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02 Ottobre 2025 - 18:10
Scudo penale ai medici, Codici attacca il Governo: “Così la salute dei cittadini è ancora più a rischio”
La riforma sanitaria approvata dal Governo, che introduce quello che è stato definito lo “scudo penale” per i medici, accende la polemica. Tra le voci più critiche c’è quella dell’associazione Codici, che denuncia il rischio di un arretramento nei diritti dei pazienti.
Il provvedimento modifica il Codice Penale stabilendo che il personale sanitario potrà essere perseguito per lesioni personali colpose o omicidio colposo soltanto in caso di colpa grave, purché il medico abbia seguito linee guida accreditate o buone pratiche assistenziali. Una norma pensata per alleggerire la pressione legale sul mondo sanitario, ma che secondo Codici rischia di trasformarsi in un pericoloso alibi.
«Proteggere in via preventiva una categoria a discapito dei cittadini non ci sembra una conquista, appare semmai come un clamoroso passo indietro sul fronte dei diritti civili» afferma Ivano Giacomelli, segretario nazionale dell’associazione. Secondo Codici, lo scudo crea un “netto squilibrio tra operatori sanitari e pazienti”, con i secondi che finiscono relegati in un ruolo subalterno.
Il nodo, spiegano, non riguarda la volontà di criminalizzare i professionisti della salute, bensì il rischio che la riforma finisca per assolvere errori legati a carenze strutturali e organizzative. «La cronica mancanza di personale, le strumentazioni obsolete, l’inadeguatezza dei reparti – sottolinea Giacomelli – sono fattori reali, ma se usati come scudo rischiano di mettere il medico al riparo da qualsiasi responsabilità, senza affrontare il vero problema della sanità italiana».
I dati, d’altronde, fotografano un quadro allarmante: le denunce per malasanità sono in aumento, così come le segnalazioni di morti sospette per ritardi nei soccorsi o cure errate. Per Codici non si tratta di un accanimento giudiziario, ma della conseguenza inevitabile di un sistema che non funziona. L’associazione cita casi emblematici, come le ambulanze che arrivano con gravi ritardi o addirittura prive di medico a bordo, episodi che finiscono per trasformare emergenze in tragedie.
Con lo scudo penale, osserva ancora l’associazione, si rischia di scaricare tutto sulle strutture sanitarie e sulle direzioni ospedaliere, senza però fornire strumenti reali per vigilare e intervenire. In questo modo, l’obiettivo dichiarato di ridurre le denunce rischia di tradursi soltanto in una limitazione del diritto dei cittadini a chiedere giustizia.
Il tema dello scudo penale in sanità non è nuovo. Già durante la pandemia da Covid-19, nel 2020, il Governo introdusse una norma che limitava la responsabilità penale dei medici e degli operatori sanitari, escludendo la punibilità in caso di colpa lieve. La ratio allora era chiara: tutelare chi operava in un contesto emergenziale senza protocolli certi e con risorse limitate.
Anche in quella circostanza, però, non mancarono critiche da parte di associazioni dei pazienti e giuristi, che denunciarono il rischio di indebolire il diritto alla tutela legale dei cittadini. Oggi, la nuova riforma ripropone il dilemma in un contesto diverso: non più un’emergenza sanitaria globale, ma il funzionamento ordinario del sistema sanitario.
Per i sostenitori dello scudo, la misura serve ad evitare il ricorso eccessivo alla giustizia penale per episodi legati a contesti organizzativi complessi. Per i detrattori, come Codici, lo strumento finisce per consolidare un doppio standard: medici più protetti, pazienti più esposti.
Il dibattito resta aperto e tocca due diritti costituzionali: da un lato la tutela dei lavoratori che operano in condizioni difficili; dall’altro la tutela dei cittadini, che hanno diritto a cure sicure e a giustizia in caso di errori o negligenze. La vera sfida, secondo Codici, non è ridurre le cause legali ma intervenire sulle falle strutturali del sistema: personale insufficiente, pronto soccorso sovraccarichi, tecnologie datate, percorsi disorganizzati.
In gioco non c’è solo una norma giuridica, ma la fiducia stessa dei cittadini in un sistema sanitario pubblico che dovrebbe garantire equità, sicurezza ed efficienza.
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