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Cronaca
02 Ottobre 2025 - 19:09
(foto Donata Ponchia)
Domani, venerdì 3 ottobre, l’Italia si fermerà. Treni, autobus, scuole, ospedali e autostrade entreranno in sciopero nel segno di Gaza e della Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria abbordata dalle forze israeliane in mare.
Lo sciopero generale proclamato da Cgil e Usb, è stato giudicato «illegittimo» dal Garante, minacciato di precettazione dal governo, ma riconfermato dai sindacati come «doveroso». Oggi, intanto, Settimo Torinese ha già assaggiato l’aria di protesta: militanti e attivisti in piazza, volantini distribuiti tra i passanti, lo slogan ripetuto come un mantra – «perdere una giornata di lavoro per diritti fondamentali».
Oggi pomeriggio, a Settimo Torinese, sindacalisti e attivisti sono scesi in piazza per distribuire volantini e spiegare le ragioni della protesta. Il presidio si è svolto in concomitanza con l’iniziativa “Torino for Gaza”, segno che la mobilitazione ha anche un forte carattere politico e simbolico.
«Stiamo volantinando in concomitanza con il presidio – ha dichiarato Alfonsina d’Onofrio, responsabile Cgil – per dare evidenza allo sciopero nella città metropolitana. È doveroso fermarsi un giorno, perdere una giornata di lavoro, per diritti che riteniamo fondamentali». Le sue parole racchiudono il senso della mobilitazione: non un semplice sciopero rivendicativo, ma un atto politico, che intende legare la condizione dei lavoratori italiani alla solidarietà con chi subisce la guerra a Gaza.
Il volantinaggio di oggi a Settimo Torinese
L’elemento che ha fatto scattare la scintilla è stato l’abbordaggio israeliano delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, un’iniziativa internazionale nata per rompere simbolicamente l’assedio di Gaza e portare aiuti umanitari. Le navi, con a bordo attivisti di diversi Paesi, sono state fermate in mare dalle forze israeliane, generando indignazione e proteste in tutta Europa.
Per i sindacati promotori, lo sciopero del 3 ottobre rappresenta un modo per «non girarsi dall’altra parte» e per mandare un segnale politico: il lavoro si ferma per denunciare quello che viene definito «un genocidio in corso». È un salto di campo che trasforma la mobilitazione da strumento sindacale a gesto politico internazionale.
Lo sciopero generale riguarderà trasporti, scuola, sanità, pubblica amministrazione e settori privati, con disagi pesanti attesi in tutta la penisola.
Trasporti ferroviari: lo stop inizierà stasera, giovedì 2 ottobre, alle 21. Per i treni regionali sono previste fasce di garanzia dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21 di domani.
Autostrade: il personale incrocerà le braccia dalle 22 di stasera. Possibili disagi al traffico per mancanza di presidio ai caselli e manutenzione ridotta.
Metro e autobus: previste fasce di garanzia diverse città per città, ma i collegamenti subiranno ritardi e cancellazioni.
Scuola: lo sciopero coinvolgerà l’intera giornata. I dirigenti scolastici, come prevede l’accordo del 2020, potranno chiudere le scuole se l’adesione sarà tale da rendere impossibile l’erogazione del servizio.
Sanità: lo sciopero durerà per l’intera giornata, ma saranno comunque garantiti i servizi essenziali e le urgenze.
Vigili del fuoco: lo stop sarà di 4 ore (dalle 9 alle 13) per i turnisti, mentre riguarderà l’intera giornata per il personale giornaliero e amministrativo.
In tutta Italia sono previsti circa 100 cortei e manifestazioni, che inevitabilmente rallenteranno il traffico cittadino.
La Commissione di garanzia sugli scioperi ha dichiarato l’iniziativa «in violazione dell’obbligo legale di preavviso» e ha inviato alle organizzazioni sindacali un provvedimento che richiama alle conseguenze di un mancato adeguamento, tra cui possibili sanzioni.
La Cgil ha però annunciato di voler impugnare la decisione e ha ribadito la mobilitazione. «Riconfermiamo lo sciopero», ha dichiarato il segretario Maurizio Landini, «non possiamo tacere davanti al genocidio a Gaza».
Dal governo, invece, arrivano toni di scontro. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha già ventilato la possibilità di una precettazione, ossia l’ordine amministrativo che obbliga a lavorare nei servizi pubblici essenziali. «Se la commissione dirà che non si fa così, farò tutto il possibile per garantire che l’Italia non scenda nel caos. Se poi qualcuno manifesterà, sciopererà ugualmente, aggredirà, bloccherà, ne pagherà penalmente le conseguenze».
Lo sciopero del 3 ottobre non è un semplice atto sindacale, ma un evento che intreccia lavoro, politica e geopolitica. Nasce in Italia, ma si lega a Gaza e alla solidarietà internazionale; richiama i diritti dei lavoratori, ma li innesta in una battaglia per i diritti umani.
Il volantinaggio di oggi a Settimo Torinese lo ha reso chiaro: domani non si tratta solo di fermare treni o scuole, ma di affermare un principio. «Perdere una giornata di lavoro per diritti che riteniamo fondamentali» significa assumersi la responsabilità di un gesto politico, anche a costo di scontrarsi con il Garante, con il governo e con chi teme il caos.
Domani capiremo se l’Italia risponderà all’appello, e fino a che punto i lavoratori sono disposti a trasformare la loro giornata di sciopero in un atto di resistenza civile.
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