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Il Canavesano imbruttito
31 Agosto 2025 - 18:06
Ursula Von der Lyen
Scriveva Gustave Flaubert, scrittore francese, considerato in patria il maestro del realismo nella letteratura: “Voi grand’uomo, porterete un po’ di letame qui, un po’ di sangue lì, ma, dopo la vostra scomparsa, la forza umana continuerà ad operare senza di voi; travolgerà il ricordo di voi con tutte le altre sue foglie morte”. Era la Poesia, non ammaestrata, figlia della cultura, quella maledetta cultura che oggi si vuole rinchiudere in un recinto dove non sono ammesse voci dissonanti. Poesia della metà del 1800, rivelatasi capace di tramandarci il futuro, il nostro presente, dove “grandi” uomini e “grandi” donne, probabilmente malati di onnipotenza, credono di mostrare la loro “grandezza” sommergendoci di letame insanguinato.
Forse non se ne rendono conto, troppo impegnati a specchiarsi compiaciuti sulle pagine e sugli schermi dei media complici e accondiscendenti; troppo impegnati nel dispensare giudizi e ordini figli dell’arroganza propria degli ignoranti, tipica di chi crede di sapere e non sa, di chi non sa confrontarsi se non cercando di incutere timore e di chi perde la pazienza per mancanza di argomenti, ma non è che vendendo quel che resta dell’Italia per un piatto di “cavolini di Bruxelles”, mal cucinati sui fornelli della sig.ra Ursula Von der Lyen, possono sperare, cosa che vorrebbero, di passare alla storia come dei grandi politici.
Le parole di Flaubert, all’epoca finito sotto processo per oltraggio alla morale dopo aver scritto il romanzo “Madame Bovary”, credo possano valere anche per gli italiani, che continueranno benissimo ad andare avanti anche senza questa classe politica, quella di governo e quella d’opposizione, entrambe caratterizzate da una smodata presunzione, ben manifestata dalla mancanza di empatia e dal disprezzo verso il loro popolo, quello che dovrebbero rappresentare al meglio in ogni sede e in ogni dove. Hanno spaccato il Paese; hanno cristallizzato le diversità; hanno lasciato i territori al loro destino; hanno allontanato gli italiani, come non mai, dalle urne elettorali; hanno aumentato le pensioni di un euro e mezzo ed hanno destinato 800 milioni per i centri d’accoglienza degli immigrati in Albania; hanno deciso di tapparsi occhi e orecchie di fronte al genocidio palestinese ad opera del sempre perseguitato popolo ebraico ed hanno messo in moto la corsa del tassametro per il riarmo, destinato a portarci ad una spesa di 135 miliardi di euro nel 2035.
Non so, forse i più sono rassegnati; forse non è vero che per i figli si farebbe di tutto; forse gli italiani, come spesso sento dire, stanno ancora troppo bene; forse nelle stanze del potere, quelle oggi frequentate da ridicoli uomini e donne in livrea da cameriere dell’Unione Europea e della N.A.T.O., si è maturata la convinzione che gli italiani siano un popolo di piagnoni, incapaci di fare qualsiasi cosa se non lamentarsi e chiedere l’elemosina; forse siamo all’ultimo atto dell’Italia e il Paese è destinato a tornare una mera “espressione geografica”, così come l’aveva definita Metternich all’alba del risorgimento. In ogni caso è evidente che il “meraviglioso mondo” della Meloni, quello raccontato occupando social, televisioni, riviste e giornali, se mai è esistito, non esiste più!
Sono milioni gli italiani che ogni giorno devono fare i conti con l’aumento del carrello della spesa, con l’aumento di gas, luce e acqua; che devono scegliere se pagarsi le medicine o destinare i soldi alla rata del mutuo o all’affitto; che devono ricorrere a costose prestazioni sanitarie private, non garantite dalla sanità pubblica se non in tempi biblici e tutto questo mentre l’imperatrice Ursula sgrida il Governo italiano, reo di non aver aumentato abbastanza i prezzi di gasolio e benzina, cosa ritenuta necessaria per incentivare gli italiani ad abbandonare le auto a motorizzazione endotermica in favore di quelle elettriche. Insomma, mi sembra davvero che si sia oltrepassata la follia, ma a quanto pare, complice un’informazione a senso unico, pare che le cose vadano bene così, o perlomeno siano accettabili.
Tutti che parlano, spesso e volentieri a sproposito, di “dittatori” da abbattere e di “democrazia” da esportare come se fosse un bene o un valore esportabile. La democrazia non è un bene, né tantomeno un valore e mi fa specie che politici, giornalisti e sedicenti intellettuali continuino con tale blasfema litania. La democrazia, ben dimostrato in Italia, è un insieme di leggi e procedure e rimane una scatola vuota se non riempita di contenuti, cosa che noi non abbiamo fatto, anzi, abbiamo depauperato e vandalizzato le democrazia nata dalle ceneri del fascismo e l'abbiamo riempita solo di cose materiali, distogliendo l’attenzione da giustizia, uguaglianza e partecipazione civica, cose platealmente mancanti nella nostra “moderna democrazia”, ormai, quasi copia perfetta di quella a stelle e strisce.
Decisamente, questo è il tempo della miseria culturale. Così, mentre scrivo; mentre nel mondo infuria la guerra su ben 40 fronti; mentre viene sterminato il popolo palestinese; mentre l’Unione Europea ci vuole impegnati a salvare il pianeta con le auto elettriche, i pannelli fotovoltaici, le pale eoliche e i tappi che non si staccano dalle bottiglie di plastica e mentre ci stiamo indebitando per sempre producendo e acquistando armi da regalare all’Ucraina, non volendo, mi sono tornate in mente le parole di un vecchio brano di Enzo Jannacci, “Il monumento”, pubblicato nel 1975 all’interno dell’album “Quelli che…”. La seconda parte del testo della canzone, mutuato da parole di Bertolt Brecht, poeta, saggista, drammaturgo e regista teatrale tedesco, recitava: “Il nemico non è oltre la frontiera ma è anche fra noi, parla come noi ma pensa diverso da noi. Il nemico è chi manda a morire gli altri per i suoi sporchi interessi. Il nemico è chi intasca il profitto del lavoro di un altro uomo. Il nemico è chi vuole il monumento alle vittime da lui volute e ruba il pane per fare altri cannoni e non fa scuole per fare aeroplani e non fa ospedali perché deve pagare i generali. I generali per un’altra guerra. Quando è l’ora di marciare molti non sanno che il nemico marcia alla loro testa”.
Questa è la mia impressione, il nemico lo abbiamo in casa, non è certo Putin. I disastrosi danni all’Italia non li hanno fatti i russi, ma “generali” della “forza” di Prodi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi ed ora, reclutata a dare il colpo di grazia, è stata chiamata la generalessa Giorgia Meloni, una che ha arruolato ai vertici del suo “esercito” quanto di peggio c’era in circolazione, da Salvini a Tajani, da Lollobrigida a Sangiuliano, da Crosetto a Giorgetti, da Urso a Pichetto Fratin, da Giuli, chiamato in corsa a sostituire Sangiuliano a Nordio, da Valditara a Piantedosi, da Schillaci alla Santanché e tanti altri ancora, tutta gente dichiaratamente al servizio dell’Unione Europea, della N.A.T.O., degli U.S.A. e dell’O.M.S., ormai di proprietà di Bill Gates Tutta gente legata a filo doppio a Israele di cui è ormai fedele compagna di guerra nonostante la quotidiana carneficina di civili in atto a Gaza, ordinata dal “brav’uomo” che risponde al nome di Benjamin Netanyahu.
Il nemico lo abbiamo in casa, è ai vertici della politica, non a caso rappresentata da gente capace unicamente di mettere in evidenza l’ostracismo al confronto, al dialogo e al dibattito e questo perché nello scenario politico presente, certificato dai fatti, è assente la storia, l’ignoranza è forza ed è sparita una qualsiasi idea di Italia e di civiltà. Ormai si va avanti a tappe forzate verso la fine, il nuovo vocabolario politico e dei media di regime non fa altro che parlare di “stato d’emergenza”, di “lotta per la sopravvivenza”, di “lotta al terrorismo islamico”, di “lotta per la libertà”, di “fronte interno” o di “mobilitazione civile”. Parole come “dialogo” o “negoziato” sono viste con sospetto, la propaganda si è definitivamente ritagliata il ruolo del manganello di fascista memoria.
Siamo di fronte alla militarizzazione del linguaggio, cosa già sperimentata in occasione della fantapandemia da covid-19, cosa che serve, come era servita allora, per ridurre lo spazio del dubbio, del ragionamento e, inevitabilmente, della libertà. Ogni pensiero critico diventa un atto di resistenza, un tradimento, addirittura una minaccia alla “democrazia” e così, politici, intellettuali della domenica, tuttologi senza arte né parte e “professionisti dell’informazione”, oggi come al tempo del covid, sacrificano quotidianamente la libertà di pensiero sull’altare dell’etica all’obbedienza. Non c’è più la “cortina di ferro” e anche “il regno del male” è sparito, entrambi dissolti nel nulla con la fine della “guerra fredda”, ma ancora, mai come oggi, si alzano le grida di allerta e gli schiamazzi che richiamano il pericolo per la nostra “insuperabile democrazia”. Il linciaggio mediatico è affidato a penosi individui che si dichiarano giornalisti e ai nuovi guardiani della trincea occidentale, i soldati del web, quelli che solo ieri auguravano intubazione e morte ai “no vax” ed oggi, mortificando ogni complessità geopolitica, mostrandosi degni sostenitori di questa demenziale classe politica, con devozione religiosa nei confronti di chi ci sta portando all’annientamento sociale, morale ed economico, insultano, minacciano, accusano di tradimento chiunque mostri di non avere ancora portato il cervello all’ammasso.
Il nemico lo abbiamo in casa, è quello che impone il cieco rispetto dell’Agenda 2030, ormai a tutti gli effetti il nuovo “testo sacro” dei popoli che si dibattono all’interno del recinto dell’Unione Europea; è quello che ci impone l’auto elettrica e poi chiude entrambi gli occhi quando i nostri “vecchi” veicoli a benzina e diesel vengono venduti in nord Africa e nell’Europa dell’est, posti dove evidentemente non inquinano più; è quello che nel breve azzererà completamente il valore delle case non ricoperte di pannelli fotovoltaici e intabarrate in pericolosi, per la salute, cappotti termici; è quello che ci ha ridotti ad essere gli utili idioti pronti a marciare dietro di lui.
Il nemico lo abbiamo in casa, è quello che ogni giorno ci avverte: “o noi e la democrazia o loro e la dittatura”; è quello che ha cancellato dalla politica la passione, gli ideali, l’anima e l’ha privata d’amore e motivazioni, se non quelle legate alle carriere, al tornaconto e al calcolo; è quello che ha donato a milioni di italiani lo sgomento di vivere e che ha trasformato il nostro mondo del lavoro in un mondo d’incubi familiari, generati dal precariato, dal lavoro a chiamata, dal lavoro in nero e dalla disoccupazione.
Dalla “Parabola dell’Uomo” di Oscar Bruno: “…..E’ sul sangue e sull’odio, e la superstizione che marcisce il pensiero…” e da noi, innegabilmente, il pensiero puzza di marcio da troppo tempo.
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