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Onu, show di Netanyahu: nega genocidio e carestia a Gaza e sventola le "mappe della paura"

Il premier israeliano rievoca il 7 ottobre, nega genocidio e carestia a Gaza e rilancia sul programma nucleare di Teheran

Onu, Netanyahu

Onu, Netanyahu nega genocidio e carestia a Gaza: delegati lasciano l’aula mentre agita le "mappe della paura"

L’intervento di Benjamin Netanyahu all’Assemblea generale delle Nazioni Unite è stato tutto fuorché ordinario. Il premier israeliano è salito sul podio indossando una giacca con cucito un qr code che rimandava a un sito dedicato a documentare le atrocità del 7 ottobre, data dell’attacco di Hamas contro Israele. Un gesto simbolico che ha immediatamente polarizzato la platea. Molti delegati hanno abbandonato l’aula prima che parlasse, altri lo hanno accolto con applausi convinti.

Netanyahu ha scandito parole dure, affermando che “attorno a Israele c’è una morsa mortale”. Il messaggio più diretto è stato rivolto a Hamas: la richiesta di “deporre le armi, lasciare andare gli ostaggi, tutti, e farlo subito”. Una minaccia velata ma netta ha accompagnato l’appello: se ciò non accadrà, ha detto, Israele continuerà a dare la caccia ai miliziani “fino a trovarli”. Quanto all’offensiva in corso su Gaza, ha ribadito l’obiettivo di “finire il lavoro il più velocemente possibile”.

La parte più accesa del discorso ha riguardato le accuse internazionali a Israele. Netanyahu ha respinto con forza i rilievi di genocidio e di carestia: definire queste accuse “uno scherzo” è stato il modo scelto per ribaltare la narrazione. Secondo il premier, un Paese che volesse sterminare una popolazione non cercherebbe di evacuare i civili verso zone considerate sicure. Quanto alla crisi umanitaria, ha sostenuto che non vi è un piano deliberato di affamare Gaza: al contrario, Israele starebbe garantendo l’ingresso di beni essenziali. Le difficoltà, ha aggiunto, deriverebbero dal fatto che “Hamas ruba le forniture di cibo”.

L’intervento non si è limitato al fronte di Gaza. Netanyahu ha puntato il dito anche contro l’Iran, esibendo una “mappa del terrore” per illustrare la rete di influenza che Teheran eserciterebbe in Medio Oriente. Ha ribadito che l’Iran non rappresenta solo una minaccia diretta per Israele, ma anche per gli Stati Uniti, denunciando il rapido sviluppo di un programma nucleare e di missili balistici. Un’accusa che ha voluto accompagnare con una richiesta formale all’Onu: ripristinare le sanzioni contro la Repubblica islamica.

Non sono mancati i riferimenti politici. Netanyahu ha ringraziato l’ex presidente Donald Trump per le “iniziative efficaci” intraprese in passato contro Teheran, a conferma di un legame politico e strategico che resta saldo nel ricordo, nonostante i rapporti con l’attuale amministrazione americana siano più complessi.

Il discorso ha così messo in evidenza le linee guida della strategia israeliana: nessuna concessione a Hamas, una difesa serrata contro le accuse internazionali e la convinzione che il principale avversario a lungo termine resti l’Iran. Una linea dura che, anche in sede Onu, conferma la distanza tra Israele e una parte della comunità internazionale, sempre più critica verso l’andamento del conflitto a Gaza.

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