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11 Settembre 2025 - 20:39
I manifesti apparsi e l'inchiesta di Fanpage
"Rifiuta la cultura maranza: scegli i giovani di destra". Questo è il motto dei nuovi manifesti di Gioventù Nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia, apparsi a Torino. Come se tutto ciò che non fosse di destra fosse "maranza". Come se non fosse possibile una cultura di sinistra progressista diversa dai centri sociali, diversa da Askatasuna "e company", e dai "maranza" che nulla hanno a che fare con la politica, ma che spesso sono solo ragazzi con scarsa scolarizzazione di cui la società – indipendentemente dal colore politico del governo o del Comune – non si è voluta concretamente occupare. Emarginando, escludendo, puntando dita contro, senza mai occuparsi del problema educativo e sociale di fondo.
I cosiddetti "maranza" non sono produttori di degrado "ex novo", come una certa destra vorrebbe dipingerli liquidando facilmente la questione, ma "figli" di un contesto che non ha saputo accogliere, integrare e valorizzare i giovani. Immigrati e non.
I Giovani Democratici torinesi hanno infatti parlato di manifesti “vergognosi e ipocriti”, esprimendo preoccupazione per un uso politico di un linguaggio che incita alla divisione sociale e alla demonizzazione di una parte della gioventù.
Il termine "maranza", nell’interpretazione di Gioventù Nazionale, si riferisce a un fenomeno che esalta atteggiamenti di violenza, abuso di droghe e vandalismo. Secondo i giovani di destra, questa cultura sta prendendo piede in diverse periferie italiane, con il fenomeno delle baby gang che rappresenterebbe la manifestazione più evidente di tale disagio. Il loro messaggio appare chiaro: l’unico modo per uscire da questo ciclo di violenza è abbracciare valori di “responsabilità, rispetto, amore per la giustizia” e un legame forte con la tradizione nazionale.
E così, ecco il dato che emerge: sinistra = maranza; destra = giustizia. Un'equazione tanto semplice quanto fuorviante, in quanto rischia di sfociare nella demonizzazione di ogni forma di opposizione politica, visto che la cultura di sinistra, o anche semplicemente "non maranza" (non sia mai che esista una Terza Via o un liberalismo moderato, figuriamoci un socialismo liberale...) non viene mai considerata degna di un dibattito che non la riduca a uno stereotipo di violenza e degrado. La stessa logica che permea il messaggio dei manifesti può essere vista come un tentativo di delegittimare e annientare le altre visioni della società, relegandole a un ruolo di inferiorità rispetto alla loro proposta.
Dietro questa iniziativa, tuttavia, non si cela solo una critica alla “cultura maranza”, ma anche una riflessione, o meglio, una rivendicazione esplicita di un modello di società che guarda al passato. I militanti di Gioventù Nazionale si sono distinti per atti e dichiarazioni che rievocano un passato oscuro, quello del fascismo. Le accuse di neofascista non sono affatto nuove, e si sono rafforzate dopo una serie di eventi e dichiarazioni che non lasciano spazio a interpretazioni ambigue. Nel 2024, infatti, Gioventù Nazionale è stata al centro di uno scandalo che ha coinvolto alcuni dei suoi esponenti, ripresi in video mentre inneggiavano al “Duce” e al “fascismo”. In un’inchiesta sotto copertura di Fanpage, i militanti del movimento giovanile sono stati visti partecipare a eventi e manifestazioni con saluti romani, inni fascisti e celebrazioni esplicite del regime mussoliniano. Tra le testimonianze raccolte, spicca quella di una giovane militante che, con orgoglio, dichiarava di aver ricevuto in regalo un “corredo nero di seta” dal nonno fascista, un fatto che sembrava non solo evocare nostalgia per il Ventennio, ma anche celebrare quella parte della storia che la maggioranza della società italiana continua a rifiutare.
Questa ideologia di matrice neofascista è tutt’altro che isolata all’interno di Gioventù Nazionale. La sua giovane classe dirigente, che con orgoglio si definisce come “la migliore gioventù”, ha preso piede all’interno delle forze politiche di destra, alimentando quella trasformazione silenziosa della destra radicale in una forza sempre più radicata nel tessuto sociale, anche tra i giovani.
Quello che sta accadendo a Torino con l’affissione dei manifesti è solo l’ultimo capitolo di una lunga serie di provocazioni che vanno a rafforzare l’identità di Gioventù Nazionale come movimento che si rifà a un immaginario del passato, più che a un progetto politico per il futuro. Un passato oscuro, fatto di guerra, di censura, di "veline" inviate alle redazioni dei giornali e di libertà di pensiero assente.
L’occupazione della sede del partito a Roma da parte dei giovani militanti di FdI lo scorso agosto è un altro segnale di un movimento che rivendica una propria autonomia e un potere di influenza che va oltre il semplice sostegno elettorale. La decisione di spostare la sede a Garbatella ha suscitato una protesta che si è trasformata in un’occupazione simbolica, con i giovani che si sono rifiutati di accettare l’autorità del partito madre. Un gesto che non è stato solo politico, ma anche culturale: un’affermazione del loro diritto di gestire, e anche di definire, l’identità del movimento.
Il problema centrale che emerge da queste provocazioni non riguarda solo la politizzazione della cultura giovanile, ma anche la crescente polarizzazione del dibattito pubblico. Quando una parte significativa della gioventù viene attratta da un movimento che promuove valori fondati su nostalgie di epoche che la storia ha condannato, il rischio è che l’intero spazio culturale e politico diventi irrespirabile per chi cerca alternative. La sinistra, la cultura progressista, rischiano di essere percepite come marginali e incapaci di offrire modelli di vita credibili – e questo meriterebbe anche una riflessione da parte di chi la politica di sinistra la fa (o la dovrebbe fare).
In un’epoca segnata da sfide globali e da difficoltà sociali e politiche, non è solo il futuro delle giovani generazioni a essere in gioco, ma anche la possibilità di dare voce a una visione alternativa di società, diversa da quella proposta da chi oppone ai "maranza" la cultura del braccio teso e della glorificazione di uno dei dittatori più sanguinari d'Europa.
In questo scenario, è fondamentale che la società torinese, e quella italiana in generale, reagiscano con forza contro ogni tentativo di imbrigliare il futuro dei giovani nelle catene del passato. Solo una cultura aperta, inclusiva e attenta a chi rischia di finire ai margini della società potrà garantire che le nuove generazioni non siano condannate a vivere in un mondo diviso, dove l’odio e la nostalgia del passato prevalgono sulla costruzione di un futuro di pace, uguaglianza e solidarietà. E, chissà, forse la parola "maranza" sarà scomparsa dal dizionario.
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