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Montanaro riparte dai guanti e dai sacchi: Puliamo il Mondo 2025 fa il pieno lungo l’Orco, sulle strade di campagna e sotto il cavalcavia di via Tremoli

Un’intera mattinata tra rifiuti ingombranti e micro-degrado: volontari, amministratori e mezzi comunali all’opera, centro più ordinato ma la periferia campestre resta il punto debole con abbandoni da ristrutturazioni e cantine

Montanaro riparte

Montanaro riparte dai guanti e dai sacchi

Sabato 20 settembre, a Montanaro, la versione utile dell’autunno ha indossato pettorine e guanti. L’edizione 2025 di Puliamo il Mondo, organizzata dall’ENDAS R. Bello Montanaro con il contributo diretto del Comune, ha radunato eco-volontari, il vice sindaco e il consigliere Pellegrino per una mattinata senza slogan, tutta fatti: due mezzi a disposizione — uno del Comune e uno dell’associazione — e una mappa di interventi che dice molto sulle abitudini (e le cattive abitudini) del territorio. Il fronte più impegnativo, come ogni anno, è stato il torrente Orco nei pressi del Mulino dei Boschi, dove la vegetazione trattiene ciò che l’inciviltà abbandona.

Ma il lavoro intenso ha toccato anche le strade di campagna lungo la provinciale 82 per Foglizzo e l’area sotto il cavalcavia di via Tremoli della circonvallazione. Qui i sacchi non bastano mai: all’ecocentro sono finiti un mobile intero, vecchie damigiane, pallet di legno, oltre a sacchi di rifiuti misti e bottiglie di vetro. In paese, i gruppi a piedi hanno ripulito alcune strade centrali, la zona retrostante la chiesa parrocchiale, il viale tra le allee e le allee stesse. Il repertorio, purtroppo noto, racconta un consumo distratto: bottiglie di plastica e vetro, pacchetti di sigarette, sacchetti di patatine. Piccoli gesti di una cattiva educazione che, sommati, cambiano il volto dei luoghi vissuti ogni giorno. La fotografia che emerge è in chiaroscuro. All’interno del centro abitato il quadro appare leggermente migliorato rispetto agli anni scorsi: strade più pulite, meno accumuli in prossimità dei percorsi quotidiani.

È un segnale che premia il lavoro costante di volontari e operatori e l’effetto di una sensibilità che lentamente cresce. Ma appena il paese lascia spazio ai campi, il copione torna a complicarsi: la periferia campestre continua a essere trattata come discarica. Qui spuntano gli scarti “pesanti” di ristrutturazioni e svuotamenti cantine: rubinetterie, laterizi, plinti, sacchi di macerie e arredi dismessi. È il salto di scala che trasforma un gesto incivile in un reato ambientale e che, oltre a deturpare, costringe la collettività a pagare due volte, in pulizia e smaltimento.

Nel mezzo ci sono volti e braccia: gli eco-volontari, gli amministratori con la pettorina, i conducenti dei mezzi che fanno la spola, chi taglia, chi piega, chi raccoglie frammenti di vetro tra i ciottoli. Non c’è spettacolo, c’è un metodo: si parte dai nodi critici (alvei, sottopassi, imbocchi di campagne), si setacciano i bordi strada, si chiude coi conferimenti all’ecocentro. A fine turno restano cumuli che parlano chiaro e una porzione di territorio restituita alla normalità. L’operazione vale anche come censimento informale dei luoghi fragili. Il torrente Orco vicino al Mulino dei Boschi conferma la sua natura di calamita per gli scarti; la SP82 ribadisce quanto il traffico agricolo e i passaggi serali amplifichino il rischio abbandoni; il sottopasso di via Tremoli resta un imbuto dove l’ombra copre e l’inciviltà approfitta.

Sono hotspot da tenere sotto osservazione lungo l’anno, per evitare che l’intervento annuale diventi una parentesi. L’associazione, al termine, ringrazia i partecipanti e dà appuntamento al prossimo anno. Il punto, però, è adesso. Le giornate come questa servono a ripulire ma soprattutto a misurare: misurare quanto resta da fare sul fronte della prevenzione, dell’educazione e dei controlli; misurare l’effetto delle azioni di prossimità nei quartieri e della collaborazione tra Comune e realtà del volontariato; misurare dove la pulizia resiste e dove, invece, si sbriciola in fretta.

Se il centro appare più ordinato, la sfida vera si gioca ai margini, lì dove una damigiana dimenticata diventa simbolo di un confine poco presidiato. Ripartire da qui significa mettere in fila ciò che funziona — la squadra, la logistica, i conferimenti — e spingere sulla costanza, perché la cura del territorio non è un evento, è un percorso. Montanaro lo ha ricordato con una mattina di lavoro vero: pochi proclami, molte mani. È così che una comunità tiene unito il proprio paesaggio.

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