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18 Settembre 2025 - 09:56
Dal "medico di cartone" ai bambini ucraini: Ronco Canavese resiste allo spopolamento, con un'idea geniale
A Ronco Canavese il timore di restare senza medico era diventato realtà concreta. Un paese lontano, raggiungibile solo con strade tortuose, dove ogni servizio essenziale è un presidio di sopravvivenza. Con il pensionamento del medico di base e l’assenza di un sostituto, l’intera comunità si è trovata sull’orlo di un vuoto sanitario. Per protesta, il sindaco e i residenti avevano collocato un medico di cartone all’ingresso del municipio, un gesto simbolico per denunciare l’abbandono delle valli da parte delle istituzioni. Per settimane, l’unico riferimento rimasto era a Pont Canavese, a venti chilometri di distanza: una distanza minima se letta su una cartina, ma che in montagna significa tempi lunghi, difficoltà logistiche e ostacoli quotidiani per chi è anziano o non automunito.
La pressione ha funzionato. Dopo settimane di incertezza, è arrivata la dottoressa Alessia Ronchietto, che ha preso servizio e restituito ai residenti un punto di riferimento medico indispensabile. Persone come Maria Giovanna e Gabriella, da anni impegnate in iniziative sociali e culturali, hanno accolto la notizia con sollievo, consapevoli che la salute in valle non è un dettaglio, ma la condizione necessaria per restare a vivere in luoghi altrimenti condannati allo spopolamento.
Il caso di Ronco si inserisce in un quadro più ampio: la carenza di medici di base nelle aree montane, un fenomeno che rischia di lasciare interi territori privi di assistenza. La nuova legge sulla montagna, approvata di recente, introduce incentivi specifici: doppio punteggio per i professionisti che scelgono di esercitare in valli e paesi isolati, oltre a crediti di imposta per gli affitti. Misure che intendono rendere più attrattivo un incarico che, altrimenti, non trova candidati.
Ma Ronco non è soltanto la storia di un medico mancante e poi ritrovato. È anche il racconto di una scuola che resiste contro ogni logica numerica. Tredici alunni in totale, di cui ben otto provenienti dall’Ucraina. Sono figli di famiglie arrivate nel 2022, all’indomani dell’invasione russa, e accolte nel Centro di accoglienza straordinaria allestito nei locali della RSA “San Giuseppe”. Qui donne, madri e nonne hanno trovato riparo con i bambini, che già dall’anno scolastico 2022/2023 hanno riempito i banchi della primaria. In poche settimane la scuola ha visto raddoppiare le iscrizioni, salvandosi dal rischio chiusura.
Ronco Canavese dall'alto
Oggi, quegli stessi bambini parlano italiano e hanno imparato anche il franco-provenzale, lingua minoritaria ancora viva in val Soana. Ogni settimana seguono una lezione di patois, insieme ai compagni locali, in una fusione che intreccia accoglienza e tradizione. Alcuni di loro hanno partecipato alle feste del paese, altri hanno condiviso attività con i coetanei del posto, segno che l’integrazione può passare anche dalle valli più remote.
A maggio 2023 i numeri raccontavano un quadro impressionante per un paese così piccolo: oltre novanta profughi ucraini presenti, di cui una trentina in età scolare. Non a caso è stato firmato un accordo di collaborazione tra Ronco Canavese e la comunità urbana territoriale di Kreminna, in Ucraina, da cui provengono molti dei rifugiati ospitati. Un legame che ha trasformato la valle in un luogo di solidarietà internazionale, pur con tutte le fragilità di un territorio che lotta contro lo spopolamento.
La presenza degli ucraini ha portato nuova vita non solo alla scuola, ma anche al tessuto sociale. Iniziative come la biblioteca allestita da Maria Giovanna e Gabriella hanno offerto spazi di lettura e incontro, utili tanto ai bambini locali quanto a quelli appena arrivati. La scuola elementare, minuscola ma preziosa, è diventata un laboratorio di convivenza: tredici alunni che ogni giorno tengono insieme lingue, storie, difficoltà e speranze.
In val Soana, la sanità, l’istruzione e la cultura sono i tre pilastri di una resistenza quotidiana. Senza medico, senza scuola e senza legami comunitari il paese rischierebbe di spegnersi. Il ritorno di un presidio sanitario, l’arrivo dei bambini dall’Ucraina e la volontà di mantenere viva la lingua franco-provenzale rappresentano tre facce della stessa battaglia: non rassegnarsi al destino dell’abbandono.
Il “dottore di cartone” resta come simbolo di una protesta efficace. Ma al di là delle provocazioni, la lezione di Ronco è che anche i luoghi più piccoli e dimenticati possono diventare, con determinazione e scelte politiche mirate, terreno di sperimentazione per un’Italia che non vuole perdere i suoi territori più fragili.
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