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Piemontese fermato da Israele mentre era a bordo della Flotilla: "Se vedete questo messaggio sono stato arrestato"

Abderrahmane Amajou, piemontese di origine marocchina, lancia un appello in video mentre cresce la tensione attorno alla missione umanitaria verso Gaza

Piemontese fermato

Piemontese fermato da Israele mentre era a bordo della Flotilla: "Se vedete questo messaggio sono stato arrestato"

«Se vedete questo messaggio è perché sono stato rapito contro la mia volontà dalle forze israeliane». Sono parole che pesano come macigni quelle pronunciate da Abderrahmane Amajou, 33 anni, presidente di ActionAid Italia, in un video diffuso mentre si trovava a bordo della Paola 1, una delle imbarcazioni della Flotilla diretta verso Gaza. Il giovane, piemontese di adozione e originario del Marocco, si trova ora nelle mani delle autorità israeliane.

L’organizzazione internazionale ActionAid ha confermato nella tarda serata di ieri il “pericolo” per la vita dei volontari a bordo, denunciando il rischio di un atto di forza contro una missione che si proponeva di portare aiuti e solidarietà alla popolazione civile palestinese. «Il nostro lavoro a Gaza – ha ribadito l’associazione – è da anni al fianco delle donne, dei giovani e degli attivisti locali, che vivono fame e lutti quotidiani. Non ci fermeremo».

La vicenda si inserisce in un contesto di crescente tensione nel Mediterraneo e in particolare intorno a Gaza, dove le missioni umanitarie sono sempre più spesso ostacolate o considerate sospette dalle autorità israeliane. La Flotilla, già in passato al centro di duri scontri politici e diplomatici, torna così al centro della cronaca internazionale.

Amajou, cittadino italiano dal 2011, non è solo il presidente di una delle più importanti ong del Paese, ma anche una figura politica conosciuta in Piemonte: è stato consigliere comunale a Bra, in provincia di Cuneo, ed è considerato un punto di riferimento per molte realtà associative locali.

Abderrahmane Amajou, piemontese di origine marocchina

Il video da lui diffuso non è solo un messaggio personale, ma un atto politico: testimonia la volontà di denunciare una detenzione che lui stesso definisce arbitraria. Il suo volto e le sue parole rimbalzano sui social e sui canali di informazione, mentre cresce l’attesa per una presa di posizione ufficiale da parte del governo italiano e delle istituzioni europee.

La Flotilla, composta da imbarcazioni con equipaggi internazionali, mira a rompere simbolicamente il blocco di Gaza e a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale sulla condizione dei civili palestinesi. Il fermo di Amajou rischia di trasformarsi in un caso diplomatico, soprattutto alla luce del suo ruolo e della sua cittadinanza italiana.

Per ora, le uniche certezze sono il suo arresto e le parole dure lasciate in video come una sorta di testamento politico immediato. La comunità piemontese, e in particolare Bra, segue con apprensione le notizie, mentre ActionAid ribadisce che la sua missione “non si fermerà davanti a intimidazioni e sequestri”.

La storia personale di Amajou, arrivato dal Marocco, cresciuto in Italia e diventato una figura di rilievo nazionale nel mondo della cooperazione, si intreccia ora con la storia collettiva di un conflitto che continua a dividere e a generare tragedie. Il suo arresto riporta sotto i riflettori la fragilità dei confini tra aiuto umanitario e accuse di complicità politica, tra missioni civili e risposte militari.

Resta da capire quale sarà la reazione del governo italiano e quale ruolo giocheranno le istituzioni europee per ottenere il rilascio di un loro cittadino e garantire che la voce delle ong possa continuare a operare senza essere criminalizzata. Nel frattempo, l’appello di Amajou resta inciso nelle sue stesse parole: la richiesta di non dimenticare chi, come lui, ha scelto di stare dalla parte dei più fragili.

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