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Alberto Di Tanno si compra una banca: il torinese che dall’auto al credito vuole ridisegnare il gioco

Dal volante ai conti correnti: l’imprenditore di Intergea mette le mani su Banca Privata Leasing, promette capitale fresco e una nuova fase di rilancio, trasformando una crisi in occasione di conquista

Alberto Di Tanno

Alberto Di Tanno

È il giorno in cui Alberto Di Tanno fa esattamente quello che molti imprenditori torinesi dicono da anni di voler fare: smette di corteggiare il credito da cliente e decide di entrarci da azionista di controllo. Il patron dell’automotive, anima del gruppo Intergea, ha raggiunto un accordo preliminare per comprare l’83% di Banca Privata Leasing attraverso Next.us, la sua holding di investimenti. Il passaggio di mano avviene dalla reggiana Privata Holding, riconducibile alla famiglia Spallanzani, ed è il primo tassello di una strategia che proietta l’imprenditore torinese oltre i confini della distribuzione auto. L’operazione dovrà passare per le autorizzazioni di vigilanza, ma la cornice è fissata: closing atteso entro il primo trimestre del 2026 e un aumento di capitale per irrobustire la banca e rilanciarne il profilo industriale.

L'operazione, assistita da Sabrina Filiberto dello  Studio Antoniotti di Torino, dal financial advisor Umberto Rorai di Deloitte e dall'advisor legale Gatti Pavesi Bianchi Ludovici, non nasce nel vuoto. Banca Privata Leasing viene da due esercizi difficili, con un rosso 2024 vicino ai 20 milioni di euro e indicatori operativi in calo: contratti di leasing –23%, raccolta diretta –6%, raccolta istituzionale –38%, mutui erogati –86%. Numeri che spiegano la scelta degli attuali proprietari di farsi da parte e di cercare un nuovo azionista in grado di sostenere un percorso di ristrutturazione e crescita.

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Il dossier, del resto, era finito anche sotto i riflettori della vigilanza: nell’estate 2024 Banca d’Italia aveva affiancato due commissari al Cda, in un contesto di crediti deteriorati in aumento (da 22,2 a 39,4 milioni, quasi +78% anno su anno) e svalutazioni corpose (8 milioni) su posizioni di clientela messe in difficoltà dal rialzo dei tassi. Un quadro complesso ma non irrimediabile, soprattutto se letto come base di ripartenza per un investitore con piani industriali chiari e risorse fresche.

Chi compra cosa, esattamente? La banca nasce nel 1987 come Privata Leasing; nel tempo ha costruito un piccolo gruppo con un profilo da “challenger bank”, che combina leasing e mutui per Pmi e professionisti, cessione del quinto (anche tramite ADV Finance e ADV Family) e raccolta del risparmio con conto deposito online. È un perimetro coerente con la vocazione manifatturiera dei territori serviti, ma che negli ultimi due anni ha sofferto l’impennata del costo del denaro e la frenata degli investimenti.

Nel comunicato ufficiale, la banca parla esplicitamente di “nuova fase” e conferma che l’intesa tra Privata Holding e Next.us è un preliminare: significa che i dettagli operativi – dall’entità dell’aumento di capitale alle leve di rifocalizzazione del business – matureranno nei prossimi mesi, in dialogo con le autorità. La famiglia Spallanzanirivendica una scelta di continuità con la missione originaria di sostegno alle Pmi; Di Tanno mette sul tavolo l’idea di affiancare al suo core business automotive una presenza qualificata nel credito, dove fidelizzare clienti e reti commerciali lungo l’intero ciclo di vita dell’auto e dei servizi connessi. “Vogliamo rafforzare il sostegno alle imprese del territorio”, dice la nota; la traduzione industriale è: portare capitale, governance e sinergie commerciali.

C’è anche un sottotesto industriale che riguarda Torino e il suo ecosistema. Di Tanno è uno degli imprenditori che hanno cavalcato con metodo la trasformazione del retail automotive; oggi scommette su un contesto di mercato in cui si vendono meno auto tradizionali, ma si aprono spazi per nuove filiere (elettrico, usato certificato, servizi finanziari). In un’intervista pubblicata di recente, l’imprenditore ha ribadito che vede margini sull’utilitaria e che guarda con attenzione all’arrivo dei marchi cinesi in Europa. La scelta di “comprarsi una banca” è la tessera che completa il mosaico: intercettare il cliente quando sceglie, guida, mantiene e cambia l’auto, con prodotti finanziari proprietari anziché in outsourcing.

Per Banca Privata Leasing la partita si gioca su tre fronti. Primo: capitale e qualità dell’attivo. L’aumento di capitale annunciato dovrà assorbire le perdite, riportare i ratio patrimoniali su livelli confortevoli e finanziare la pulizia dei portafogli, con una gestione attiva dei crediti deteriorati e una politica di rischio più granulare. Secondo: rifocalizzazione commerciale. Il mix tra leasing strumentale e immobiliare, cessione del quinto e conti deposito andrà ritarato, evitando la trappola dei volumi “a tutti i costi” che negli anni passati ha bruciato margini. Terzo: tecnologia e canali. Il conto deposito online è una base da cui ripartire, ma l’esperienza cliente – onboarding, prevenzione frodi, analytics del rischio – necessita di investimenti che solo un azionista stabile può garantire. Le linee guida emergono dai documenti e dai commenti ufficiali, anche se i piani dettagliati arriveranno più avanti.

Il contesto competitivo non sta a guardare. Nel 2024 c’erano stati interessamenti di altri operatori specializzati nel credito alle Pmi, segno che l’asset aveva un suo valore strategico malgrado la congiuntura. La concorrenza nel leasing è oggi popolata da captive finance delle case automobilistiche, da banche medie e da fintech che spingono su processi digitali e pricing dinamico: per reggere l’urto, servono focalizzazione e tempi rapidi di esecuzione.

Resta la domanda chiave: perché un imprenditore dell’auto dovrebbe voler entrare in una banca in fase di rilancio? La risposta è industriale più che finanziaria. Intergea conosce come pochi il comportamento d’acquisto degli automobilisti e delle imprese clienti delle sue reti: portare in casa la fabbrica dei prodotti di credito significa accorciare la filiera, presidiare il margine finanziario, disegnare offerte integrate (leasing operativo, manutenzione, assicurazioni, noleggio, buy-back) e costruire customer lifetime value. In una fase in cui i margini sul ferro sono compressi e la domanda è volatile, il differenziale lo fanno i servizi e la finanza. L’operazione su Banca Privata Leasing mira esattamente a questo.

Per chi osserva Torino, l’affare ha anche un valore simbolico. Negli anni in cui la città ha cercato nuove ancore dopo la stagione delle grandi fabbriche, l’imprenditoria “di filiera” ha spesso fatto capolino senza però mettere radici nel credito. Di Tanno sceglie la via più impegnativa: non un accordo commerciale, non una partnership di facciata, ma un investimento con responsabilità industriale, governance e tempi lunghi. “Ora Intergea compra una banca”, ha detto, quasi a voler chiudere il cerchio di un percorso iniziato nei saloni e proseguito nei data center. Se i numeri torneranno a parlare, la scommessa di oggi potrà diventare il case study di domani.

Nel frattempo, la banca dovrà fare la sua parte: consolidare il portafoglio, ricostruire fiducia con i depositanti, riposizionare l’offerta su nicchie redditizie (Pmi manifatturiere, energie rinnovabili, logistica), valorizzare le controllate specializzate nella cessione del quinto e, soprattutto, dimostrare che una governance “di mestiere” può raddrizzare la rotta in tempi ragionevoli. La strada è tracciata dai comunicati e dalle carte, ma sarà il mercato – e non gli annunci – a certificare se l’83% acquistato oggi è l’inizio di una nuova vita o solo un passaggio di proprietà.

Chi è Alberto Di Tanno, l'imprenditore che aveva "fame"?

Alberto Di Tanno nasce nel 1964 a Torino, in una famiglia in cui il lavoro e l’iniziativa imprenditoriale non erano concetti astratti ma valori quotidiani. La sua non è la parabola dell’outsider piovuto dal nulla, ma quella di un uomo che ha saputo mettere insieme pazienza, visione e quella che lui stesso definisce “fame”: la spinta a costruire, a non accontentarsi, a non lasciarsi imbrigliare da limiti esterni. Più volte, nelle sue interviste, ha spiegato che il motore delle sue azioni è la ricerca di libertà: non ostentazione, ma la possibilità di scegliere senza vincoli.

Nel 2003 fonda Intergea, concentrandosi da subito sul settore automobilistico. Da concessionario a network nazionale, il passo è lungo e richiede metodo: strategie, capacità di guidare grandi gruppi di lavoro, attenzione rigorosa ai numeri e alla trasformazione del mercato. Di Tanno assume fin dall’inizio la responsabilità piena: azionista di maggioranza, presidente e amministratore delegato, si carica sulle spalle il destino del gruppo. Oggi Intergea è una realtà con migliaia di collaboratori, decine di migliaia di auto consegnate ogni anno e un fatturato che la colloca tra i principali operatori italiani del settore. La crescita non è stata lineare, ma frutto di espansioni mirate, diversificazioni, radicamento sul territorio e capacità di intercettare i cambiamenti.

Una delle mosse più audaci arriva nel 2008, quando Di Tanno decide di fondare Nobis Compagnia di Assicurazioni. Un’operazione insolita per un concessionario: significa voler disegnare il ciclo di vita dell’auto includendo anche i servizi di protezione assicurativa, chiudendo il cerchio di un “ecosistema” che va oltre la vendita. Nobis cresce rapidamente, diversificando le attività e acquisendo un ruolo significativo sul mercato italiano. Nel 2024, però, Di Tanno decide di uscire: cede la sua quota di controllo ad AXA Italia, in un’operazione da oltre 423 milioni di euro, con la possibilità di un ulteriore corrispettivo legato ai risultati futuri. Una scelta che gli permette di monetizzare l’investimento e concentrare risorse su nuove sfide, pur mantenendo un impegno transitorio nello sviluppo della divisione automotive della compagnia.

Nel frattempo, la struttura operativa di Intergea continua a evolversi. Nascono progetti tech e digitali, vengono lanciate nuove linee come Autobro e LaCompriamoNoi per presidiare l’e-commerce dell’auto, e nel 2025 viene avviata Italrent, società di noleggio a lungo termine. In sostanza, Di Tanno non è soltanto il capo di una rete di concessionarie: accompagna il cliente in tutte le fasi, dall’acquisto all’uso, fino ai servizi accessori.

Il suo stile imprenditoriale è peculiare. Applica a Intergea un metodo che definisce “federale”: autonomia alle concessionarie locali, incentivi legati ai risultati, responsabilità e deleghe reali. Ogni filiale deve sentirsi protagonista, con obiettivi comuni ma libertà di azione. In più occasioni ha sottolineato l’importanza di abbracciare l’innovazione: digitale, intelligenza artificiale nei processi, analisi dei lead. È un approccio che combina radicamento territoriale e apertura tecnologica.

Non manca un impegno diretto nel dibattito pubblico. Di Tanno è intervenuto spesso sul futuro dell’industria automobilistica, mettendo in guardia dai rischi di “stallo” legati alla transizione verso l’elettrico, alle normative sempre più stringenti, alla crescente preferenza per l’usato. Le sue parole mostrano un imprenditore consapevole delle sfide, non un entusiasta acritico: serve strategia, equilibrio e capacità di leggere i cicli economici.

La notizia più recente, però, segna una svolta: attraverso la holding Next.us, Di Tanno ha firmato un preliminare per acquisire l’83% di Banca Privata Leasing, finora in mano alla famiglia Spallanzani. Non si tratta di un investimento passivo, ma di un progetto industriale che prevede un aumento di capitale e il rilancio della banca come leva strategica. Per Di Tanno significa estendere la propria influenza: dall’auto al credito, dal ferro al capitale.

Questa scelta racconta di un imprenditore che non vuole più essere soltanto “colui che vende automobili”, ma chi costruisce l’esperienza integrata intorno al cliente. Vuole presidiare i momenti cruciali: quando si compra, si guida, si ammortizza, si rinnova. La banca, in quest’ottica, non è un accessorio, ma un pilastro del modello.

Naturalmente, i rischi non mancano. Il mondo bancario ha logiche diverse: vigilanza, gestione del credito, rapporti con le autorità. Le crisi degli ultimi anni hanno dimostrato quanto sia delicato l’equilibrio del settore. Ma se c’è un tratto che definisce Alberto Di Tanno è proprio l’audacia: quella di scegliere il momento giusto, di spingersi oltre i confini conosciuti.

La verità è che Alberto Di Tanno è un imprenditore che ha fatto della “fame” il suo marchio distintivo. Da Torino al resto d’Italia, da Intergea a Nobis, fino a Banca Privata Leasing, ha costruito un percorso che intreccia ambizione e realismo. Non si accontenta di gestire la parte fisica dell’auto, vuole occuparsi dello spazio invisibile dei servizi e del credito. Con l’ingresso nel mondo bancario, sceglie un salto non solo verticale ma laterale: una nuova partita, con regole diverse, che potrebbe ridefinire non solo la sua carriera ma anche il modo in cui un gruppo automotive concepisce il servizio integrato.

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