Cerca

Attualità

Palazzo Nuovo occupato a Torino. La nuova rettrice Prandi sotto pressione, università sotto assedio

Scuole e università in azione contro Israele e contro l’inerzia delle istituzioni. Dopo la Flotilla e l’insediamento della rettrice, i collettivi rilanciano la mobilitazione

Palazzo Nuovo occupato a Torino. La nuova rettrice Prandi sotto pressione, università sotto assedio

Palazzo Nuovo occupato a Torino. La nuova rettrice Prandi sotto pressione, università sotto assedio

Palazzo Nuovo è occupato. Di nuovo. A Torino, la sede delle facoltà umanistiche si è trasformata ancora una volta nell’epicentro della protesta studentesca. Dalla sera di mercoledì 1° ottobre, decine di ragazzi hanno deciso di prendere possesso delle aule e dei corridoi, mantenendo la promessa annunciata nei giorni scorsi: bloccare l’università come risposta al fermo della Global Sumud Flotilla, l’imbarcazione civile diretta verso Gaza e intercettata dall’esercito israeliano.

Gli studenti hanno scelto di presentarsi come “equipaggio di terra”, un prolungamento simbolico di chi era a bordo delle navi, oggi fermato e costretto ad affrontare conseguenze giudiziarie. La loro occupazione vuole essere una continuità della mobilitazione, una pressione politica esercitata dentro e fuori le mura universitarie, in solidarietà con Gaza e contro un assedio che, secondo gli attivisti, utilizza anche la fame come arma.

L’occupazione di Palazzo Nuovo non nasce dal nulla. È il risultato di mesi di tensioni crescenti all’interno dell’Ateneo torinese, alimentate prima di tutto dall’insediamento della nuova rettrice Cristina Prandi. Alla Cavallerizza Reale, nel giorno della cerimonia ufficiale, l’arrivo del nuovo vertice accademico era stato accolto non solo da applausi istituzionali ma anche da un fronte di protesta organizzato dai collettivi. In quell’occasione, la rettrice aveva usato parole dure, parlando di “guerra di sterminio” e citando i rapporti di organizzazioni internazionali come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Human Rights Watch, Amnesty International e la Corte internazionale di giustizia. Aveva anche promesso azioni concrete: borse di studio per studenti palestinesi, programmi di ricerca condivisi e reti universitarie per favorire corridoi umanitari.

Tuttavia, le dichiarazioni non hanno convinto i collettivi. Gli studenti di Cambiare Rotta hanno letto una lettera, firmata da oltre seicento persone, nella quale denunciavano la distanza tra le parole pronunciate e le azioni effettive. Contestavano il fatto che la mozione su Gaza fosse stata soltanto letta in Senato e non discussa, e criticavano la gestione della cerimonia, svoltasi secondo loro “dietro lo schieramento di polizia”. La conclusione del loro intervento era stata un grido di “Palestina libera”, accolto dall’applauso di parte del pubblico.

La delegazione studentesca, uscita insoddisfatta dall’incontro con la rettrice, aveva proseguito in corteo fino a Palazzo Nuovo, preludio all’occupazione. Con loro anche i ragazzi di Pro Pal Torino, che hanno rimarcato la necessità di un Senato accademico straordinario e aperto a tutta la comunità studentesca, in cui discutere e votare di nuovo la mozione, con l’obiettivo dichiarato di arrivare a un boicottaggio accademico totale nei confronti di Israele e alla rescissione di ogni accordo con università e aziende coinvolte nel conflitto, tra cui la stessa Leonardo.

Il quadro che emerge a Torino non è isolato. n tutta Italia, nelle stesse ore, scuole e università sono entrate in agitazione in sostegno alla causa palestinese. A Roma, il liceo Virgilio ha ospitato un’assemblea straordinaria, mentre il liceo Socrate e il liceo Cavour sono rimasti occupati. A Pomezia, gli studenti del liceo Pablo Picasso hanno deciso di occupare l’istituto, mentre il liceo Rossellini, sempre a Roma, è stato sgomberato nelle ore precedenti. A Milano, il liceo Marconi ha aderito alla mobilitazione; a Genova sono stati occupati l’Istituto Italo Calvino e il rettorato universitario; a Bari hanno interrotto le lezioni gli studenti del liceo artistico Pascali e dell’istituto De Nittis.

Mobilitazioni anche a Padova, dove il Collettivo Autorganizzato Universitario ha bloccato l’accesso al Polo Beato Pellegrino appendendo striscioni e delimitando gli ingressi con nastro rosso. Aule occupate e interruzioni delle lezioni si sono ripetute per spiegare agli altri studenti le ragioni della protesta, culminata nell’occupazione del Dipartimento di Sociologia. A Napoli, le sigle studentesche dell’Orientale e di Federico II hanno ribadito lo stesso concetto già emerso a Torino: se la Flotilla viene fermata in mare, loro bloccheranno scuole e università a terra.

A legare queste proteste c’è lo slogan nazionale “Blocchiamo tutto”, che sintetizza l’intenzione di non fermarsi davanti agli appelli alla moderazione e di continuare a mobilitarsi fino a quando gli atenei italiani non adotteranno posizioni chiare e misure concrete. Nel mirino ci sono le relazioni istituzionali e scientifiche con le università israeliane e con aziende considerate parte integrante del sistema bellico.

A Torino la protesta appare destinata a proseguire. Palazzo Nuovo diventa così un simbolo di protesta studentesca, ma anche un banco di prova per la nuova rettrice, chiamata a gestire una situazione delicata sin dai primi giorni del suo mandato. La contestazione non si limita a un singolo episodio: è un processo che intreccia la vicenda internazionale della Flotilla, la gestione interna delle istituzioni accademiche e la percezione, da parte degli studenti, di un’università che non può limitarsi a parole di solidarietà, ma deve trasformarle in azioni tangibili.

Il fermento che attraversa gli atenei italiani mostra come la questione palestinese non sia più relegata a cortei episodici, ma si stia trasformando in un movimento diffuso, capace di unire licei, università e collettivi sotto un’unica bandiera. L’occupazione di Palazzo Nuovo rappresenta dunque solo l’ultima tappa di un percorso che promette di intensificarsi nelle prossime settimane. In programma ci sono nuove assemblee, cortei e richieste formali di apertura del Senato accademico, con un obiettivo preciso: costringere le istituzioni universitarie a prendere posizione in maniera netta.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori