci (PD), Andrea Gaudino (Laboratorio Civico) e Vanessa Vidano, in cui si chiedeva di coinvolgere storici e professionisti, finanche le Università di Torino, per verificare ulteriori documenti che potessero certificare ufficialmente l’anzianità del Carnevale, di sottofondo l’impegno del sindaco a “obbligare” la Fondazione dello storico Carnevale a muoversi, a battere un colpo, a fare qualcosa che non fosse solo e soltanto battere cassa con il Comune e con gli aranceri…
La Fondazione (ego te absolvo) si è poi data unamossa investendo della questione tre storici eporediesi, Danilo Zaia, Franco Quaccia e Gabriella Gianotti. Ha detto loro: "Andate alla ricerca di elementi utili a provare la storicità del Carnevale eporediese...".
Evviva. Evviva. Evviva. Ci sono riusciti. Hanno recuperato un documento, conservato nell’Archivio Diocesano di Ivrea, è un contratto del 6 dicembre del 1246 fra un arroncatore (dissodatore, contadino) e l'allora Vescovo Corrado, in base a cui il primo deve dissodare un terreno prima "ad carnis leuamen prximum" (traduzione: al prossimo carnevale) concetto ribadito una seconda volta al termine del documento dove si dice che se entro il periodo "carnis leuaminis" (Carnevale) l'arroncatore non avesse svolto i suo lavoro sarebbe incorso in alcune sanzioni. con l'impegno di dissodarlo per l'appunto "in diem carnem levare" (prima del Carnevale ndr).
“Sapevamo dell’esistenza di questo documento ma non avevamo la certezza che ci fosse ancora….” ci conferma Zaia che infatti ce ne aveva parlato approfonditamente già a febbraio.
La scoperta evidentemente riscrive la storia di Ivrea, del suo Carnevale, retrodatandola di ben 5 secoli prima di quanto fino ad oggi fosse ufficialmente riconosciuto dalla Fondazione stessa.
Questo significa che a Ivrea si parlava già di questo 779 anni fa, sfatando l’idea che la festa sia nata nel 1808.
Che poi, in verità si è sempre detto così perchè è dal 1808 che si è cominciato a scrivere il "libro dei verbali".
Zaia, nel suo libro "Dalla paura alla vanità. Storia del Carnevale di Ivrea", aveva già ipotizzato che la festa avesse origini medievali. Le ricerche confermano che nel XIII secolo i giovani eporediesi partecipavano a cavalcate sfrenate, in un contesto di festeggiamenti che oggi identifichiamo con il Carnevale.
"Il problema è che il Carnevale è una festa in continua evoluzione. Quello eporediese ha una base storicamente documentata, mentre molte altre città raccontano favole su una tradizione ininterrotta lunga secoli", sottolineava con noi Zaia qualche tempo fa.
Fin qui tutto chiaro. E adesso? Adesso cambia tutto. Si dirà al Ministero che a Ivrea c'è il Carnevale più antico d'Italia e merita un contributo superiore al "Bacanal" di Verona datato 1531.
C’è da aggiungere che un riconoscimento della “nuova” storicità c’è già stato da parte della Regione qualche giorno fa. In seguito al “nostro” martellamento e ad un'interrogazione del consigliere regionale Alberto Avetta, la Direzione Coordinamento Politiche e Fondi Europei – Settore Comunicazione, Ufficio Stampa, Relazioni Esterne e URP, ha disposto l’ammissione al contributo e l’assegnazione di 75.000 euro (anzichè 16.941) per il 2024. Incredibile ma vero, Ivrea l’anno prima aveva ricevuto appena un po’ più dei 10.000 euro destinati agli Spazzacamini per la loro “pulitura dei camini” e persino meno dei 35.000 euro assegnati agli Asini di Alba.
Era come se la Regione non avesse visto – o non avesse voluto vedere – la portata di questa manifestazione, che la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva dichiarato di rilevanza internazionale già il 27 settembre del 1956, come indicato nel documento protocollo n. 02999/894
Strano ma vero. Ci sono battaglie che sembrano beghe da azzeccagarbugli e invece pesano come macigni. Alcuni mesi fa, dalle pagine di questo giornale, tirammo fuori una questione che pareva oziosa: la storicità del Carnevale di Ivrea. Un dettaglio? Macché. La chiave che apre o chiude i rubinetti del Ministero della Cultura. Perché i soldi non vanno a chi ha la festa più bella, più coinvolgente o più famosa: vanno a chi può sbandierare i secoli.
E allora ci mettemmo a fare quello che in città nessuno s’era preso la briga di fare: interpellare studiosi, ricordare che il Carnevale eporediese non è nato ieri. Qualcuno sorrise, altri dissero che era tempo perso. Ma guarda un po’, oggi tutti ammettono che quella faccenda della datazione non era un dettaglio, ma la condizione indispensabile per non essere trattati peggio degli Asini di Alba e poco meglio degli Spazzacamini.
Ora, non è detto che arrivi un euro in più. Non è detto che il Ministero si lasci convincere. Ma se mai dovesse succedere, se mai Ivrea incassasse 250 mila euro in più da Roma, LA VOCE si accontenterebbe di un grazie. E sarebbe il minimo sindacale. Un grazie al giornale che ha acceso la miccia, un grazie agli storici che con noi hanno alzato il polverone, un grazie anche agli amici de La Diana, che da anni dicevano "inascoltati" più ò meno la stessa cosa ...
Un grazie UFFICIALE della Fondazione, e nulla più. Perché gli euro fanno comodo, ma le parole restano.
La Fondazione dello Storico Carnevale di Ivrea è lieta di annunciare la pubblicazione di una nuova e approfondita relazione storica che documenta con rigore e chiarezza le antiche origini della manifestazione.
Questo prezioso lavoro è stato possibile grazie alla competenza, alla passione e alla generosità intellettuale di tre studiosi di lungo corso – Gabriella Gianotti, Franco Quaccia e Danilo Zaia – che, con sguardi diversi ma complementari, hanno esplorato archivi, statuti, contratti e testimonianze, riportando alla luce un quadro ricco, articolato e sorprendente, le cui radici affondano nel Basso Medioevo.
La Fondazione ringrazia sentitamente i tre storici, che ancora una volta hanno saputo coniugare rigore accademico e spirito divulgativo, contribuendo a una comprensione più profonda del Carnevale eporediese.
Come spiegano gli stessi autori: “Questa relazione non rappresenta né un punto di partenza né un punto d’arrivo. È parte di un processo lungo e, per certi versi, infinito: più si studia, più si scoprono elementi nuovi. Ognuno di noi ha dedicato anni alla ricerca sul Carnevale di Ivrea, sulle sue origini e le sue trasformazioni, portando con sé il proprio bagaglio di conoscenze, esperienze e prospettive. Questo lavoro è un ulteriore tassello che si aggiunge a un mosaico ampio e ancora incompleto, di cui non conosciamo con esattezza i confini. Studiare e immergerci in questi documenti storici è stato, come sempre, stimolante e arricchente. Ogni nuova fonte ci ha permesso di restituire un frammento in più della storia di questa straordinaria manifestazione. La ricerca è un percorso in divenire e continueremo a percorrerlo — per dovere professionale e per passione personale — certi che altri elementi emergeranno negli anni a venire. Con l’auspicio che in futuro anche altri appassionati si dedichino a questo tipo di studi, contribuendo ad ampliare le conoscenze e a tramandare ai posteri la storia in fieri delle origini del Carnevale di Ivrea.”
La relazione degli studiosi invita a superare i luoghi comuni e a riscoprire il Carnevale di Ivrea come un fenomeno storico complesso e affascinante, frutto di un’evoluzione lunga secoli. Contrariamente a quanto comunemente si crede, non nasce nel 1808 con la nomina del primo generale “napoleonico”: quella data segna solo una fase recente di una storia ben più antica e stratificata. Grazie ai documenti d’archivio, sappiamo oggi che le prime testimonianze della festa risalgono al XIII secolo, con riferimenti espliciti al Carnevale già nel 1246 e nel 1325. In origine, si trattava di una celebrazione legata al mondo contadino e ai cicli stagionali, con un ruolo centrale dei giovani. Nel Quattrocento e Cinquecento si svilupparono le badie giovanili: organizzazioni che contribuirono a gestire l’ordine durante le mascherate, anticipando di fatto l’attuale Stato Maggiore del Carnevale. Con il tempo, la festa si è arricchita di influenze religiose, politiche e culturali, trasformandosi in un rituale cittadino condiviso da tutta la comunità. Anche la celebre Battaglia delle arance – oggi simbolo della manifestazione – ha origini ottocentesche, ma richiama riti di scontro simbolico antichissimi, presenti in molte culture europee. A Ivrea, ha assunto un significato forte: la lotta per la libertà.
Il Carnevale di Ivrea si presenta dunque come un patrimonio vivo, frutto di secoli di trasformazioni, tra tradizione popolare, cerimoniale urbano e memoria collettiva. Un’eredità in continua evoluzione, che racconta molto più di quanto possa apparire a prima vista. Un’occasione per guardare con occhi nuovi al passato di una festa che, da secoli, unisce la comunità eporediese nel nome della memoria, della tradizione e della libertà.
I contributi del Ministero della cultura
I contributi della Regione Piemonte
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